Sviluppo dell Autonomia democratica nella Siria del Nord
Le attuali mappe politiche dell’ordine statistico nazionale indicano che la “Siria” è stata la patria delle prime scoperte umane, delle antiche civiltà e di un mosaico di culture, lingue e comunità. Questa geografia è stata continuamente abitata per oltre 15.000 anni Ac. Questa regione, la parte dell’Alta Mesopotamia, ha attraversato in tanti modi quasi tutte le fasi dell’umanità. Prima di essere confinata al sistema dello stato-nazione, la Siria ha ospitato la rivoluzione neolitica (il passaggio dalla caccia e dalla raccolta alla coltivazione, all’agricoltura e all’insediamento permanente), dando vita ad alcune delle più antiche città del mondo; terra di invasioni e arricchimenti di diverse civiltà , ha accolto varie scuole religiose, filosofiche e intellettuali e ha contribuito alla storia dell’umanità con la sua ricchezza comunitaria nella cultura, nell’arte e nello spirito. Oggi, risulta essere il palcoscenico centrale di una delle guerre più brutali della storia moderna, costituendo così un microcosmo dello stato caotico del sistema politico internazionale. La società non può più sostenere un sistema che è stato progettato andando contro la sua storia e mentalità. È quindi di vitale importanza discutere su come sia possibile costruire un’alternativa che rifletta le realtà organiche della società e della geografia.
La Siria è la patria di arabi, curdi, assiri, caldei, aramei, armeni, turkmeni, ceceni, tra i quali seguaci di diverse religioni, sette e filosofie, che parlano una varietà di lingue con diversi dialetti. Dopo 400 anni sotto il dominio ottomano, dove, nonostante le ù discriminazioni e le ingiustizie, fu concessa l’autonomia dalle autorità locali, l’ultimo secolo è stato segnato da un forte autoritarismo e un potere monopolista e centralista dello stato-nazione, un costrutto sociale che in passato era estraneo alla composizione sociale del Medio Oriente.
Nel 1916, in un momento in cui l’Imperialismo tentava di ridisegnare i confini artificiali in cui però venivano ignorati politica e desideri locali, i diplomatici britannici e francesi firmarono l’accordo segreto Sykes-Picot che tagliava linee diritte, attraversando una geografia vibrante, a prescindere dalle realtà etniche, religiose, linguistiche o culturali. Ciò ha influito direttamente sul destino dei popoli che vivono negli stati moderni di Turchia, Siria, Libano, Israele-Palestina, Iraq e Giordania. Nel 1920, la Siria fu posta sotto il mandato della Francia, concesso dalla Società delle Nazioni. Sebbene lo stato neonatale abbia attraversato un lungo periodo di disordini e insurrezioni prima che l’apparato dello stato autoritario si fortificasse, questa data può essere considerata come l’inizio del moderno stato nazione della Siria. Dopo il trattato Qasr-e Shirin del 1639, che stabilì i confini tra gli imperi persiano e ottomano e divise il Kurdistan (dell’est) dal resto del Kurdistan, questo moderno disegno di confine segnò la seconda divisione delle terre che i kurdi consideravano come la loro casa; questa volta la divisione era in altre tre parti.
In una combinazione deleteria tra divario coloniale e politica di governo, con lo sfruttamento capitalista, la violenza patriarcale e un sistema internazionale di gerarchia, lo “stato-nazione” ha portato immense violenze, povertà, conflitti, guerre e devastazioni ai popoli e all’ambiente naturale della regione. Questo processo di costruzione dello stato-nazione viene spesso definito come un processo di modernizzazione per la regione del Medio Oriente, quando in realtà questa era stata plasmata da genocidi e da massacri spietati.
