Cemil Bayik: “Definiamo il Kurdistan società e non Stato”

Lower Class Magazine Parte II – Cemil Bayik è membro fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e co-Presidente del Consiglio Esecutivo della Koma Civakên Kurdistan (KCK – Unione delle Comunità del Kurdistan). Nella seconda parte dell‘intervista parla della minaccia di invasione del Rojava da parte della Turchia, dello stato dei negoziati tra la Federazione Democratica Siria del Nord e dell’Est e il governo siriano e della trasformazione delle HPG e YJA-Star nella “Guerriglia della Vittoria”.

Le minacce del governo turco contro il movimento di liberazione curdo e concretamente contro il Rojava in effetti non sono una novità, ma diventano più aggressive. Quanto ritiene plausibile la possibilità di un’invasione su ampia scala della Turchia in Rojava?

Ci sono ragioni differenti per le minacce della Turchia contro il Rojava. Iniziamo dal fatto che i curdi nel Kurdistan del sud hanno uno status autonomo e nel nord del Kurdistan da 40 anni resistono contro l’occupazione. Questa resistenza ha richiesto un prezzo elevato, ma non è mai stato possibile distruggerla. Non importa quante volte lo Stato turco abbia massacrato i curdi o quanto li abbia oppressi, non è riuscito a far tacere i curdi nel Kurdistan del nord. Lo sviluppo in Rojava, nel Kurdistan occidentale, è una minaccia aggiuntiva per la Repubblica di Turchia. Se l’esistenza curda ottiene uno status, la Turchia non può più mantenere la politica contro i curdi basata sulla mentalità di negazione e distruzione. In effetti questa mentalità e questa politica non sono rivolte solo contro il Rojava, ma anche contro il Kurdistan del sud. Tayyip Erdogan ha affermato molte volte che ritiene lo status dei curdi nel Kurdistan del sud un errore che vuole recuperare. Questa è la base del suo attacco al Rojava. Se l’esistenza curda raggiunge uno status in Rojava, mentre nel nord continua ad esistere la resistenza e il sud resta invariato, la politica fascista di sfruttamento presente all’interno dei confini della Turchia che ignora i curdi e che vorrebbe sterminarli, non ha più una base per esistere. Per questo Erdogan è dell’opinione che deve prima distruggere gli sviluppi in Rojava per poter mantenere queste mentalità e politica colonialista-genocida anti-curda.

Un altro argomento è che l’assistenza degli USA per queste azioni politiche è un grande sostegno per la Turchia. Ogni volta che questa mentalità e politica fascista, colonialista-genocida inizia a vacillare e si trova a un passo dal crollo, viene ripresa e sostenuta dagli Stati Uniti. Viene rivitalizzata e mantenuta in vita e con questo viene impedito un tracollo. Questo lo ha mostrato anche la recente manovra degli USA. Comportamenti simili li vediamo anche in Germania, Francia e nel Regno Unito. Dal punto di vista economico la Germania ha dato sollievo alla Turchia. L’amministrazione Merkel riteneva che se la Turchia fosse crollata, sarebbe crollata insieme a lei e si è orientata verso una politica pro-fascista. Ma non c’è un crollo della Turchia. Nel caso crolla il fascismo e questo nessuno dovrebbe temerlo. Se cade il fascismo, la Turchia continuerà ad esistere. Nessuno dovrebbe allearsi con la Turchia fascista. Inoltre la politica di sostegno degli USA e la mano di aiuto dell’Europa, forniscono occasione e spunto perché il regime AKP-MHP attacchi i curdi in questa misura. Sa che per quanti massacri e genocidi commetta, gli USA e l’Europa si schiereranno con lui. Quello che è successo a Saddam, a lui non succede. Una delle ragioni principali per cui il regime AKP-MHP è così aggressivo quindi, è la politica di sostegno degli USA, della Germania, della Francia e dell’Inghilterra. Il loro atteggiamento non univoco nei confronti dell’esistenza curda e della sua libertà, così come il non difendere la loro rivendicazione come popolo dei propri diritti democratici, induce lo Stato turco ad attaccare. Per questo minaccia anche il Rojava. La Turchia non è in grado di arrivare a tanto. Solo l’aiuto degli USA e dell’Europa rendono la Turchia un aggressore.

