Sindaco donna protesta seduta su un campo minato

di Francesca Porta – Ayse Gokkan sta lottando da giorni contro la costruzione di un muro al confine con la Siria che separerà la comunità curda

Ayse Gokkan è seduta su un campo minato. Da sette giorni. Con sè ha solo un paio di coperte e una scorta d’acqua. Niente cibo, perché ha proclamato lo sciopero della fame. Il suo obiettivo è quello di impedire la costruzione del «muro della vergogna» tra la città siriana di Qamishli e la città turca di Nusaybin. Un muro voluto dal regime siriano e dal governo turco per impedire il passaggio di persone e rifornimenti da un paese all’altro.

Gokkan, che è sindaco di Nusaybin, sa bene che la chiusura dei confini causerebbe un disastro umanitario. Al popolo siriano, duramente provato dalla guerra civile, non arriverebbero più i rifornimenti alimentari, i medicinali e l’energia elettrica che già scarseggiano. I profughi di guerra non potrebbero più essere accolti nei territori turchi. E non solo. Moltissimi cittadini di Nusaybin non potrebbero più vedere i propri familiari.

Queste due città di confine, situate a poche centinaia di metri l’una dall’altra, sono infatti abitate da un’unica comunità di curdi. Una comunità unita, che da sempre vive in armonia e collaborazione reciproca. Costruire questo muro di divisione tra le due cittadine significherebbe imporre una barriera a un popolo che non la desidera. «È inaccettabile», ha spiegato Ayse Gokkan. «Come il muro di Berlino, questo muro diventerà una macchia nella storia dell’umanità».

Per questo Ayse Gokkan siede su un campo minato. Vuole attirare l’attenzione dei media di tutto il mondo, affinché le autorità turche e siriane tornino sui propri passi e decidano lasciare aperti i valichi tra i due paesi, in modo da soccorrere con aiuti umanitari la popolazione siriana.

Dopo sette giorni di sciopero della fame, Gokkan ha ottenuto i primi risultati. Nei giorni scorsi diverse persone si sono unite a lei nella protesta, ma sono state presto allontanate dalle forze dell’ordine. La notizia si è diffusa su Twitter (con l’hashtag #AyseGokkan) e per domani, giovedì 7 novembre, è stata organizzata a Nusaybin una manifestazione pacifica in di sostegno al sindaco coraggioso. Anzi, coraggiosa.

http://www.vanityfair.it/news/mondo/13/11/06/turchia-ayse-gokkan-protesta-campo-minato-muro

La protesta di Ayse Gokkan in Turchia

di Il Post – Una donna, sindaco di una piccola città al confine con la Siria, contesta da giorni – seduta su un campo minato – la costruzione di un muro che dividerebbe la comunità curda

Ayse Gokkan è sindaco di Nusaybin, città di confine della Turchia che si trova a poche centinaia di metri dalla città siriana di Qamishli dove, come nel resto del paese, è in corso una grave crisi umanitaria a causa della guerra civile: tutti i valichi di confine tra la Turchia e la Siria sono stati chiusi, bloccando il flusso di rifornimenti umanitari e il transito di civili, e la popolazione vive di fatto sotto embargo. Mancano medicinali, acqua potabile, elettricità, latte per i bambini.

Da settimane Ayse Gokkan e il partito di cui fa parte – il BDP, Partito curdo per la Pace e la Democrazia: e i rapporti tra curdi e governo centrale sono storicamente molto complicati – tentano di fare pressione sulle autorità sia turche che siriane per permettere l’invio di aiuti umanitari e chiedere, più in generale, che venga fermata la costruzione del rafforzamento di una barriera per dividere le due città. Non avendo ricevuto risposta, Ayse Gokkan ha iniziato uno sciopero della fame che dura da sette giorni e quotidianamente protesta sedendosi in un campo minato vicino al posto di confine.

Ayşe Gökkan, sindaco donna, protesta contro la “barriera di separazione” turco – siriana
di Valeria Vellucci – Seduta, giorno e notte, su un campo minato lungo il confine turco – siriano tra le città di Nusaybin e Qamishli. Coperte, una scorta di acqua ma niente cibo. Ayşe Gökkan, donna turca di origini curde e sindaco della cittadina di Nusaybin,  è al suo settimo giorno di protesta contro la costruzione della barriera di separazione tra Turchia e Siria. Mostrando la sua indignazione verso quel muro che dividerà in due la compatta comunità curda che vive lungo il confine sudorientale, il sindaco ha dichiarato: «Come il muro di Berlino, questo muro diventerà una macchia nella storia dell’umanità».

