Stoppati i due imperiesi: frontiera chiusa, non passa nessuno, per ragioni di sicurezza

“Non ce l’abbiamo fatta. Ieri in un paese a 70 chilometri da qui un’autobomba dell’Isis ha fatto una strage. Trentacinque morti e settanta feriti, tutta gente che celebrava il Newroz. (ndt. attacco Al-Hasakah,  in Cantone di Cizre) Non fatevi ingannare dalla distanza, il luogo dell’attacco è sulla linea del fronte, mentre Kobane ormai è saldamente nelle mani dei curdi. Ma tanto è bastato perché le autorità turche prendessero la palla al balzo: frontiera chiusa, non passa nessuno, ragioni di sicurezza”. E’ il racconto di Giovanni Vassallo che col consigliere Mauro Servalli sono in missione nella terra martoriata dalla guerra.

“Proviamo a fare un minimo di pressione, coscienti del fatto che chi tratta col governatore turco è un sindaco curdo, uno che resterà qui quando noi andremo via. Proponiamo che passi solo una delegazione. Niente da fare. Solo gli amministratori (il sindaco di un piccolo comune, Mauro che è consigliere comunale) e i giornalisti. No e poi no. Proviamo anche a fare gli gnorri e presentarci al valico, non fanno neppure parcheggiare il furgone, neppure scendere uno di noi per parlare. Oltretutto piove, fa un freddo boia e a tratti grandina. La legge di Murphy in tutta la sua geometrica potenza. Riprovare domani? No, è domenica e gli uffici sono chiusi”.

Il racconto di Giovanni prosegue così: “La turchia kemalista fa festa di domenica e non di venerdì come gli altri paesi musulmani. È evidente la cattiva volontà, i turchi vivono i curdi come nemici e al di là della maggiore o minore simpatia per il fondamentalismo islamico, se l’Isis gli elimina il problema qui sono in tanti a essere contenti. Il governo islamista di Erdogan è il capofila della tendenza Fratellanza Musulmana, quella che accetta la modernità, ma vorrebbe islamizzarla. I terroristi del Califfato sono la punta avanzata della tendenza salafita, che rifiuta la modernità e vorrebbe tornare ai costumi del tempo (mitico) dei primi compagni e successori del Profeta. Quindi, come spesso succede nei gruppi estremisti, si guardano in cagnesco e si accusano reciprocamente di tradimento. Erdogan sarebbe in teoria anche meno nazionalista dei laici che erano al potere prima di lui. Ma qui, quando si tratta di curdi, si sbatte contro un muro. Per questo la pressione politica sui nostri governi per l’apertura di un corridoio umanitario è così importante”.

Da quella terra difficile arrivano parole che ti lasciano a bocca aperta: “Torniamo a Suruc, qualcuno scrive un documento di protesta, altri vanno al csmpo profughi. Io mi attacco a Caterina che, malgrado sia giovanissima, viene qui da molti anni. Studia arano e parla un po’ di curdo. Si mette a chiacchierare con una famiglia fuori da una tenda. Neanche il tempo di chiedere cosa dice che la signora esce con caramelle per tutti. Io offro un sigaro al marito e scatta il meccanismo dell’ospitalità. Ci preparano il te’ nella tenda, con la signora che si affanna a pulire i già pulitissimi materassi su cui sediamo e tira fuori da chissà dove pure dei biscotti (che tocchiamo appena, non vogliamo offendere, ma ci sembra di rubare). Si comunica con l’arano di Caterina, ma soprattutto in un esperanto di gesti e sorrisi, con i due bambini che si arrampicano dappertutto. Mi viene il groppo in gola. Comica finale: tornati al centro culturale uno di noi arriva annunciando che un gruppo di donne sta festeggiando il Newroz ballando sotto la pioggia. Noi ci precipitiamo a portare la nostra solidarietà internazionalista per scoprire che si tratta di un matrimonio. Però metà delle donne veste i colori rosso, verde e giallo dell’indipendenza e quando capisce chi siamo comincia a gridare slogan, qui i confini tra personale e politico sono evidentemente più sfumati che da noi”.

Rivera24.it