Inoltre c’è sostegno dalla Russia e dall’Iran. Entrambi sono pragmatici e colgono ogni occasione possibile per ottenere in Medio Oriente un vantaggio rispetto agli USA nel quadro delle loro contraddizioni. In particolare l’Iran, in base alla sua posizione di opposizione rispetto ai curdi, può collaborare con la Turchia quasi in ogni ambito. La Russia invece è molto pragmatica e fonda la sua politica sugli eventi attuali. La posizione della Russia nel Medio Oriente, contrariamente a quanto per la maggior parte si ritiene, non è forte ma debole. Per questa ragione la Turchia attraverso concessioni e compromessi, può sempre trattare con la Russia.

La guerra contro il movimento di liberazione curdo e la sua escalation, sono un elemento chiave della politica di potere del Presidente turco. Secondo Lei, fino a che punto intende arrivare Recep Tayyip Erdogan – e fino a che punto la popolazione della Turchia lo sosterrà?
La popolazione della Turchia era antifascista, nella società a lungo non c’è stata ostilità tra i popoli. Se si studia il periodo di 50 – 100 anni fa, questo risulta estremamente evidente. Perfino andando a guardare gli anni ‘70 si vede bene che la Turchia in molti ambiti della vita aveva un atteggiamento aperto, sociale rispetto alla democrazia. Dopo il golpe militare del 12 marzo 1971 in Turchia è stata seguita una politica speciale. C’era l’intenzione di cambiare la mentalità della società e di sviluppare sciovinismo e razzismo per promuovere l’inimicizia tra i popoli.

Il nazionalismo turco si basa su questo e l’MHP lo rappresenta ancora oggi. Dopo il golpe militare si è inasprito e così è stato introdotto nella società. Al mercato, nella formazione, nella quotidianità. Così nella forma di un metodo di guerra particolare, la mentalità, il pensiero e i sentimenti della società sono stati modificati. La regione sul Mar Nero per esempio era l’area più aperta alla democrazia, ora è la zona più razzista e nazionalista. Anche la regione dell’Egeo e dell’Anatolia centrale. Nella società turca si è imposto un serio cambiamento della mentalità. Per questa ragione la retorica razzista-nazionalista del potere fascista dell’AKP-MHP ha il sostegno di una parte della società in Turchia, perché è stata sottoposta a un lavaggio del cervello. In effetti le persone in Turchia sono state indottrinate con sentimenti e pensieri fascisti, sciovinisti e razzisti.

Inoltre l’AKP compra il favore della popolazione. Da denaro alle persone per conquistarle. Prima hanno affamato la gente e lasciato che si impoverisse. Poi hanno distribuito denaro perché non crepasse e nel farlo si sono presentati come salvatori. Le persone provavano gratitudine. Così la società è stata legata al potere e allo Stato. È nato un nuovo ceto sociale. Anche le voci delle donne sono state comprate per l’AKP, altrimenti probabilmente nessuna donna voterebbe l’AKP che si impegna per la schiavitù delle donne. Eroga assegni famigliari direttamente alle donne. La donna, che in passato non ha mai avuto una simile attenzione di natura materiale, sente un legame con questo potere. L’AKP non ha raggiunto una posizione del genere approvando la libertà delle donne o offrendo loro istruzione. Ha semplicemente comprato i loro voti. Oggi il fascismo AKP-MHP ha una base di massa, Tayyip Erdogan ogni giorno parla per dieci ore per mantenere questa mentalità di massa e il suo sostegno attraverso la sua retorica razzista-sciovinista e anti-curda. Nonostante tutto questo, tutt’ora non supera il 50% dei voti degli elettori. Tutt’ora una gran parte della società turca è antifascista e si impegna per la pace tra i popoli. Questo vale in prevalenza per le donne, i giovani e i lavoratori. Nelle ultime elezioni del 24 giugno 2017, Erdogan non ha vinto la presidenza. Se l’è presa.

