Cemil Bayik: “Questo equivale a una dichiarazione di guerra contro i curdi”

9. febbraio 2019 Lower Class Magazine Parte 1 – Cemil Bayik è membro fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e co-Presidente del Consiglio Esecutivo della Koma Civakên Kurdistan (KCK – Unione delle Comunità del Kurdistan). Nella prima parte dell‘intervista parla del ritiro delle truppe USA dalla Siria, della taglia che gli USA hanno messo su Murat Karayilan, Duran Kalkan e su di lui e dell‘escalation della politica degli USA sull‘Iran.

In primo luogo si impone la domanda su cosa significa il ritiro delle truppe USA dalla Siria per la situazione nella regione. Come valuta questo ritiro? Cambia, come ritengono molti media occidentali, la strategia degli USA per il Medio Oriente?
In effetti dalla crisi del Golfo del 1990/91 e dalla successiva guerra, sono risultati cambiamenti notevoli in tutto il mondo e nel Vicino e nel Medio Oriente. Il crollo dell‘ex-Unione Sovietica e il nuovo ordine mondiale con una nuova strategia degli USA, ne formano il contesto. Gli USA hanno fatto politica a livello globale, ma il Medio Oriente è sempre stato il focus delle loro attività.

Gli USA con la prima guerra del Golfo cercarono di controllare il Medio Oriente. Contemporaneamente con la guerra in Kurdistan del sud, si intendeva fermare il movimento di liberazione curdo lì. Dopo gli attentati dell‘11 settembre da parte di Al-Qaida, con la guerra contro l‘Afghanistan e l‘Iraq iniziò un nuovo attacco contro il Medio Oriente. Qui si tratta di un intervento diretto. L‘obiettivo era di mettere i luoghi maggiormente caratterizzati da contraddizioni e conflitti, come l‘Afghanistan e l‘Iraq, sotto il controllo diretto degli USA. La politica USA negli anni ’90 prevedeva di tenere la lotta di liberazione curda fuori dal Kurdistan del sud e di circoscriverla nel Kurdistan del nord. Così si arrivò al complotto internazionale contro il Presidente Abdullah Öcalan con l‘intenzione di annientare il PKK, il movimento di liberazione curdo, e di completare in questo modo il genocidio.

In questo contesto eravamo confrontati con attacchi intensi. Dato che con questi attacchi ebbero solo un successo limitato e in Medio Oriente erano arrivati a nuovi sviluppi, la strategia USA da questo punto di vista era in stagnazione. Solo con le rivolte popolari del mondo arabo a partire dal 2010 si sviluppò un nuovo processo. Dal Sudan fino all‘Egitto, le insurrezioni si diffusero in un baleno in tutti Paesi arabi e alla fine si concentrarono sulla Siria. Qui si arrivò a un conflitto maggiore. Gli interventi degli USA, della Turchia e di alcuni altri Paesi in Siria, dal 2011 sono rimasti senza successo. Specialmente l‘intervento da parte della Fratellanza Musulmana che si alleò con le forze armate dell‘Esercito Siriano Libero (ESL), non porto un risultato. L‘alleanza si sfasciò nelle sue singole componenti.

Esattamente in quel momento apparve un nuovo gruppo di attacco che si chiamava Stato Islamico. Venne detto che i suoi attacchi avevano l‘obiettivo di dividere l‘Iraq e la Siria in tre parti. Gli attentati iniziarono a Mossul e presto minacciarono Bagdad. In Siria attaccarono Raqqa e diventarono un pericolo per Damasco. Alla fine gli venne impedito di entrare a Bagdad e Damasco, e il loro sguardo si rivolse al Kurdistan. Nel Kurdistan del sud furono Shengal, Machmur, Erbil e Kirkuk. Più tardi IS rivolse le sue armi contro il Rojava, dal 15 settembre 2014 in poi specialmente sulla città di Kobanê. Con IS doveva essere completato il genocidio dei curdi.