Questo periodo di transizione verso la “modernità” segnò l’era dell’atroce genocidio sugli armeni, così come sulle comunità assiro-siriaca-caldea (Seyfo) e sui greci del Ponto, tutti impegnati poco prima nella fondazione della repubblica turca nel 1923 , progettato seguendo il modello francese dello stato-nazione laicista, che in seguito avrebbe commesso ulteriori massacri sui curdi. Nel 1946, il mandato francese terminò e la Siria divenne indipendente. Tuttavia, considerando il carattere autoritario, elitario ed esclusivista dello stato sempre più capitalista, non è possibile affermare che ciò abbia portato all’autodeterminazione dei popoli siriani. Resistendo allo sciovinismo ottomano e agli europei colonialisti e allo sfruttamento borghese, il nazionalismo arabo in Siria passò dal revivalismo culturale al violento sciovinismo e al razzismo a spese delle minoranze, una volta che le élite dominanti presero il potere dello stato attraverso un colpo di stato militarista. Gli anni seguenti furono plasmati da un ulteriore caos in Medio Oriente, specialmente dopo la creazione dello stato di Israele, che portò alla pulizia etnica dei palestinesi nel 1947/8; una al-Nakba (catastrofe”). Fu a causa della persistenza dello stato di Israele che lo stato siriano ha giustificato molte delle sue pratiche autoritarie e “misure” di sicurezza. Gli anni ’40 e ’50 in Siria furono contrassegnati da una serie di colpi di stato militari e cambiamenti di regime e di costituzione. Nel 1958, la Siria si alleò con l’Egitto per formare la Repubblica Araba Unita (UAR) sotto Gamal Abdel Nasser, durando solo altri tre anni. È in questa atmosfera politica di instabilità che il primo partito politico curdo, Partiya Demokrat a Kurdistanê li Suriyê(PDK-S) si è formato in Rojava nel 1957. Successivamente più di una dozzina di altri partiti sono emersi e si sono separati dal partito iniziale. Questi hanno però perso la loro credibilità in gran parte delle persone, perché non offrivano un nuovo progetto che soddisfasse lecaspettative e il desiderio delle società nella regione.
Il partito Baath prese il potere nel 1963 e portò l’apparato statale sotto il pieno controllo, reprimendo i media e il dissenso attraverso un sistema di servizi segreti gerarchico e onnipresente, frequenti erano le intimidazioni e le censure. Nel 1970, Hafez al-Assad, attraverso l’ennesimo colpo di stato, prese il controllo del partito Baath e istituì un regime autoritario dispotico che in seguito venne ereditato dal figlio Bashar al-Assad nel 2000. La crudeltà di Assad culminò specialmente nella sua omicida campagna sulla città di Hamas nel 1982, un massacro traumatico che ha paralizzato e intimidito i dissidenti e le opposizioni. Non appena il partito Baath prese il potere, divenne evidente la sua posizione razzista contro le regioni curde. Dopo il censimento di Hasaka del 1962, più di 300.000 persone nel Rojava furono privati dei loro diritti di cittadinanza e furono classificati come apolidi o stranieri, uno status che i figli di queste persone avrebbero poi ereditato. Uno dei cervelli della cosiddetta politica della “cintura araba” del regime contro le aree curde, in particolare nel governatorato di Hasaka, fu Muhammad Talab Hilal, funzionario dei servizi segreti e capo della polizia di Hasaka. Colui che ha scritto un rapporto dell’ intelligence completo in cui ha fatto riferimento alle regioni kurde di Cizre come “cancro” che rappresenta una minaccia per l’arabismo e, pertanto, deve essere eliminato. Nel 1962, lo stato iniziò a colonizzare gli arabi nelle aree tradizionalmente curde nel nord-est del paese per imporre cambiamenti demografici e incitare conflitti inter-comunitari, espellendo i curdi e privandoli dei loro diritti di cittadinanza, trattandoli come stranieri senza diritto di voto o di proprietà, ecc. La lingua kurda era divenuta illegale e qualsiasi attivismo politico o espressione culturale era stata soppressa con torture, prigione e morte. L’economia e le infrastrutture furono lasciate intenzionalmente sottosviluppate o strettamente controllate dallo stato. La discriminazione sistemica spesso non permetteva ai curdi di perseguire l’istruzione superiore o di avere accesso ai diritti fondamentali. Molte personalità e uomini politici kurdi furono costretti a lasciare la Siria e il Rojava per nascondere e riorganizzare le loro lotte. Spesso, queste