Se si fa riferimento al golpe del 12 settembre 1980 e si dice che dal 1980 infuria ininterrottamente una guerra civile lunga 40 anni, questo corrisponde alla realtà. Se si va più indietro, negli anni ‘70, si può parlare di una guerra civile lunga 50 anni. Di certo la società non vuole una guerra, è contraria alla mentalità fascista. Ma il fascismo si appoggia alla sua base, si sviluppa a partire da lei e dal potere statale, e in questo modo perpetua la sua efficacia e sovranità. Impedisce l’organizzazione di un contro-potere sociale e lo sviluppo di un’opposizione organizzata. Per questo l’opposizione sociale non si rispecchia nella politica e non riesce a trasformarsi in un assieme vigoroso. In particolare il CHP, sotto la guida di Kemal Kılıçdaroğlu, in questo modo sostiene il governo AKP-MHP. Spacca e divide il fronte antifascista. È come un gioco. Il CHP a suo dire è contrario al fascismo, in effetti sostiene il fascismo in tempi difficili. In questo modo il fronte democratico antifascista viene ostacolato e indebolito e ne viene impedita l’integrità.

Ormai la situazione ha raggiunto un punto più che critico. Questo vale per gruppi di popolazione sia turchi sia curdi. La guerra lunga 40-50 anni è stata un onere molto pesante per tutti. Tutti gli ambiti della società sono colpiti dalla guerra e dall’oppressione. Noi crediamo che il regime AKP-MHP non sia in grado di sostenere questa situazione ancora a lungo. Serve un partito guida che crei una coscienza democratica, una coesione politica e sociale contro il fascismo. Se questo viene realizzato, la società turca non dovrà sopportare oltre il peso di questa guerra. Se gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia non sostenessero l’AKP-MHP, non sarebbe possibile continuare a condurre questa guerra. Tutti devono sapere che il maggiore sostegno economico viene dalla Germania e il sostegno politico-militare dagli Stati Uniti. Francia e Regno Unito propongono il loro sostegno ogni volta che il regime si trova in una crisi e anche la Russia persegue una politica simile.

Torniamo alla Siria. Un ulteriore effetto dell’annuncio del ritiro degli USA, è stato che le trattative tra la Federazione Democratica della Siria del Nord e dell’Est, il governo siriano e la Russia sono diventate di nuovo più intense. Qual è il loro obiettivo? Si tratta di un’alleanza tattica a breve termine contro un nemico comune o c’è una prospettiva a più lungo termine? Qual è la loro visione delle prospettive di futuro dei popoli della Siria e del Vicino Oriente?

Il movimento di liberazione curdo ha un percorso di soluzione chiaro che si basa sul confederalismo democratico e l’autonomia democratica ed è stato delineato dal Presidente Abdullah Öcalan. Se vogliamo formulare un piano generale, chiamiamolo Vicino Oriente democratico – Kurdistan Libero. Come esempio, Turchia Democratica – Kurdistan Libero, Siria Democratica – Kurdistan Libero. Noi definiamo questa libertà come autonomia democratica, quindi non separata dall’integrità degli Stati esistenti come la Turchia o la Siria. In effetti definiamo il Kurdistan come società, non come Stato. Per questo facciamo affidamento sulla soluzione attraverso l’autonomia democratica. È questo il sistema in cui la società si organizza e si amministra liberamente, ma entra in unioni democratiche con altre comunità. I curdi per esempio dovrebbero costruire le loro amministrazioni democratiche in Siria, ma anche essere una parte dell’unità democratica della Siria. Lo stesso vale per la Turchia, l’Iraq e l’Iran. Questa è la soluzione proposta dal movimento di liberazione curdo. Anche le Unità Democratiche della Siria, o meglio, l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est, accetta questa impostazione di soluzione.

Sulla base di questa impostazione sviluppa relazioni con la Siria. Il problema quindi non era la questione di quale regime governi a Damasco. Era una ricerca di una soluzione all’interno dell’unità siriana. Nelle trattative con Damasco i curdi puntavano a risolvere il problema curdo sulla base della democratizzazione della Siria all’interno dell’unità siriana. Avrebbero preso contatti con tutti. Hanno anche cercato di costruire relazioni con l’opposizione, di tanto in tanto ci sono stati anche contatti, ma l’opposizione ha rifiutato contatti con i curdi del Rojava. Per il resto i curdi non hanno evitato contatti con alcun potere siriano. Questa quindi non è un’impostazione tattica, ma strategica. Quale governo ci sarà alla fine, questa è un’altra questione, ma trovare la soluzione con la Siria democratica è un modo di procedere ben ponderato. Naturalmente una soluzione dovrà basarsi anche sul fatto che il popolo curdo abbia il diritto all’autodeterminazione sulla base dell’autonomia democratica.