Contro questo il movimento di guerriglia guidato dal PKK, nello Shengal e a Machmur oppose una significativa resistenza. Questa resistenza dopo il 15 settembre diventò una campagna di difesa contro gli attacchi a Kobanê, dalla quale più tardi nacque in tutto il Kurdistan una difesa dei curdi e della rivoluzione nel Rojava.

Dopo che il PKK a Shengal e Machmur sconfisse IS e anche a Kobanê – anche se con una certa fatica – riuscì a respingere gli attacchi di IS, gli USA e altre grandi potenze a fronte della nuova situazione decisero di organizzare un‘alleanza comune contro IS per sostenere questa resistenza. Come movimento abbiamo considerato questo significativo e prezioso. Abbiamo considerato questa ampia coalizione, nata in un contesto del genere, come una posizione comune contro il fascismo.

Alle forze di liberazione del Rojava, con una politica cauta è riuscito di trasformare questo in un‘alleanza. La coalizione anti-IS è nata in questo modo. Questa alleanza ha contribuito al salvataggio del centro di Kobanê nel gennaio 2015. Nel maggio vennero liberate anche le zone rurali della città. Il fascismo di IS qui subì la sua prima grande sconfitta. Non rimase limitata a Kobanê, anche in Siria del nord e dell‘est le forze della coalizione colpirono per ottenere una vittoria definitiva su IS. Il 18 ottobre 2017 venne liberata la capitale autoproclamata di IS, Ar-Raqqa. Questo diede a IS il colpo di grazia, perché con la sconfitta nella sua roccaforte perse la sua forza politica e militare. Questa vittoria storica è stata possibile grazie alla coalizione anti-IS e i curdi attribuirono a questa alleanza un significato davvero grande.

Inoltre sopportarono il fardello più pesante in questa battaglia. Mobilitarono ben oltre il Kurdistan i e le loro combattenti per liberare le zone arabe dal fascismo di IS. Non esitarono a veder cadere martiri le loro figlie e i loro figli in questa battaglia. Gli USA dalla fine del 2014 parteciparono alla coalizione anti-IS, ma fecero un doppio gioco. Il 22 luglio 2015 ci fu un accordo tra gli USA e la Turchia che fece della Turchia un presunto membro della coalizione anti-IS. Ma la Turchia in Rojava e nel resto della Siria non prese mai parte alle battaglie contro IS. Si trattava solo di un accordo bilaterale tra gli USA e la Turchia. Non era un‘alleanza contro IS, ma di un accordo per dare alla Turchia il via libera per attacchi contro il PKK. Alla fine, il 24 luglio 2015 jet da combattimento turchi bombardarono postazioni del PKK. Ci furono attacchi aerei contro il Kurdistan e contro forze combattenti che erano impegnate contro IS. Da allora divenne del tutto evidente la simulazione di fatti falsi.

Hanno formato una finta coalizione contro IS. Nessun altro Stato vi si è unito. È nata come alleanza tra gli USA e la Turchia. Quando poi nell‘ottobre 2017 è stata liberata Ar-Raqqa e lì IS è stato sconfitto, si è arrivati man mano a un indebolimento della coalizione che era stata fondata con la lotta contro IS. Invece di rivolgersi verso la coalizione che combatte contro IS e di impegnarsi maggiormente lì, gli USA hanno preferito la coalizione anti-PKK.

Tutte le violenze contro il PKK e i massacri in Kurdistan che il governo turco ha eseguito in questo lasso di tempo, si sono svolti con l‘assenso e il sostegno degli USA. Inoltre la Turchia ha usato le sue relazioni con l‘Iran e la Russia per esercitare ulteriore pressione sugli USA. Il ritiro delle forze statunitensi dalla Siria e dal Rojava sono quindi effettivamente il risultato di un processo che è iniziato già nel 2015.

Gli USA non hanno mai agito in modo unilaterale. Questa alternativa se la sono sempre tenuta aperta. Il ritiro delle truppe USA dalla Siria quindi non è una grande questione. Gli Stati Uniti in effetti sono venuti in Siria per via della resistenza contro IS. La resistenza curda ha portato con sé attività statunitensi in Siria.