iniziative si svolgevano segretamente e illegalmente. Abdullah Öcalan ha intrapreso la stessa strada quando ha percepito che il lavoro del suo partito era in pericolo. Anticipando il colpo di stato militare del 1980 in Turchia, i quadri dirigenti del PKK, compreso il rappresentante Abdullah Öcalan, arrivarono in Siria nel 1979, un anno dopo la fondazione del loro partito. Per quasi due decenni, il PKK ha organizzato la comunità in Rojava e le prime strutture di base sono state create proprio in quell’epoca. Questo dimostra che il carattere politico in Rojava non è uno sviluppo recente e spontaneo iniziato con la rivoluzione siriana. Piuttosto, ha le sue radici nella presenza decennale del PKK in Rojava e in Siria. Nel 1998, Ocalan fu espulso dalla Siria, dove il suo quartier generale era stato smantellato dal regime, a causa delle sue ideologie e dei suoi calcoli relativi a quanto stava accadendo.
Dopo aver ereditato il posto di suo padre nel 2000, Bashar al-Assad divenne più ostile al movimento curdo, specialmente quando il suo regime aumentò le sue relazioni economiche e politiche con la Turchia sotto l’AKP di Recep Tayyip Erdogan. Nel 2003, viene costituito Partiya Yekitiya Demokrat (PYD). Nel 2004, un tentativo di rivolta curda portò al “massacro di Qamishlo”, dove le forze del regime, alimentate dal prevalente razzismo anti-kurdo, uccisero brutalmente dozzine di civili. Gli attacchi del regime Baath sono stati un tentativo di sopprimere ogni pericolo di insurrezione kurda nel contesto delle conquiste del Kurdistan meridionale dopo il 2003. Nonostante la politica violenta e oppressiva di Bashar al-Assad, la lotta rivoluzionaria continuò segretamente.
Soprattutto le donne sentirono il più grande bisogno di rivoluzione e cambiamento, così assunsero ruoli pionieristici nel processo di cambiamento. L’organizzazione femminile Yekitiya Star ottenne il suo primo congresso nel 2005 e iniziò ad organizzarsi come movimento autonomo delle donne fino al 2016 prima di ristrutturarsi. Nel 2007 venne costituito il Tev-Dem, il movimento per una società democratica, e può essere visto come il motore trainante dell’organizzazione di base sotto forma di comuni. Era un insieme di sei partiti e una varietà di organizzazioni della società civile e raggiungeva le diverse comunità etniche e religiose.
Rivolta siriana e rivoluzione rojava – Terza via
L’anno 2011 è stato caratterizzato da una serie di insurrezioni e potenti dimostrazioni in molti paesi del Medio Oriente. Il popolo della Siria ha visto continuamente il proprio paese bruciare in cenere entro pochi anni. La cosiddetta primavera araba è iniziata con le richieste radicali della popolazione del Medio Oriente dopo decenni di sfruttamento, dittature, guerre e dispotismo, ma sfortunatamente le loro lotte per la libertà sono state cooptate da potenze regionali e internazionali che colsero l’opportunità di beneficiare dei disordini per i propri calcoli geopolitici ed economici. Un altro motivo per cui la primavera araba probabilmente non si è sviluppata secondo le aspettative dei diversi popoli, è che i leader delle rivolte e dei movimenti non si erano preparati per un progetto sociale, egalitario e democratico a lungo termine. Presto iniziò quella che a tutti gli effetti è la terza guerra mondiale, iniziata in Siria, con i due blocchi dell’era della Guerra Fredda che si posizionavano su due poli, lasciando le persone senza alternative. Mentre le forze ribelli si sono sempre più islamizzate con l’aiuto di paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia, portando ad un afflusso di migliaia di combattenti jihadisti stranieri in Siria, il regime di Assad versò il sangue dei propri cittadini spietatamente bersagliando deliberatamente i civili. Molti gruppi democratici e di sinistra furono uccisi, imprigionati, torturati. È in questo contesto che il progetto di autonomia democratica di base del Rojava si è offerto come una “terza via” oltre le due sanguinarie: la prima è la dittatura nazionalista militarista secolare personificata dal regime sanguinario di Assad e patrocinata dall’Iran e dalla Russia o da forze reazionarie conservatrici islamiste radicali. La seconda è mostrata dalla controrivoluzione jihadista, resa possibile dal sostegno della Turchia e delle contee del Golfo, nonché dalla “guerra al terrore” guidata dagli Stati Uniti e dall’Europa.
