Genealogia delle recenti stragi di Stato in Turchia

A due giorni dalla strage di Ankara si moltiplicano le testimonianze secondo le quali la polizia è apparsa all’improvviso, subito dopo l’esplosione, ed ha cominciato a sparare sulle persone ferite e sulla folla. Al punto che c’è chi dice che la polizia stessa ha provocato più vittime della stessa esplosione, e non solo perché ha fatto ritardare l’intervento delle ambulanze.
Non pago del massacro di Ankara, lo Stato turco continua il genocidio: ad Amed ha ucciso una bimba di 9 anni, Helin Şen; ad Adana ha sparato alla testa di un bimbetto di 3 anni e mezzo, Tevriz Dora, mentre, in braccio alla madre, tornava con la famiglia dalla manifestazione per la strage di Ankara.

Continuano, inoltre, i bombardamenti dei cimiteri dei guerriglieri e delle guerrigliere e sulle zone della guerriglia, malgrado il PKK abbia dichiarato un cessate il fuoco unilaterale.
Viareggio, 11 ottobre

Viareggio, 11 ottobre
10 ottobre, strage di Ankara: 128 morti, 516 feriti

Si tratta del terzo massacro di massa dall’inizio del processo elettorale.
Esso esprime la strategia dell’AKP per restare al potere, ma non solo: è anche un feroce attacco all’autogoverno che, dal Rojava, sta prendendo piede nel Kurdistan del Nord.

Ma rivediamo alcuni sintetici passaggi temporali, di cui abbiamo parlato in vari articoli raccolti in questo blog…

5 giugno: la strategia stragista della Turchia prende di mira il comizio finale dell’HDP a Diyarbakir/Amed: 4 morti, centinaia e centinaia di feriti, di cui molti con le gambe mutilate.

19 luglio 2015: in tutto il Kurdistan si festeggia il terzo anniversario della rivoluzione in Rojava, e intanto emergono sempre più chiaramente le responsabilità dei servizi segreti turchi (MIT) nella strage di Parigi del gennaio 2013, in cui vennero ammazzate Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez.

Suruç, 20 luglio: strage di giovani uomini e donne – 33 morti e un centinaio di feriti – che volevano andare a Kobane, in Rojava, per contribuire alla ricostruzione della città.

Attacco pianificato a tavolino, visto che alla stessa ora un veicolo imbottito di esplosivo cercava di buttarsi contro un checkpoint delle YPG a Kobane.

Secondo l’Unione delle comunità del Kurdistan, dietro la strage di Suruç ci sarebbe un piano dei servizi di intelligence turchi – quello stesso MIT che sta dietro l’omicidio di Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez – per entrare in Siria. Inoltre, la successiva equiparazione dell’ISIS alla resistenza kurda avrebbe come obiettivo reale quello di prepararsi ad attaccare la rivoluzione in Rojava.

Nei giorni successivi al massacro di Suruç, le manifestazioni di protesta vengono caricate dalla polizia turca e ne seguono degli scontri.

La polizia cerca di impedire l’afflusso alle tende del lutto dei morti di Suruç, anche distruggendole.
Vengono inoltre denunciate le forti pressioni poliziesche su alcune famiglie dei morti perché i funerali siano fatti in forma non pubblica, perché non si trasformino in cortei di protesta.

Lo Stato turco – dopo aver mobilitato 5mila poliziotti – ammazza o arresta centinaia di militanti e combattenti filo-kurdi, col pretesto di fare dei raid “senza distinzione” tanto contro ISIS quanto contro la guerriglia filo-kurda – dopo che a gran voce sono state urlate le responsabilità della Turchia nella strage di Suruç e, più in generale, nell’appoggio logistico, e non solo, dato a ISIS in chiave anti-kurda.

[…] Secondo Fuatavni, “gola profonda” che in passato ha anticipato e svelato diversi piani del governo, l’attuale situazione sarebbe addirittura il risultato di un piano elaborato a tavolino da Erdoğan e i suoi fedelissimi […] l’attentato di Suruç sarebbe stato realizzato da una delle cellule dello Stato Islamico controllate dal direttore del servizio segreto turco (Mit) Hakan Fidan, fedelissimo di Erdoğan.

24 luglio: Günay Özarslan, viene crivellata di colpi in casa sua dalla polizia.

Dal 24 luglio, le postazioni del PKK nel Kurdistan iraqeno vengono bombardate per settimane, col risultato di morti e feriti tra guerriglieri e popolazione civile (1 agosto: carneficina di civili a Zergelê), insediamenti abitativi, boschi e pascoli in fiamme.
Col pretesto di combattere ISIS, l’esercito turco comincia a bombardare anche nel nord della Siria.

25 luglio: cominciano le operazioni militari a Cizre dove, a metà agosto, inizierà il coprifuoco dopo la dichiarazione dell’autogoverno. La situazione si protrarrà per settimane, con la città completamente isolata dalle forze militari, decine di morti. Il governo turco negherà, poi, di aver fatto vittime civili a Cizre…

Un comunicato YPG del 26 luglio riporta: Alle 4:30 del 24 luglio nella parte occidentale di Kobanê, l’esercito turco ha bombardato le Unità di Difesa Popolare e le posizioni del Free Syria Army nel villaggio di Zormikhar, di fronte alla città di Jarabulus occupata dai fondamentalisti – con il fuoco dei carri armati pesanti. In questo attacco sono rimasti feriti quattro combattenti del FSA e diversi abitanti del villaggio.

