Fermiamo le aggressioni della Turchia, proteggiamo le conquiste della storica resistenza di Kobane!

Tutte/i in piazza dell’Esquilino il 5 giugno 2021 alle 16:30

Il 24 aprile, anniversario del genocidio degli armeni, la Turchia ha iniziato una vasta operazione per occupare le montagne del Kurdistan Iracheno.

Il messaggio è: ”Come abbiamo fatto con gli armeni faremo con i curdi”.

Per questo colpiscono al cuore il movimento di liberazione, perché la resistenza curda rimane il più grande ostacolo per l’espansionismo neo-ottomano della Turchia in Iraq e in Siria.

Per questo inaspriscono l’isolamento di Abdullah Ocalan, perché senza di lui e senza il PKK, l’ISIS non sarebbe stato sconfitto e non ci sarebbe stato un autogoverno rivoluzionario ispirato ai principi della centralità delle donne, della democrazia diretta e dell’economia egualitaria. Non ci sarebbe stata la Rivoluzione del Rojava.

Decine di migliaia di membri dell’ISIS si sono riversati in Siria e Iraq attraverso i confini turchi. Dopo essere stati addestrati ed equipaggiati dalla Turchia, sono stati inviati in Europa, in Africa e nel Caucaso per compiere gli stessi massacri che avevano commesso in Medio Oriente.

Gli attacchi di invasione della Turchia e delle sue bande contro la Siria del nord e dell’est stanno cambiando la struttura demografica della regione. Ad Afrin sono stati uccisi centinaia di civili, migliaia sequestrati e torturati, uliveti e siti storici distrutti e centinaia di migliaia di persone costrette alla fuga. Lo stesso è successo a Serekaniye e Gire Spi e da più di un anno continuano gli attacchi contro Ain Issa, Sehba e Til Temir.

L’obiettivo e arrivare dove ISIS non è arrivato, invadere Kobane.

Nelle zone controllate dalle truppe di occupazione turco-jihadiste, arabi, armeni, ceceni, circassi, curdi, ezidi, siriaci, suryoye (aramei, assiri e caldei) e turkmeni, convivevano attraverso un’auto-organizzazione democratica.

Il cambiamento demografico forzato mira ad indebolire il Confederalismo Democratico creato da questi popoli, privandolo delle proprie radici.

La Turchia ha istituzionalizzato l’annessione delle zone occupate dove applica le stesse misure adottate dallo Stato Islamico durante il suo dominio del terrore.

Attraverso l’aggiornamento della ‘cintura araba’ creata dal regime siriano nel 1962 per decurdizzare la regione, Erdogan punta a un nuovo cambiamento demografico con la creazione di una ‘cintura turca salafita’

Ha messo insieme dozzine di gruppi diversi dallo spettro di Al-Qaida e della Fratellanza Musulmana e sta trasformando le zone occupate in centri in cui addestrare i suoi mercenari e mandarli nel mondo come ha già fatto in Libia e in Nagorno Karabakh contro gli armeni, e come sta facendo ora in Iraq contro la guerriglia del PKK.

L’operazione contro la regione del Kurdistan Iracheno non è limitata alle montagne liberate dalla guerriglia, la Turchia si sta insediando anche in Iraq, ha preso il controllo di diverse aree e continua a costruire nuove basi militari.

Il Partito KDP di Barzani, che governa la regione del Kurdistan Iracheno per conto della Turchia e dei poteri internazionali, oltre a non opporsi agli attacchi transfrontalieri collabora anche al progetto di pulizia etnica nei confronti della comunità Ezida di Shengal.

Erdogan anche in Iraq vuole vendicare la sconfitta di ISIS.

Nell’agosto 2014 l’ISIS ha commesso un genocidio contro gli Ezidi di Shengal.

I peshmerga del KDP invece di difendere Shengal hanno scelto di abbandonare l’area all’approssimarsi dell’ISIS che ha utilizzato le armi lasciate incustodite da un’altro esercito in fuga quello iracheno.

Il genocidio degli Ezidi è stato invocato come una delle motivazioni principali dell’intervento della coalizione internazionale ma sui superstiti incombe tuttora il rischio dello sterminio.

Gli Ezidi hanno realizzato un’amministrazione auto-organizzata, consigli femminili autonomi e forze di autodifesa. La Turchia ha effettuato numerosi attacchi aerei contro Shengal e ora con l’Accordo di Sinjar tra KDP e governo iracheno vuole distruggere il sistema di autogoverno e autodifesa creato dagli Ezidi.

In Turchia più di 60 sindaci curdi sono stati arrestati e il controllo delle municipalità assegnato a commissari fiduciari del governo turco. Erdogan ha fatto lo stesso con i rettori delle università. Gli studenti dell’università del Bosforo a Istanbul sono stati arrestati in massa per le loro proteste.

Migliaia di dirigenti e militanti del partito HDP sono in carcere, 108 di loro sono imputati nel ‘Processo Kobane’ per le proteste contro l’assedio della città da parte di ISIS nel 2014.

Con il ritiro dalla Convenzione di Istanbul e la procedura di chiusura contro l’HDP, gli ultimi pezzi di democrazia e diritti umani rimasti in Turchia verranno distrutti.

Sfruttando la forza del secondo esercito della NATO e il sostegno dell’Europa e delle potenze internazionali la Turchia ha occupato vasti territori in Medio Oriente.

Kobane non è caduta è stata la prima sconfitta inferta al califfato e ora il califfo Erdogan vuole vendicare questa sconfitta.

Per fare questo deve eliminare le conquiste della Rivoluzione del Rojava a cui hanno preso parte e per cui hanno donato la vita partigiani di tutto il mondo.

La resistenza di Kobane, la solidarietà internazionale a quella battaglia e la nuova ondata internazionalista che lì è cominciata, hanno mostrato che la lotta partigiana, la presa di posizione nella storia a fianco dei popoli in lotta non può essere sconfitta da tutti gli eserciti e gli accordi delle potenze mondiali.

Viva la Resistenza di Kobane

Viva Rivoluzione del Rojava

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