Dal marzo 2011, le strutture del consiglio hanno iniziato a organizzare la vita quotidiana dei cittadini prevalentemente curdi in Rojava e Aleppo. È importante notare che gli attivisti di base siriani in altre città al di fuori del Rojava si sono anche impegnati in simili progetti democratici. Da allora, la proposta di Abdullah Öcalan del confederalismo democratico ha cominciato ad essere attuata in Rojava, attraverso l’istituzione di comuni, consigli, unità di autodifesa, strutture autonome per le donne e la gioventù, cooperative ed economie ecologiche. Poiché la guerra e quindi la necessità di autodifesa è diventata in quegli anni più evidente, si formarono le unità di autodifesa della protezione del popolo Yekineyên Xweparastina Gel YXG (Unità di autodifesa popolare). Questi erano i predecessori della successiva Yekineyên Parastina Gel YPG (Unione Difesa del Popolo). Nel gennaio 2013, le donne dell’YPG hanno preso la decisione ideologica di organizzarsi autonomamente e hanno formato la Yekineyên Parastina Jin YPJ (Unione Difesa delle Donne).
Nell’estate del 2011 è stato fondato il Consiglio popolare del Kurdistan occidentale, che all’epoca era ancora operativo illegalmente. Dopo l’accordo Arbil / Hawler avvenuto l’11 luglio 2012, il Desteya Bilind Kurd (Comitato supremo curdo) si formò come una coalizione dell’ENKS e del PYD con 5 rappresentanti di entrambi i blocchi. Questo sviluppo aveva fatto nascere la speranza nella società ed esposto la possibilità di operare su una piattaforma kurda comune. Tuttavia, a causa dei desideri di Massoud Barzani per il potere egemonico e le sue relazioni con lo stato turco, il comitato fu presto reso disfunzionale nella pratica.
Il 19 Luglio 2012, iniziò la rivoluzione in Rojava. A partire da Kobane, la comunità curda locale si era radunata davanti agli edifici del regime e aveva costretto i membri del partito Baath a lasciare i loro uffici. Per la prima volta, la gente ha cantato liberamente i loro slogan in kurdo. Bandiere rosse, gialle e verdi sono state sollevate sopra gli edifici governativi. Per le strade, la gente ha iniziato a parlare la propria lingua senza paura di essere puniti o torturati. Iniziò così una nuova era. Disillusi dalla mancanza di interesse dell’Esercito Libero Siriano a sostenere gli interessi curdi, e delusi dal suo carattere sempre più islamista (alimentato dall’intervento di potenze straniere), i curdi decisero di intraprendere una “terza via”, non alleandosi né con la FSA, né con Assad e stabilendo invece strutture locali di autogoverno nelle città liberate.
Mentre fino al 2012 l’organizzazione politica era stata limitata alle attività segrete illegali a causa di restrizioni, la rivoluzione del Rojava ha permesso alle persone di agire legalmente e apertamente per la prima volta. Immediatamente nel 2012, prima della dichiarazione di autonomia e della formazione dei cantoni, il Consiglio supremo curdo annunciò che vi sarebbero stati seri divieti di discriminazione sul genere, non vi sarebbero stati alcuni matrimoni forzati, né violenza domestica, delitti d’onore, poligamia e matrimoni con minorenni.