Su queste fondamenta l’Amministrazione Autonoma Siria del Nord e dell’Est cerca di entrare in collegamento con tutti, cercano di fare alleanze, di incontrarsi, e sono pronti a vivere insieme. Tuttavia resta il fatto che né il governo di Assad né tutte le altre forze con le quali viene costruito un contatto, si trovano all’interno dell’impostazione politica e della mentalità che garantirà l’esistenza e le libertà dei curdi. Per questo questi passi per il momento restano solo tattici e non si trasformano in un’alleanza strategica. Ma i curdi qui cercano un piano orientato a più lungo termine. Il fatto che non si arrivi a una soluzione non è dovuto ai curdi, ma alla politica di altre potenze.

Anche se si dice ai curdi, andate e separatevi da noi, non lo vorrebbero. La volontà di coesistenza con la Siria democratica è strategica. Tutti devono saperlo. Naturalmente una simile coesistenza è possibile solo con coloro che hanno un modo di pensare e una politica democratici, quindi con la Siria democratica. Con tutti gli altri non è possibile entrare in un’alleanza del genere.
Attualmente questi colloqui naturalmente arrivano in primo piano per via dell’annuncio di ritiro degli USA. Ma erano nell’agenda perfino in tempi di combattimenti pesanti. In considerazione delle condizioni attuali, un’accelerazione delle trattative è comprensibile. Sia le forze siriane sia l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est sono state costrette a sviluppare nuovi approcci, costruire piani efficaci e ad accelerare negoziati diplomatici. È naturale cercare soluzioni che si basano sulla propria strategia attuale. Anche durante al guerra di Afrin c’erano colloqui. I curdi volevano portare a un livello strategico queste relazioni con tutte forze siriane che approvano un modo di procedere collaborativo. Ma non sono venute. Una simile volontà democratica non esiste in altre potenze. Non nel regime di Assad e nemmeno nelle altre forze siriane.

Anche la Russia in Siria e nell’area intorno al Mediterraneo orientale, è un attore importante. La Russia prende parte attivamente alla guerra in Siria, è in contraddizione con gli USA e tuttavia ha relazioni con loro. Per questo la Russia sarà la potenza mondiale più attiva nella regione quando le truppe statunitensi si ritireranno. E anche le relazioni con la Russia sono su questa base. Anche queste non esistono solo dal momento in cui gli USA hanno annunciato il loro ritiro. Fin dall’inizio ci si sono sempre state relazioni, alleanze, contraddizioni e conflitti su diversi livelli. Quando gli Stati Uniti hanno detto che si sarebbero ritirati, le relazioni e gli sforzi per alleanze con le forze siriane si sono accelerati per creare l’Unione Siriana Democratica. Dall’altro lato le relazioni con la Russia, che a livello globale rappresenta una potenza efficace, sono andate in primo piano.

Dalla parte russa finora non abbiamo visto spunti molto positivi o risultati progressisti. Troviamo la strategia della Russia troppo a breve termine, tattica e manipolatoria. Vorremmo che fossero capaci di essere un po’ più lungimiranti. Rispetto a tutte le forze e alla lotta del popolo curdo per la sua esistenza, sarebbe meglio essere più corretti e meticolosi. Nella situazione attuale i curdi vivono un grave massacro. È una lotta all’ultimo sangue. Ogni giorno cadono dozzine di martiri. Molte potenze qui giocano intorno ai loro interessi economici, mercanteggiano. Questo è inumano e sbagliato. Se una parte è esposta a un genocidio, voler ottenere semplici guadagni economici non ha alcun lato giuridico, morale o umano. Faccio appello a tutti perché agiscano in modo più morale, più umano.

In questa occasione possiamo esplicitare questo dato di fatto. La modalità della Russia è: politica di relazione e di conflitto con gli USA e semplice mentalità del profitto. Noi supponiamo che la Russia con l’annuncio degli USA, abbia ragionato come come il governo dell’AKP-MHP e abbia visto un’occasione di controllare i curdi. Se è così, questo è un errore enorme. In primo luogo i curdi non sono così in difficoltà. I curdi del Rojava non sono soli, il Rojava-Kurdistan non è solo: tutte le parti del Kurdistan, il popolo curdo e le forze di libertà curde sono al loro fianco.