Gli USA hanno partecipato alla guerra solo con le loro forze aeree, non avevano una presenza militare degna di nota sul posto, nemmeno truppe di terra effettive. Sono state le Forze Siriane Democratiche quelle che hanno effettuato la difesa del Paese con le loro truppe di terra. Queste erano incarnate dalle YPG/YPJ, i e le cui combattenti della resistenza hanno ottenuto il predominio nel territorio. In questo senso il ritiro dei soldati USA non determina un vuoto che si deve colmare. Il problema effettivo è la questione in quale delle due coalizioni gli USA continueranno ad essere presenti. Sembra che si stiano rivolgendo verso la coalizione sedicente anti-IS con la Turchia.

Gli Stati Uniti nel Medio Oriente sono una forza significativa che non può semplicemente ritirarsi. In particolare il Pentagono è preoccupato che con un simile ritiro, le attività militari in Medio Oriente potrebbero non essere più possibili. Il Presidente USA ha altre priorità, di politica interna. Nelle elezioni di Midterm nel novembre 2018, il Partito Repubblicano che ha designato il Presidente, ha subito una sconfitta nella Casa del Rappresentanti. Le prospettive per le elezioni presidenziali tra due anni sono piuttosto negative, per questo viene rimodellata la politica. La dichiarazione del Presidente Trump che ritirerà le truppe, è rivolta al popolo statunitense. È propaganda elettorale e vuole fare effetto.

Inoltre con il ritiro viene rafforzata l‘alleanza con la Turchia. La Russia ha alimentato il conflitto tra la Turchia e gli Stati Uniti. Gli USA cercano neutralizzare questa tattica della Russia, stabilizzando la loro relazione con la Turchia.

Lei vede nessi tra questa strategia e la taglia che gli USA hanno messo su di Lei, Murat Karayilan e Duran Kalkan?
Con la taglia e l‘embargo rafforzato contro l‘Iran, che sono entrambi il risultato di un colloquio del Ministro degli Esteri USA con il governo turco, gli USA cercano di consolidare la loro relazione con la Turchia, di tirare dalla loro parte l‘Iraq e la Turchia, di aggiungere anche i curdi e con questo di aumentare la pressione sull‘Iran. Per questo sostengono il regime fascista ostile ai curdi dell‘AKP-MHP. Questa è l‘occasione per la Repubblica di Turchia e l‘alleanza Erdoğan-Bahceli attualmente al governo, di mettere in pratica in modo più efficace la loro strategia storicamente anti-curda e genocida.

Da un lato il regime turco intensifica le violenze contro la popolazione curda e i combattenti per la libertà nelle zone di difesa di Medya (Kurdistan del sud). Dall‘altro cerca di rappresentare le Forze Siriane Democratiche (FSD) come terroristi e di eliminarle per fermare la rivoluzione in Rojava. Inoltre come con la guerra di occupazione contro Afrin il 20 gennaio 2018 ora si vogliono mettere in pratica i piani di occupazione per Manbij, Kobanê, Tall Abyad e il Rojava. Quindi non si può dire che gli USA si ritirano dalla Siria o dal Medio Oriente. Piuttosto cambiano la loro tattica e prendono le distanze dalla vittoriosa coalizione anti-IS. Ora si schierano dalla parte del regime AKP-MHP che attacca i curdi che sono stati la punta di lancia nella lotta contro IS.

Paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito hanno criticato questa decisione. Anche all‘interno degli Stati Uniti; nel Pentagono, nel Ministero degli Esteri e nel Senato la critica si è fatta sentire. Questo ha messo sotto pressione il governo statunitense e dopo alcuni giorni hanno ammansito con la promessa di proteggere i curdi e di far avvenire il ritiro lentamente. Queste dichiarazioni sono inconsistenti e inconcludenti. Il loro atteggiamento è manipolatorio, pragmatico e contraddittorio. Non si attengono ad alleanze e partnership e prendono decisioni capricciose e non concordate.

