Salto mortale alla turca – Provaci ancora, Sam!
In un comunicato stampa in occasione del 14° anniversario del rapimento di Öcalan, l’Iniziativa Internazionale “Libertà per Abdullah Öcalan – Pace in Kurdistan” ha dichiarato: “14 anni dopo il rapimento di Abdullah Öcalan in un’operazione dei servizi internazionali di intelligence, la questione kurda in Turchia è più attuale che mai. Nemmeno questo atto, intrapreso in violazione del diritto internazionale, è stato in grado di cambiare la situazione.
Imrali, l’isola-prigione turca nel Mar di Marmara in cui viene tenuto prigioniero Abdullah Öcalan, rappresenta da un lato una violazione del diritto internazionale, l’isolamento e la tortura, l’arbitrarietà dello stato e la mancanza di stato di diritto, dall’altro è considerata ampiamente come la “forza motrice” dietro un processo lungo e sanguinoso di soluzione tra lo Stato turco e il popolo kurdo liberato, che non cessa di insistere sui suoi diritti civili”.
Questo processo aveva già raggiunto uno stadio avanzato nel 2011, ricorda l’Iniziativa Internazionale nella sua dichiarazione. Per ordine del governo turco, una delegazione composta da alti funzionari dei servizi segreti turchi hanno negoziato con il leader kurdo. Ulteriori colloqui con i principali rappresentanti del movimento di resistenza kurdo hanno avuto luogo in Europa e in Nord Iraq. Un piano congiunto, che prevedeva misure reciprocamente dipendenti per la risoluzione della questione kurda, è stato approvato e ratificato dai rappresentanti kurdi. L’unica cosa che mancava per effettuare il primo passo concreto era l’approvazione di Recep Tayyip Erdoğan, il Primo Ministro turco. Ma Erdoğan ha fatto marcia indietro: con un salto mortale all’indietro senza precedenti ha scelto di ignorare quello che era successo. É seguito uno dei periodi più cruenti degli ultimi anni del conflitto turco-kurdo. Erdoğan ha utilizzato argomenti inconsistenti per giustificare l’escalation militare, che comprendeva l’intensificazione delle operazioni contro le forze della guerriglia kurda, ondate di arresti contro gli attivisti politici kurdi e repressione aggravata ai danni della popolazione civile kurda”.
A dicembre del 2012, Erdoğan ha dichiarato che si sono tenuti nuovi colloqui con ‘Imrali’ per ottenere un disarmo del movimento di resistenza kurdo. La reazione dei kurdi è stata contenuta. La scelta delle parole da parte di Erdoğan, così come l’insistenza enfatica sul fatto che non esistesse nessuna questione kurda, ha innescato dubbi sulla serietà di tali colloqui. Le informazioni fornite sono troppo esigue per poter essere in grado di effettuare una valutazione corretta. Solo una delegazione del partito pro-kurdo BDP (Partito della Pace e della Democrazia) ha potuto visitare Abdullah Öcalan. Agli avvocati del leader kurdo sono state tuttavia negate le visite al loro cliente nel corso degli ultimi 15 mesi. Ciò che è peggio: l’assassinio di tre attiviste kurde a Parigi, la caccia di questo inverno alle unità partigiane sparse sulle montagne e gli arresti in corso di rappresentanti politici certamente non ispirano fiducia.
“Per settimane rappresentanti del governo e rappresentanti del movimento kurdo – aggiunge la nota – sono stati impegnati in uno scambio di colpi sulla stampa, grazie al quale si stanno delineando confini. Resta da vedere quanto sia seria la richiesta turca alle forze della guerriglia kurda di consegnare le armi e di ritirarsi dal territorio turco prima che cominci un processo politico. Ma un processo di pace come questo non sembra molto promettente. Come in tutti gli altri processi di pace, devono essere discusse le cause politiche del conflitto e devono essere messe in atto azioni per la loro risoluzione prima di una smobilitazione oppure bisogna attuare dettagli tecnici simili”.
Nella sua dichiarazione, l’Iniziativa Internazionale sottolinea che si può ben osservare quanto la Turchia continui ad impegnarsi vivamente per la sua dottrina anti-kurda: ciò può essere notato considerando la sua posizione nella guerra civile siriana, in cui i jihadisti islamici attaccano per suo conto le città nelle aree kurde del Nord. “Questo, e la repressione arbitraria dell’opposizione in Turchia, offrono poche speranze in merito al fatto che il governo intenda adottare misure positive. La catastrofica situazione dei diritti umani e le prigioni sovraffollate dimostrano che la Turchia ha ancora una lunga strada da percorrere prima che possa attuare e rispettare uno stato di diritto”.
Tuttavia l’importanza relativa e l’impatto potenziale dei colloqui non dovrebbero essere ignorati, dice il comunicato, sottolineando che “una soluzione può essere trovata solo attraverso nuovi percorsi di dialogo. Una soluzione negoziata non può essere imposta in modo unilaterale e burocratico, anche se farlo potrebbe soddisfare il Primo Ministro turco. Affinché autentici negoziati abbiano successo, è fondamentale che tutte le parti in conflitto partecipino equamente. Öcalan ha dimostrato ancora una volta che egli stesso, uno degli architetti di una soluzione politica, è uno degli attori principali in questo processo. Il suo ruolo attivo è la forza trainante del processo che la Turchia si sente ora obbligata a seguire. Per questo motivo deve essere pienamente sostenuto in ogni modo possibile. Il suo trasferimento agli arresti domiciliari potrebbe essere un primo passo. Dal punto di vista della storia, la sua liberazione è solo una questione di tempo”.
ANF News Desk