L’intera umanità e le forze democratiche sono con loro. La coalizione anti-IS, nonostante l’annuncio del ritiro degli USA va avanti. Germania, Francia e Regno Unito hanno dichiarato che continueranno nella coalizione anti-IS come finora. Come movimento di liberazione del Kurdistan abbiamo trovato molto sensato questo atteggiamento. Anche i Paesi arabi hanno fatto dichiarazioni del genere, anche queste molto preziose. Abbiamo visto una struttura e speriamo che sia continuativa e non passeggera. Non sappiamo cosa ci sarà poi, ma questo atteggiamento per noi è stato molto importante. Il comportamento della Russia è stato sbagliato, è pragmatico sfruttare l’occasione. La Siria del Nord e dell’Est non è sola ed ha già vinto una guerra una volta. Hanno una volontà, un potere in Kurdistan e nella regione. Questo non è il risultato della volontà o della posizione degli USA. Le persone che pensano questo, si sbagliano di grosso. Per questo una potenza che ha fatto tanta guerra, trasferirà la sua volontà anche alla politica. Noi speriamo che la Russia mostri più rispetto, veda la volontà dell’altro e mostri un comportamento democratico. Questo significa riconoscere la strategia dell’Amministrazione Autonoma Democratica di creare una Siria democratica e stare al suo fianco. Fondamentalmente le relazioni con la Siria del nord e dell’est allora potranno anche trovare espressione. Solo allora lo sosterremmo e lo troveremmo sensato. Se questo non è il caso, un approccio di vedute limitate non porta a risultati. La Russia non può semplicemente mettere sotto il suo controllo i curdi nel Rojava e l’Amministrazione Autonoma. Il movimento di liberazione del Kurdistan non attribuisce significato a metodi del genere e ha anche la forza di combatterli.

Come ultima cosa voglio chiederLe del discorso per il nuovo anno del partito, in particolare rispetto alla nuova formazione delle unità di guerriglia come “Guerriglia della Vittoria”. Cosa si intende concretamente? E quali dovranno essere le differenze rispetto alla guerriglia attuale? A quale ristrutturazione si aspira con questa dichiarazione?
Questi temi si basano sui metodi della lotta e dell’organizzazione collegata. Questo è il terreno fisico, la condizione della consapevolezza e dell’organizzazione delle dinamiche che sono parte della lotta, il livello tecnico. Il PKK ha esperienza di quasi 40 anni di guerra di guerriglia. Ha tratto vantaggio dalle esperienze di altri popoli, del terreno militare creato dalla guerra Iran-Iraq e ne ha colto le opportunità e le possibilità. Si è appoggiata alle caratteristiche geografiche e combattenti del Kurdistan e della società curda. La guerriglia ha sviluppato le sue tattiche tenendo conto del tradizionale legame della Turchia con la NATO.

Ha intrattenuto relazioni con movimenti di guerriglia in altre parti del mondo; c’erano similitudini ma anche differenze. Per esempio il PKK ha avuto un addestramento alla guerriglia in Palestina e in Libano. Ha imparato dalla guerriglia palestinese. Ma quando il 15 agosto 1984 è arrivata in Kurdistan e ha iniziato la sua lotta, la sua vita, il suo stile, la sua organizzazione e il suo lavoro quotidiano, si distinguevano dalla guerriglia palestinese. Così secondo le condizioni del Kurdistan è risultata una nuova formazione.