Oggi alle 22:00, l’esercito turco ha bombardato di nuovo lo stesso villaggio con 7 colpi di carro armato.
Alle 23:00, uno dei nostri veicoli è finito sotto il fuoco pesante dell’esercito turco ad est di Kobanê (ad ovest di Tel Abyad), nel villaggio di Til Findire.

Anziché prendere di mira le posizioni occupate dai terroristi di ISIS, le forze turche attaccano le posizioni dei nostri difensori.

Fine luglio: la polizia turca spara contro i familiari dei/delle combattenti di YPG/YPJ che reclamano i cadaveri dei loro figli, bloccati alla frontiera fra Siria e Turchia con una temperatura di 50 gradi.
I familiari riescono – dopo un presidio durato 10 giorni e sostenuto anche da gruppi di donne solidali, sotto il fuoco della polizia – a riavere i cadaveri dei/delle 13 giovani combattenti, ed a far loro i funerali.

La medesima situazione si ripete a inizio agosto, con i familiari di altri/e 20 combattenti.

Tra il 21 luglio e il 28 agosto:
– 2.544 persone sono state arrestate – 136 accusate di appartenere a ISIS, 22 a strutture parallele e il resto al KCK/PKK e ad altre organizzazioni di sinistra – di cui 338 trattenute in custodia cautelare e, fra loro, 10 bambini. Quasi tutte le persone detenute hanno subito torture e maltrattamenti; 198 sono state arrestate mentre erano gravemente ferite.

– 130 persone, tra cui 12 bambini/e, sono state ferite in attacchi contro incontri e manifestazioni di massa e durante gli attacchi contro la guerriglia. Le cifre sono, probabilmente, inferiori alla realtà perché non tengono conto di chi non ha potuto essere ricoverato in ospedale.

– 47 civili e 38 guerriglieri/e dell’HPG sono stati uccisi dagli attacchi dello stato turco.

– oltre un centinaio di aree in varie città della regione kurda, come Siirt, Sirnak, Dersim, Ağrı, Antep, Kars, Amed, Hakkari, Dersim, sono state dichiarate “zone di sicurezza” e, quindi, militarizzate, in linea con le decisioni prese dal Consiglio dei ministri e dai governatori.

Fine luglio-settembre: si moltiplicano esponenzialmente rastrellamenti e arresti. La polizia tortura le/i giovani arrestati e minaccia di decapitarli. In ottobre, verrà realmente decapitato un uomo kurdo.
Dersim, domenica 2 agosto: un attentato contro la popolazione quando una bomba nascosta in un cestino dell’immondizia esplode in pieno centro città – fortunatamente senza provocare morti né feriti.

6 agosto: nel distretto di Silopi, nel Kurdistan turco, la polizia comincia una vera e propria occupazione militare – con carri armati, cecchini e appiccando il fuoco alle case dopo averne bloccato all’interno gli/le abitanti – per compiere degli arresti.

8 agosto: il militare Musa Çitli, assassino che sovrintendeva anche agli stupri compiuti dai suoi soldati, viene promosso da generale di brigata a generale di divisione ed è inviato a Diarbakir.

10 agosto: il corpo nudo e martoriato della guerrigliera Kevser Eltürk (nome di battaglia Ekin Wan) delle YJA-Star, uccisa in uno scontro dalle forze di sicurezza turche nel distretto di Varto (provincia di Muş) viene esposto. Dopo esser stata uccisa, viene completamente spogliata e trascinata per strada legata ad una corda, per poi essere abbandonata nella piazza del paese.
Una fotografia del suo corpo nudo e martoriato circola alcuni giorni più tardi sui social media, in origine condivisa dalla polizia di Varto.

14 agosto: emergono sempre più prove dei legami tra il governo di Erdogan e ISIS. Lo testimoniano le parole di un militante di ISIS catturato vivo dalle YPG/YPJ, la scoperta di un tunnel per il rifornimento di armi dalla Turchia allo Stato islamico in Siria, l’invio di fertilizzanti per fabbricare esplosivi.

17 agosto: in un’intervista, un emiro catturato dalle YPG a Kobanê il 25 giugno testimonia che la Turchia soddisfa tutte le esigenze dei militanti di ISIS.

18 agosto: L’unione delle comunità del Kurdistan (KCK) denuncia la profanazione dei cadaveri di civili e guerriglieri/e i cui pezzi vengono sparsi in giro dalle forze di polizia.

Metà agosto-metà settembre: si susseguono le dichiarazioni di autogoverno delle città del Kurdistan turco; le forze turche dichiarano il coprifuoco nelle varie zone e le occupano militarmente. Si moltiplicano i morti fra i civili, vengono arrestati le madri e dei parenti dei caduti che partecipano alle veglie; attacchi contro i cortei funebri.