Le regioni kurde non avevano più un confine con il regime, a causa del controllo dei ribelli delle aree confinanti con il Rojava. Di conseguenza, le YPG e YPJ si sono scontrati incessantemente con le crescenti forze jihadiste di Jabhat al-Nusra e in seguito divenuto Stato islamico (ISIS). Prima della guerra storica e della liberazione di Kobane nel 2014, il 2013 ha segnato un periodo cruciale di resistenza soprattutto in aree come Serê Kaniyê (Ras al-Ayn). A quel tempo erano già state raccolte prove chiare che illustravano la diretta collaborazione della Turchia con il supporto di al-Nusra e di altre forze jihadiste. Era chiaro che il Rojava sarebbe stato marginalizzato dalle forze internazionali, specialmente mentre si avvicinava la conferenza di Ginevra II. Con il sostegno della Turchia, il KNC aderì al Consiglio nazionale siriano (SNC) per partecipare alla conferenza di Ginevra II come parte dell’opposizione araba nel tentativo di emarginare il PYD. Quindi, come atto di sfida, più di 50 organizzazioni (tutte le comunità etniche, 9 partiti curdi e 30 organizzazioni della società civile, ciascuna con 5 voti) dichiararomo ufficialmente il progetto di autonomia democratica nell’autunno del 2013.
Nel gennaio 2014, nella stessa settimana della conferenza di Ginevra II, furono dichiarati liberi e facenti parte della regione autonoma i tre cantoni del Rojava: Afrîn, Kobane e Cizire. Nello stesso mese fu redatta la Carta del contratto sociale. Il preambolo della Carta del contratto sociale, inizia come segue: “Noi, il popolo delle regioni autonome democratiche di Afrin, Jazira e Kobane, una confederazione di kurdi, arabi, assiri, caldei,aramei, turkmeni, armeni e ceceni dichiara e stabilisce liberamente e solennemente questa Carta, che è stata redatta secondo i principi dell’autonomia democratica.” Con questa dichiarazione di autonomia, è stata presa la decisione di adottare misure attive per rappresentare gli interessi dei diversi gruppi etnici e religiosi a livello cantonale.Così, il cantone di Cizire iniziò ad essere governato da 22 consigli di amministrazione; ogni consiglio era diretto da un ministro con due deputati – se un presidente era un curdo, lui o lei avrebbe un deputato arabo e uno cristiano o viceversa. Almeno uno dei tre doveva essere una donna, ma se il presidente era un maschio, entrambi i deputati deovevono essere donne.
Ogni cantone aveva due co-presidenti, una donna e un uomo.Nel cantone più multiculturale, Cizre, sono state dichiarate tre lingue ufficiali, curdo, arabo e siriaco.
L’Autorità Amministrativa Democratica mira a garantire la cooperazione di tutte le comunità e di diverse tendenze politiche, all’interno di un quadro laico e democratico di genere e ugualitario. Coesistono insieme oltre 19 partiti e organizzazioni della società civile.
È possibile caratterizzare il livello di auto-amministrazione democratica come democrazia rappresentativa, mentre la mobilitazione di base del popolo costituisce un progetto di democrazia diretta. Mentre il personale dei livelli comunali, cantonali e federali viene eletto, i comuni attuano direttamente la volontà popolare attraverso la pratica quotidiana. Tutti i partiti e gruppi sono liberi di organizzare le proprie strutture, ma finora le parti che sono più interessate alla politica di partito classica e ai modelli di governo statalista hanno mostrato scarso interesse nel farlo.
La comune lotta per stabilire una cultura della democrazia attraverso la creazione di una società politico-morale che sia cosciente, politicamente impegnata e attiva nella formazione della vita quotidiana continua a crescere. In modo collettivo, le persone formano i loro comuni dopo le riunioni di assemblea iniziali. Una comune può essere in una strada, un quartiere o un villaggio.