Su queste fondamenta negli anni ‘80 e ‘90 ha condotto una guerra significativa. In effetti ha sconfitto l’esercito turco molte volte e quest’ultimo non aveva più efficacia. Se oggi il governo turco e la politica turca sono liberati dal tutoraggio dell’esercito, questa è una conseguenza della vittoria della guerriglia curda sull’esercito turco. Chi avrebbe potuto spingere l’esercito fuori dalle questioni dello Stato se non fosse stato sconfitto dalla guerriglia. Dicevano di essere i fondatori dello Stato. Ora l’esercito nell’apparato statale è stato spinto abbastanza indietro. L’AKP sostiene che questo sia merito suo, cosa non vera. Non c’è stata una lotta del genere da parte dell’AKP contro l’esercito. È stata la guerriglia curda che ha sconfitto questa potenza.
Ma le condizioni 40 anni fa quando erano in corso preparativi, o 30-35 anni fa quando si iniziava a mettere in pratica, differivano dalle condizioni odierne in modo sostanziale. Il mondo è cambiato, la politica turca è diventata diversa. E poi ci sono anche i grandi sviluppi in Kurdistan. In questa fase il Kurdistan del sud ha avuto uno status di autonomia ed è iniziata la rivoluzione nel Rojava Kurdistan. Nel nord si sono sviluppati governi locali democratici che lo Stato turco cerca di distruggere con attacchi fascisti. È avvenuta una rivoluzione nazionale di risurrezione. Le persone sono più consapevoli, più organizzate. È stato un cammino lungo. Durante questo periodo i combattenti si sono formati e sviluppati. Allo stesso modo sono cambiate e si sono sviluppate anche le potenze coloniali fasciste. Per esempio il potere statale con la dichiarazione dello stato di emergenza nel 1987 in Turchia, ha vissuto un cambiamento sostanziale. Negli anni 1991-92 con l’intervento di Doğan Güreş è stato sottoposto a un ulteriore cambiamento. Nel 1997-98 c’è stato un nuovo golpe militare. Negli anni 2007-2008 l’alleanza USA-AKP ha messo in atto una serie tentativi di scalzare in politica l’esercito soccombente di Zap. Lo Stato è cambiato. Il sistema dell’esercito è stato modificato. In tutto il mondo c’è stato un salto tecnologico del quale si è servito anche l’esercito turco. Si è adeguato ai cambiamenti.

Ora è diventato una forza militare che dispone di mezzi intelligenti e tecnologici di informazione e ricognizione. La guerra viene proseguita a questo livello, ossia a un livello completamente tecnologico. Tutto questo richiede che la guerriglia si rinnovi anche su questa base. I metodi e il sistema di organizzazione della guerriglia che sono stati costruiti negli anni ‘80 e ‘90, devono essere adeguati ai tempi attuali. La guerriglia si deve rinnovare in modo adeguato a questa condizione. È questo che si intende. La guerriglia può modificarsi, rinnovare se stessa e adattarsi a nuove condizioni. Anche in queste condizioni la guerriglia può esistere, combattere e condurre la sua lotta di liberazione per garantire la propria esistenza. La guerriglia può essere forza di avanguardia di una simile lotta esistenziale e di liberazione e svolgere un ruolo importante. Se si rinnova in questo e si riarma tecnologicamente, può sconfiggere con successo ogni esercito e ogni Stato che si basa sulla propria potenza militare, insieme a tutta la sua mentalità e politica sfruttatrice e genocida. È questo che si intende con il termine “Guerriglia della Vittoria”. Questo risultato è desiderato e realizzabile.

È importante fare cambiamenti sostanziali. Questo viene discusso internamente. Si tratta della finalità, della modalità della guerra. Quali sono le modifiche necessarie nell’organizzazione, nel movimento e nello stile di vita della guerriglia? Di quale forza motrice abbiamo bisogno per combattere contro la mentalità e politica fascista e genocida delle condizioni attuali? Cosa c’è da fare? Come ci si deve organizzare, quali sono i metodi di combattimento da usare e con quali strumenti dobbiamo essere equipaggiati per questo? La discussione è questa. Noi studiamo, discutiamo, abbiamo scambi tra di noi. Noi sappiamo che è necessario fare cambiamenti radicali a questo proposito. Da questo punto di vista già da diverso tempo ci sono progressi che hanno anche portato con sé dei cambiamenti. Ma sono rimasti abbastanza deboli. Ora si evidenzia che le modifiche devono essere durevoli. La guerriglia ne è consapevole e ha la volontà di compiere cambiamenti radicali. È creativa e dispone di una consapevolezza che è anche in grado di superare atteggiamenti conservatori e limitati. Supererà con successo anche questo cambiamento e svolgerà il suo ruolo significativo nella lotta di liberazione e per l’esistenza dei curdi anche in futuro.

#Intervista: Karl Plumba
#Traduzione dal turco: Mercan Karadag
Traduzione dal tedesco a cura di Rete Kurdistan Italia

Parte I
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