FIRMA PER DIRITTI UMANI

Dopo il sanguinoso tentativo di colpo di stato del 15 luglio, i diritti umani in Turchia sono in pericolo. La reazione delle autorità è stata sommaria e brutale e ha scatenato un giro di vite di dimensioni eccezionali proseguito con la proclamazione dello stato d’emergenza.

I numeri della stretta repressiva sono allarmanti: nei quindici giorni successivi al tentativo di colpo di stato, oltre 15.000 persone sono state arrestate; oltre 45.000 persone sono state sospese o rimosse dall’incarico; 20 siti internet sono stati bloccati e sono stati spiccati 89 mandati di cattura nei confronti di giornalisti.

I ricercatori di Amnesty International hanno immediatamente condotto indagini sul campo, documentando gravissime violazioni dei diritti umani. I detenuti in custodia di polizia a Istanbul e Ankara sono stati costretti a rimanere fino a 48 ore in posizioni dolorose, sono privati di cibo, acqua e cure mediche, insultati e minacciati e, in diversi casi, sottoposti a brutali pestaggi e a torture, tra cui lo stupro.

I crimini commessi durante il tentativo di colpo di stato devono essere investigati e i responsabili portati di fronte alla giustizia, ma i diritti umani devono comunque essere difesi e mai ignorati o sospesi.

Chiedi al Presidente Erdogan di rispettare i diritti umani e di garantire che lo stato di emergenza non sia usato come una scusa per reprimere il dissenso.

Firma l’appello!
Amnesty International Italia

PRESIDENTE ERDOGAN: NON CALPESTARE I DIRITTI CONQUISTATI!

Secondo il governo, durante il fallito colpo di stato sono state uccise almeno 208 persone e ne sono state ferite oltre 1400.
In seguito, sono state arrestate oltre 15.000 persone.

Oltre 45.000 persone sono state sospese o rimosse dall’incarico, tra le quali giudici, procuratori, funzionari di polizia e altre ancora.

Alla data del 28 luglio erano stati spiccati almeno 89 mandati di cattura nei confronti di giornalisti e, alla data del 26 luglio, oltre 40 giornalisti erano agli arresti. A decine di giornalisti è stato ritirato l’accredito-stampa.
Nei giorni successivi al fallito colpo di stato sono stati bloccati 20 siti Internet e chiusi 131 organi d’informazione tra cui 3 agenzie di stampa, 16 canali televisivi, 23 stazioni radio, 45 quotidiani, 15 periodici e 29 case editrici.

Oltre 1000 scuole private sono state chiuse e 138.000 alunni dovranno trasferirsi nelle scuole di stato.
Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, i detenuti in custodia di polizia a Istanbul e Ankara sono costretti a rimanere fino a 48 ore in posizioni che provocano dolore fisico. Inoltre, sono privati di cibo, acqua e cure mediche, insultati e minacciatie, in diversi casi, sottoposti a brutali pestaggi e a torture, tra cui lo stupro.

La durata iniziale dello stato d’emergenza imposto il 20 luglio è di tre mesi, durante i quali il governo può agire tramite decreto senza voto parlamentare.
Il 23 luglio, il primo decreto dello stato d’emergenza ha innalzato la durata della detenzione preventiva da quattro a 30 giorni.
L’articolo 15 della Costituzione turca specifica che la Convenzione europea dei diritti umani non può essere “sospesa”. Anche durante uno stato d’emergenza, le autorità possono derogare solo a specifici diritti.
Dopo l’abolizione, nell’aprile 2016, dell’Istituzione nazionale per i diritti umani, il numero degli osservatori indipendenti che possono effettuare visite nelle strutture detentive è pari a zero.

I numeri della repressione

Secondo il governo, durante il fallito colpo di stato sono state uccise almeno 208 persone e ne sono state ferite oltre 1400.
In seguito, sono state arrestate oltre 15.000 persone.

Oltre 45.000 persone sono state sospese o rimosse dall’incarico, tra le quali giudici, procuratori, funzionari di polizia e altre ancora.

Alla data del 28 luglio erano stati spiccati almeno 89 mandati di cattura nei confronti di giornalisti e, alla data del 26 luglio, oltre 40 giornalisti erano agli arresti. A decine di giornalisti è stato ritirato l’accredito-stampa.

Nei giorni successivi al fallito colpo di stato sono stati bloccati 20 siti Internet e chiusi 131 organi d’informazione tra cui 3 agenzie di stampa, 16 canali televisivi, 23 stazioni radio, 45 quotidiani, 15 periodici e 29 case editrici.

Oltre 1000 scuole private sono state chiuse e 138.000 alunni dovranno trasferirsi nelle scuole di stato.

Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, i detenuti in custodia di polizia a Istanbul e Ankara sono costretti a rimanere fino a 48 ore in posizioni che provocano dolore fisico. Inoltre, sono privati di cibo, acqua e cure mediche, insultati e minacciatie, in diversi casi, sottoposti a brutali pestaggi e a torture, tra cui lo stupro.

La durata iniziale dello stato d’emergenza imposto il 20 luglio è di tre mesi, durante i quali il governo può agire tramite decreto senza voto parlamentare.

Il 23 luglio, il primo decreto dello stato d’emergenza ha innalzato la durata della detenzione preventiva da quattro a 30 giorni.

L’articolo 15 della Costituzione turca specifica che la Convenzione europea dei diritti umani non può essere “sospesa”. Anche durante uno stato d’emergenza, le autorità possono derogare solo a specifici diritti.

Dopo l’abolizione, nell’aprile 2016, dell’Istituzione nazionale per i diritti umani, il numero degli osservatori indipendenti che possono effettuare visite nelle strutture detentive è pari a zero.

http://appelli.amnesty.it/turchia-non-calpestare-diritti/?utm_source=social&utm_medium=post&utm_campaign=turchia29luglio