Novecento chilometri delimitano, da est a ovest, il confine tra i due Paesi, da Antiochia fino alla più occidentale Nusaybin. Nei pressi di quest’ultima e a pochi chilometri di distanza dalla siriana Qamishli, popolata principalmente da curdi, le ruspe hanno già iniziato a scavare le fondamenta di quella che sarà l’ennesima barriera di separazione della storia.  Nonostante i problemi maggiori non abbiano finora interessato direttamente il lato turco, il muro dovrebbe porre fine al transito di clandestini siriani e proteggere il Paese dalla potenziale infiltrazione di “jihadisti”.

La decisione è stata presa, poco più di un mese fa, dal governo di Abdullah Gül e resa nota dal quotidiano turco “Hurriyet”.

Arginare il fenomeno della clandestinità per evitare che sfoci in un’emergenza ingestibile risulta essere tra gli scopi principali annunciati dal presidente della Repubblica turca in un momento in cui la sicurezza del Paese è tra le priorità dell’attuale agenda politica. Dall’inizio della guerra in Siria sono 500 mila i profughi (tra cui 397 feriti ricoverati negli ospedali) che hanno cercato rifugio nella vicina Turchia. Tra le 20 regioni che hanno allestito campi di accoglienza, a ospitarne il maggior numero è la città di Sanliurfa (antica Edessa), capoluogo dell’omonima provincia del sud anatolico e a pochi chilometri di distanza dal confine con la Siria.

Transitare illegalmente aggirando i controlli risulta più semplice in prossimità delle zone remote e meno trafficate, quasi come se non esistesse alcuna frontiera. «Non riusciamo a impedire le infiltrazioni di terroristi malgrado tutte le nostre precauzioni e il dispiegamento di cannoni e carri armati». Così si esprimeva il Presidente turco durante un’ intervista alla stampa turca durante il mese di settembre, prima di partire per il vertice del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tenutosi a New York.

Queste le motivazioni principali che hanno indotto Ankara a decidere per la costruzione di una barriera.

Il partito Bdp, Partito Curdo per la Pace e la Democrazia di cui Ayşe Gökkan  fa parte, da settimane tenta di fare pressioni al fine di persuadere il governo a revocare la decisione. Un muro significherebbe chiusura dei confini e quindi blocco di rifornimenti alimentari e di aiuti per la Siria, aggravando ancor più la situazione di un Paese già devastato da due anni di guerra civile. Un duro colpo, inoltre, verrà inflitto soprattutto ai curdi siriani e turchi che, seppur vivendo da un lato e dall’altro del confine, costituiscono una comunità unica. Intere famiglie verranno separate e non sarà più agevole oltrepassare la frontiera. A seguito delle proteste susseguitesi in questi giorni, le autorità hanno negato che sia in corso la costruzione di vero e proprio muro. Il vicepremier turco, Bülent Arinç, ha dichiarato che stanno semplicemente sovrapponendo del filo spinato a una struttura già esistente. Affermazione che non trova riscontro nelle dichiarazioni dei mesi scorsi e nelle testimonianze provenienti da alcune fonti locali, le quali riferiscono di una struttura di acciaio ricoperta da cemento.

Diverse persone si sono unite ad Ayşe Gökkan e la protesta ha ricevuto in pochi giorni un grande supporto, trovando ampia diffusione anche su internet e in particolare su Twitter con l’hashtag #AyşeGökkan. Dopo la mobilitazione  pacifica di massa (repressa dalle forze dell’ordine con l’uso di lacrimogeni) del primo novembre, dove a Nusaybin si è protestato con la chiusura dei negozi, per oggi è prevista una manifestazione in sostegno del sindaco e della sua coraggiosa iniziativa. La polizia ha preso preventive e importanti misure di sicurezza per evitare scontri e seri disordini.

Ayşe Gökkan, dopo aver ribadito quanto questa divisione abbia anche una connotazione fortemente simbolica, ha affermato: «È un muro della vergogna che viene costruito nel ventunesimo secolo. Se necessario lo abbatterò con le mie mani, a rischio della mia stessa vita».
http://ilreferendum.it/2013/11/07/ayse-gokkan-sindaco-donna-protesta-contro-la-barriera-di-separazione-turco-siriana/

foto da twitter