Successivamente, il consiglio popolare e femminile costituisce un’altra istanza di governo diretto. Se una questione supera la capacità di una comune o interessa più comuni, i consigli diventano i successivi siti di discussione e di decisione. Ogni comune è un’unità autonoma, ma collegato ad altri attraverso una struttura confederale al fine di coordinare meglio le azioni e garantire impegni condivisi verso una linea liberazionista, ecologista, democratica e femminile. Mentre le persone sono incoraggiate a partecipare alla vita delle loro rispettive comuni, nessuno è obbligato a rispettare le decisioni, poiché l’intero sistema di autonomia democratica si basa sulla partecipazione volontaria e libera.
I comitati per garantire la pace e la giustizia, l’economia, la sicurezza, l’istruzione, i servizi sociali, i diritti dei giovani e delle donne, si riuniscono regolarmente e costruiscono gruppi di lavoro . Ogni comitato è responsabile di tutti i membri del comune e deve scrivere un rapporto trasparente del proprio lavoro.
YPG / YPJ, insieme al Consiglio militare siriano, e più recentemente alle forze democratiche siriane (SDF), alle unità di sicurezza locali Asayîsh sono collegati e rispondono a diverse strutture più ampie cooperando tra loro, Hezên Parastina Cewherî (HPC) costituisce le unità di autodifesa comunali. I membri adulti dei comuni proteggono quindi i loro quartieri tramite turni a rotazione. La maggior parte degli adulti in Rojava ha imparato a maneggiare le armi, per non fare affidamento su qualcun altro per la propria autodifesa.
Dall’inizio della rivoluzione, il sistema educativo ha subito grandi cambiamenti. Nel cantone di Cizre, l’obiettivo è che tutti gli studenti ricevano un’istruzione nella loro lingua madre. Dopo la fase della scuola primaria, le altre lingue della comunità vicina verranno offerte agli studenti per promuovere la comprensione reciproca e una cultura aperta. L’uguaglianza di genere e la nazione democratica sono particolarmente apprezzate. Ciò è particolarmente in contrasto con l’ideologia sciovinista e nazionalista che è stata insegnata agli studenti fin dalla loro infanzia nei tempi di Baath. Parallelamente a un sistema educativo ufficiale, sono state create centinaia di accademie: donne, giovani, letteratura, arte e cultura, economia, diplomazia, cinema, giurisprudenza e scienze sociali.
L’impegno più grande e più rivoluzionario del Rojava è la libertà delle donne. In tutte le aree della vita, le donne hanno assunto ruoli di leadership e sono decise a distruggere la storia millenaria del patriarcato attraverso una radicale rivoluzione femminile. Ciò lo si deve molto ai combattenti della guerriglia femminile del PKK, molti dei quali provengono dal Rojava, e all’analisi di Abdullah Öcalan del patriarcato e alle sue prospettive a sostegno della liberazione delle donne.
Il movimento delle donne in Rojava è organizzato autonomamente, socialmente, politicamente e militarmente. Mentre i principi organizzativi cercano di garantire la rappresentanza delle donne, una massiccia mobilitazione sociale e politica sollecita la coscienza della società sull’uguaglianza di genere, l’anti-patriarcato e la violenza contro le donne. Sono stati creati centinaia di comuni e consigli femminili. Le cooperative come le piccole imprese, le fabbriche tessili, i produttori di formaggio e di agricoltura e altre attività economiche si sforzano di fornire alle donne indipendenza e libertà economiche, al fine di evitare la vulnerabilità alla violenza patriarcale dovuta dalla dipendenza economica. Sono state avviate numerose accademie femminili e già migliaia di
donne hanno frequentato corsi di formazione in questi ambiti. La Jineolojî il paradigma scientifico delle donne è attivamente discusso in queste accademie e sta gradualmente diventando parte delle pratiche educative in Rojava.