L‘accordo con il governo AKP-MHP è come allearsi con IS o con Al-Qaida. Perché IS è stato sostenuto dalla Turchia, Al-Qaida in Siria è un‘organizzazione dell‘AKP-MHP. A Idlib ha preso il controllo il Fronte Al-Nusra. Questo è il braccio siriano di Al-Qaida. Viene protetto e alimentato dall‘AKP-MHP. Lo hanno portato al potere a Idlib. Questi sono gli alleati degli USA. Viene asserito che gli USA in precedenza avrebbero combattuto contro questo tipo di gruppi in alleanza con i curdi. Ora entrano in un‘alleanza con la Turchia. Questo equivale a un sostegno ad Al-Qaida o a IS. Questo equivale a una dichiarazione di guerra contro i curdi che hanno combattuto contro IS. Si dice che gli USA si comportano così per usare la Turchia contro l‘Iran. Come contropartita lo Stato turco vuole usare gli USA nel loro genocidio contro i curdi. Queste sono relazioni di interesse che si basano su uno sfruttamento reciproco. Gli USA sembrano essersi decisi a questo. Questo naturalmente dal punto di vista degli sviluppi in Medio Oriente è sbagliato e pericoloso. Con questo atteggiamento la guerra in Medio Oriente non può finire e il fascismo non può essere sconfitto. Al contrario i genocidi, le guerre, gli scontri e conflitti continueranno invariati. Concludendo il pensiero, si arriva inevitabilmente alla conclusione che gli USA non vogliono mettere fine alla guerra e non vogliono neanche la stabilità. Al contrario: i conflitti devono continuare e diventare più profondi, scontri, guerra e caos devono continuare perché possano continuare il loro dominio.

Salta agli occhi che gli USA con l‘affermazione di ritirarsi dalla Siria, allo stesso tempo adottano toni ancora più aggressivi nei confronti dell‘Iran. Come valuta questo inasprimento? Gli USA si armano per una guerra contro l‘Iran?
Gli USA hanno dichiarato l‘Iran e la Siria l‘asse del male. Per poter combattere l‘asse del male, dal 2006 volevano allearsi con l‘Iraq e la Turchia e avere dalla loro parte anche i curdi. Questa strategia è stata elaborata dopo le elezioni negli USA del 2006 da una commissione di repubblicani e democratici. Poi hanno iniziato a distruggere ogni forza che rappresentava un ostacolo per questa strategia. Una forza era lo stato maggiore della Turchia, la linea di Yaşar Büyükanıt e İlker Başbuğ. Questa linea è stata distrutta lasciando che combattessero contro il PKK. Dall‘altro lato temevano il PKK. Vedevano che il PKK avrebbe impedito che i curdi partecipassero a questa alleanza secondo la loro strategia. Per questo volevano indebolire il PKK, cosa che però non è riuscita. Al contrario, il PKK è uscito rafforzato dalla guerra del 2008. Poi è iniziato il conflitto in Siria e ha dominato gli eventi. All‘inizio sia gli USA sia la Turchia preferivano la Fratellanza Musulmana e cercarono, ognuno per sé, di organizzarla come ESL. Quando tuttavia il braccio egiziano della Fratellanza si è opposto attivamente a questa politica statunitense e per questo voleva usare l‘Egitto come spazio politico, gli USA cambiarono la loro strategia. Il golpe militare contro il governo in Egitto ne fu la conseguenza. Anche la politica in Siria cambiò. Si vedeva che la politica basata sui Fratelli Musulmani contro il regime Baath non avrebbe portato risultati. L‘ideologia di Tayyip Erdoğan è la stessa della Fratellanza Musulmana. Sia come politica, sia come atteggiamento mentale. Tayyip Erdoğan considera Mursi e i Fratelli Musulmani in Siria suoi fratelli. Il suo governo ha sostenuto la Fratellanza Musulmana. Così si è arrivati al conflitto tra gli USA e la Turchia.