Nella notte tra il 23 e il 24 agosto i fascisti, con la collaborazione della polizia, assaltano la sede dell’HDP ad Alanya, nel distretto di Antalya.

Nei giorni successivi, i fascio-nazionalisti organizzano, tramite i social network, numerosi attacchi durante i quali vengono presi di mira in molte città della Turchia la popolazione kurda, interi quartieri, negozi e abitazioni di kurdi e aleviti e diverse sedi dell’HDP.

Con l’inizio di settembre si moltiplicano i casi di aggressioni fasciste e razziste di gruppo contro singole persone, anche fuori dalla Turchia.

La polizia continua a massacrare, torturare e stuprare chi cerca di attraversare il confine con il Rojava (nell’arco di un anno: 9 persone morte e 114 torturate).

26 agosto: una donna di 25 anni, Figen Şahin, testimonia che la polizia turca l’ha torturata sessualmente mentre era in stato di arresto e ha minacciato di condividere le foto dei suoi genitali sulla sua pagina Facebook dopo averla costretta a spogliarsi ed averla massacrata.

15 settembre: alla carovana per Kobane viene negato dalla Turchia il permesso di passare la frontiera con la Siria per raggiungere il Rojava.

16 settembre: una comunicazione ‘confidenziale’ del ministro dell’interno dà il via alla distruzione dei cimiteri dei martiri, a cominciare da quelli di Van e Varto.

2 ottobre: feroce esecuzione di un giovane di 24 anni, Hacı Lokman Birlik, a Şırnak.

Dopo che era stato ferito in un attacco armato delle forze turche, gli appartenenti alle squadre operative gli si sono avvicinati per sparargli a morte, poi hanno camminato sulla sua testa, fotografandosi. Testimoni hanno detto che, dopo l’esecuzione, il suo cadavere è stato legato ad un blindato della polizia e trascinato per strada.

Non soddisfatte di questa atrocità, le squadre operative speciali hanno picchiato e poi arrestato Menal Geçer, l’operatrice sanitaria che stava portando una barella per trasportare il cadavere del ragazzo in ospedale.

5 ottobre: Rezan Rojhilat, comandante delle YPG, denuncia il sostegno dell’Intelligence (MIT) e dei militari turchi nell’attacco fondamentalista al quartiere kurdo ‘Sheikh Maqsoud’ di Aleppo, in cui sono stati utilizzati anche i razzi Katyusha;

8 ottobre: un’associazione siriana per i diritti umani, la SOHR, segnala che membri delle bande di ISIS stanno fuggendo in Turchia, confermando inoltre che due brigate mandate dallo stato turco stanno conducendo attacchi contro il medesimo quartiere kurdo di Aleppo, al fianco dei fondamentalisti di Al-Nusra e Ahrar al-Sham.

9 ottobre: pubblicati i dati sul massacro della popolazione nel Kurdistan del nord, che parlano chiaro – 113 morti negli ultimi 78 giorni, col pretesto del “terrorismo”…

Intanto lo stato turco ha cominciato ad usare armi chimiche e bombe al fosforo.

10 ottobre: strage di Ankara. Ai pochi mezzi di informazione turchi non sotto censura viene vietato di dare informazioni sulla strage. Cariche contro i manifestanti che indicano in Erdogan il mandante del massacro.

Il PKK dichiara il cessate il fuoco unilaterale.

11 ottobre: mentre la polizia continua ad uccidere bambini/e, il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu dice che ISIS, PKK, MLKP e DHKP-C sono tra i sospetti per la strage di Ankara.

La KCK (Unione delle comunità del Kurdistan) commenta: Sostenere che questi massacri sono stati perpetrati da ISIS o altre organizzazioni significherebbe ignorare la mentalità, le politiche e le pratiche dell’AKP, e distorcere la verità. Il fatto che questi massacri abbiano come obiettivo i circoli sociali, che l’AKP considera un bersaglio, rivela anche chi c’è in realtà dietro. utilizzando i nomi di alcune organizzazioni come una maschera, il governo dell’AKP vuole eliminare tutta l’opposizione. […] Considerare il legame tra questi massacri e le elezioni, fa emergere anche che l’autore è, senza dubbio, nessun altri che Erdoğan e il suo team di controguerriglia, è la Gladio del Palazzo.

Schermata 2015-10-12 a 20.13.45A questa genealogia del massacro, vogliamo contrapporre la genealogia della resistenza kurda, sintetizzabile nelle figure di Meryem Bulut – una delle “madri del sabato”, morta a 70 anni nella strage di Ankara – e di suo nipote Onur, combattente delle YPG morto combattendo contro ISIs a Shengal.

Ricordiamo anche che il PKK e le YJA-Star stanno continuando a combattere contro ISIS, e hanno liberato la zona di Shengal insieme alle Unità yezide di autodifesa delle donne e del popolo (YPJ-Shengal e YBŞ).
Le YPG/YPJ stanno combattendo con successo contro i fondamentalisti di Al-Nusra nella zona di Aleppo.

DAKOBANE A NOI