Il sistema di co-presidenza è implementato a tutti i livelli nel Rojava: in comuni, consigli, case popolari, partiti politici, amministrazioni cantonali e a livello federale. Il movimento
delle donne organizza autonomamente le proprie strutture e non è vincolato a decisioni generali, mentre le strutture miste non hanno il diritto di interferire con le decisioni autonome delle donne.
Nel marzo 2016 è stato riaffermato l’abbraccio della rivoluzione del Rojava all’idea della “nazione democratica” come modello contro lo stato-nazione. Proponendo così un’amministrazione autonoma per il Rojava e una soluzione democratica per la Siria basata sul rispetto reciproco delle comunità, sulla libertà delle donne e sul rispetto dell’ecologia. Il concetto di nazione democratica è un tentativo di incoraggiare tutte le identità, le comunità, le tendenze intellettuali, le religioni, le filosofie e i gruppi a partecipare a una nuova nazione, indipendentemente dall’appartenenza etnica, religiosa e linguistica. Contro il nazionalismo e lo sciovinismo, la nazione democratica è un tentativo di incoraggiare tutti i gruppi a democratizzarsi internamente, costruendo ponti basati su principi comuni.
Per impedire al sistema capitalista di cooptare la rivoluzione attraverso la cooptazione economica, c’è un forte impegno nei confronti di progetti ecologici auto-sostenibili e sforzi creativi per rendere priva di significato l’embargo imposto al Kurdistan.
La prospettiva di una rivoluzione sostenibile e di successo nel mezzo di guerra, distruzione e sfiducia dipenderà in gran parte dalla disponibilità delle comunità a cooperare e dalla dedizione della società a organizzarsi. Le persone che amano la libertà del mondo possono contribuire molto a questo progetto pieno di speranza che sta prendendo forma in un momento e in un luogo di traumi e devastazione. La guerra in Siria ha distrutto la vita di milioni di persone in 5 anni di capitalismo regionale, internazionale, statalista, collaborazione patriarcale e politica di guerra.
È giunta l’ora che i popoli della regione facciano sforzi per unire le forze per un futuro democratico e libero delle donne, in modo da poter riottenere la possibilità di vivere una vita in libertà e dignità nella culla della civiltà.
Conclusioni
Questa rivoluzione, che mira a creare una vita libera basandosi sulla lotta per la libertà, sulla storia delle comunità e sulla vita comune dei popoli, diviene quindi anche una fonte di speranza. Questa rivoluzione, che si basa sull’autosufficienza e su valori comuni, dovrebbe essere discussa, sostenuta e valutata da tutte quelle sezioni che sono alla ricerca di un nuovo modello sociale.
La caratteristica principale di questa rivoluzione è che non si limita a proporre le cose in teoria, ma trasforma le sue proposte in vera e propria pratica. Piuttosto che dividere le questioni sociali tra le diverse sezioni della società, richiede un approccio olistico a questi temi e suggerisce prospettive orientate alla soluzione. Questa rivoluzione mira a organizzare la vita stessa e considera la storia, il presente e il futuro strettamente relazionati tra essi. Basata sul paradigma liberazionista democratico, ecologico e femminile, questa rivoluzione è allo stesso tempo una rivoluzione femminile.
Tuttavia, poiché questa rivoluzione ha il potenziale di indirizzare le radici della mentalità del sistema dato dallo stato-nazione basato sulla modernità capitalista, è soggetta a molti attacchi. Questa rivoluzione democratica propone una soluzione non solo ai kurdi, ma a tutti i popoli che, come loro, hanno sperimentato l’oppressione, la violenza e la colonizzazione. Questo sistema è un’alternativa allo stato nazionale ed è basato sul confederalismo democratico. Questo processo è anche a tutti gli effetti una rivoluzione femminile e riorganizza tutte le sfere della vita. La rivoluzione del Rojava costituisce una prospettiva rivoluzionaria che trascende i problemi dei curdi e raggiunge tutte le popolazioni, per trovare soluzioni relative alle questioni ecologiche, alla libertà delle donne, ai diritti umani, al nazionalismo, all’economia e ad altri problemi.