Questa contraddizione ha portato alla fine dell‘ESL che è stato letteralmente stritolato. Quando la Fratellanza Musulmana si è indebolita, è apparsa Al-Qaida e come controprogetto è iniziata l‘ascesa di IS. Dopo che il fronte di resistenza curdo è insorto contro IS e Al-Qaida ed è riuscito ad impedire l‘avanzata di questi gruppi, la resistenza curda e gli USA alla fine del 2014 si sono orientati verso un‘alleanza, una coalizione contro il fascismo di IS. Se gli USA ne avessero avuto la possibilità, avrebbero perseguito i loro obiettivi – in questo caso la vittoria su IS – con altri alleati. Ma solo la resistenza curda ha potuto frenare IS e Al-Qaida e agli USA non è rimasta altra possibilità che allearsi con loro.

Poi la situazione in Siria tramtie la Russia e l‘Iran è diventata ancora più complicata, dal punto di vista militare tuttavia al momento la Siria è divisa in tre parti. Ci sono i territori controllati dalle forze armate di Bashar al-Assad, il Rojava controllato dalle forze democratiche e territorio siriano sotto il controllo dell‘esercito turco. Di quest‘ultimo fanno parte Cerablus, al-Bab, Afrin e İdlib, lì si trova l‘esercito IS-AKP-MHP. Questi sono alleati. Anche se ci sono alcune contraddizioni tra loro, verso l‘esterno agiscono come un fronte comune, in cui AKP e MHP formano il centro. Ora, dato che la Siria si trova in questa posizione, la Turchia non vede più via d‘uscita. Volevano lasciare che la guerra si inasprisse per trovare in Siria una soluzione a loro confacente. Tutti i colloqui e negoziati, ad Astana, a Sochi, a Ginevra, hanno continuato a portare in un vicolo cieco. In seguito a questo gli USA si sono rivolti contro l‘Iran per trovare una soluzione. In effetti l‘Iran, in particolare per la sua relazione con la Russia, è un attore importante in Siria. Quindi se in Siria dovesse esserci una soluzione ai sensi degli USA, l‘Iran deve essere respinto. Ma non è solo l‘Iran a essere un freno per la pace in Siria. L‘ostacolo vero e proprio è la Turchia. Gli USA non lo vedono. Gli USA vogliono indebolire l‘Iran puntando sulla Turchia. Come se l‘unica forza che impedisce una soluzione nel conflitto in Siria fosse l‘Iran, insistono su un intervento contro l‘Iran.

Il rafforzamento dell‘embargo contro l‘Iran annunciato il 5 novembre 2018, significa un‘escalation di questa strategia. Gli USA aumenteranno la pressione sull‘Iran. Ma niente si svolgerà come è successo in Siria, Egitto o in altri Paesi. Le condizioni in Iran sono diverse. Attualmente lì gli USA intervengono sopratutto economicamente. In ogni caso aumentano le attività statunitensi di intelligence e in Iran potrebbero delinearsi anche accenni di un golpe. Non sappiamo quali metodi spiccheranno, ma gli USA vogliono rafforzare la lotta contro l‘Iran e vogliono che tutti stiano al loro fianco.

Qual è la posizione del movimento di liberazione nel caso di una guerra statunitense contro l‘Iran?

Una guerra del genere non è nell‘interesse dei curdi. In un caso del genere gli USA punteranno sulla Turchia e faranno altre concessioni. Il governo AKP-MHP, appoggiandosi a questo, vuole continuare a commettere massacri e un genocidio nei confronti dei curdi. Per questo la priorità dei curdi oggi sta nel fatto di distruggere la dittatura fascista dell‘AKP-MHP. Perché questa dittatura tiene in vita IS e Al-Qaida. È nemica della democrazia, nemica dei curdi e minaccia l‘Europa, gli Stati Uniti e tutto il mondo. Il dispotismo AKP-MHP è la potenza più reazionaria e pericolosa del nostro tempo. Questo è vero per i curdi, ma anche per tutta l‘umanità. I politici europei lo sanno fin troppo bene. Hanno visto questo pericolo attraverso gli attacchi di IS e Al-Qaida. La strategia del governo USA di ignorare questo dato di fatto e di mettere invece alla gogna l‘Iran, non è nell‘interesse dei popoli del Vicino Oriente, dei curdi, delle comunità europee e dell‘umanità. Perché una politica del genere rafforza la dittatura fascista del regime AKP-MHP e con questo anche organizzazioni come IS e Al-Qaida. A questo proposito la resistenza curda dice: la minaccia sono ISIS e Al-Qaida e il loro mentore e comandante è la dittatura AKP-MHP. Per questo la coalizione anti-IS dovrebbe essere una coalizione anti-AKP. La lotta contro IS e Al-Qaida dovrebbe essere continuata come lotta contro l‘AKP-MHP. Gli Stati Uniti tuttavia dipendono da Erdoğan e dalla dittatura AKP-MHP per la loro lotta contro l‘Iran.

Conosciamo fin troppo bene l‘atteggiamento dell‘Iran, la sua mentalità, così come la sua strategia, in particolare contro la politica curda e contro i curdi. Noi sappiamo come è stata distrutta la resistenza dei curdi con l‘alleanza ottomano-iraniana e come nel 20° secolo l‘alleanza turco-iraniana ha abbattuto l‘insurrezione curda. Ora il governo turco e quello iraniano si uniscono nella politica anti-curda, anche se non riescono a mettersi d‘accordo su tutti gli altri argomenti. L‘Iran è una minaccia per i curdi e per il Medio Oriente. Ma al momento la minaccia più acuta parte da IS e Al-Qaida, e dalla potenza fascista AKP-MHP che li sostiene. Per questo il primo obiettivo dovrebbe essere quello di abbattere dominio AKP-MHP. Ci sono forze curde che non dispongono di una visione ideologica o strategica. Queste si trovano da qualche parte nel mezzo e si orientano secondo interessi quotidiani. Si mettono sotto l‘influenza degli USA o dell‘Iran. Queste forze sono pericolose. Guardiamo la politica del KDP e del PUK. Non hanno un atteggiamento strategico. Né rispetto all‘esistenza né rispetto alla libertà di curdi né per la democrazia in Medio Oriente. Il PKK dall‘altro lato dispone di un atteggiamento strategico rispetto all‘esistenza e alla libertà del popolo curdo. È convinto che questo sia possibile con un Medio Oriente democratico. Si attiene alle necessità di questa teoria e strategia. Attualmente la dittatura di AKP e MHP rappresenta il pericolo più grande per questa strategia.

Quanto hanno fatto soffrire la società del Kurdistan del nord per i massacri. Non si sono attenuti a nessuna legge. Mettono in carcere deputati e sindaci. Hanno eliminato tutte le amministrazioni curde elette. Decine di migliaia di politici curdi sono in carcere. Ogni giorno ci sono dozzine di assassinii. Contro questo attualmente deputati nelle galere oppongono resistenza con scioperi della fame. Ogni giorno jet da combattimento turchi bombardano regioni del Kurdistan del sud con armi della NATO. Afrin è stata occupata con l‘attacco invasore della Turchia del 20 gennaio 2018, e ora ad Afrin, la cui intera popolazione era curda, non ci sono più curdi. Erdoğan davanti agli occhi del mondo ha commesso un massacro e distrutto l‘esistenza curda ad Afrin. Questo vogliono farlo anche con altre città del Rojava. Posiziona il suo intero esercito ogni giorno minacciosamente sul confine. Bombarda, spara con carri armati e artiglieria pesante e minaccia un‘invasione. In questa situazione come potrebbero i curdi posizionarsi contro l‘Iran, e questo per giunta al fianco della Turchia? Quante volte abbiamo dichiarato un cessate il fuoco e cercato di elaborare una soluzione democratica con la Turchia? L‘attuale amministrazione AKP-MHP si è ripromessa di annientare i curdi. Se gli USA si mettono insieme con questo governo, entrano in una linea ostile ai curdi e questo è un modo di procedere che i curdi non approveranno mai.

#Intervista: Karl Plumba
#Traduzione dal turco: Mercan Karadag
traduzione dal tedesco a cura di Rete Kurdistan Italia