Turchia, dopo attacchi Pkk è caccia al curdo. Timori verso elezioni

Istanbul, 9 set. (askanews) – “Non vogliamo operazioni, vogliamo un massacro”. Le ondate di violenza che hanno colpito la Turchia nelle ultime 48 ore e che che vedono al centro degli attacchi la popolazione curda del Paese sono state accompagnate da slogan come questo, gridato ieri notte a Besiktas, nel cuore di Istanbul, da un nutrito gruppo di uomini vicini al governo e ai nazionalisti. E per la prima volta diversi osservatori parlano del rischio di arrivare ad una guerra civile nel Paese.

Mai infatti era accaduto, in trent’anni di guerra tra il Pkk e lo Stato turco (con un bilancio di 40 mila morti), che la popolazione turca arrivasse ad attaccare i curdi per la loro appartenenza etnica. Negli ultimi due giorni, in seguito ai sanguinosi attentati realizzati dal Pkk contro militari e forze di polizia a Daglica e Igdir, semplici civili, operai, agricoltori sono stati aggrediti per il fatto di essere curdi (o per essere ritenuti tali dagli aggressori). Un uomo è stato accoltellato alla schiena, un altro picchiato e obbligato a baciare la statua di Ataturk. Pullman provenienti dal Sudest sono stati fermati con la forza da parte di gruppi di uomini che hanno controllato l’identità dei passeggeri.(…)

ATTACCHI ALL’HDP
Nella giornata di ieri più di un centinaio di sedi del partito filo-curdo democratico del popolo (Hdp) sono stati presi d’assalto da orde di uomini muniti di spranghe e sassi che hanno appiccato il fuoco in alcuni uffici della formazione politica.

L’Hdp, che alle ultime elezioni ha ottenuto il 13% dei voti sbarrando la strada al governo monocolore dell’Akp, si trova al centro degli attacchi verbali del presidente Tayyip Recep Erdogan e del premier Ahmet Davutoglu da diverse settimane. I due leader attribuiscono la responsabilità degli attentati del Pkk anche all’Hdp, accusandolo di esserne un avamposto.
Il co-leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas, respingendo le accuse, oggi ha affermato che gli attacchi alle sedi del partito sono opera di “agitatori coordinati dall’Akp e dai servizi segreti” ed ha rivolto un appello alla popolazione: “Mi rivolgo ai cittadini coscienziosi della Turchia. Quelli che cercate di ardere vivi sono le persone che fino a ieri chiamavate ‘fratello’. Questo è il momento di dimostrare la fratellanza”.

AL CENTRO DI DUE FUOCHI
(…) Una situazione che l’analista Ahmet Insel spiega affermando che “il governo dell’Akp, vuole ottenere nuovamente la possibilità di tornare da solo al governo e per questo utilizza il classico approccio dello ‘stato di sicurezza’ facendo in modo che la paura e gli istinti nazionalistici prendano il sopravvento. Di fronte a questa forza che si concede di versare del sangue per restare al potere, il Pkk cerca di dimostrare che non ha perso la sua capacità di opposizione e che rappresenta ancora la forza egemonica nel Sudest del Paese e nell’arena politica curda. Entrambe le parti sono accomunate dallo sforzo di dimostrare che l’Hdp ha perso la sua rappresentatività”.

ATTACCHI A HURRIYET E AL GRUPPO DOGAN
Ma non sono solo i curdi a essere presi di mira in questi giorni. Ieri sera il quotidiano Hurriyet, afferente al gruppo Dogan, holding mediatica mainstream più influente del Paese, è stato aggredito una seconda volta nel giro di 48 ore da parte di simpatizzanti del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) che hanno attaccato la palazzina gridando “Allah è grande”. Domenica scorsa, un gruppo di 200 persone guidate dal giovane parlamentare Akp Abdurrahim Boynukaln, aveva fatto la prima irruzione. In quell’occasione il deputato aveva detto che “da ora in poi l’Hdp, il Pkk, il quotidiano Zaman [quotidiano appartenente al gruppo di Fethullah Gulen] e Aydin Dogan [proprietario del gruppo] non sono più distinti. Sono tutti dei gruppi terroristici. Loro dicono che il Capo di Stato è responsabile di quanto sta accadendo perchè non è riuscito a diventare presidente [a instaurare un sistema presidenzialista]. E allora noi diciamo: qualunque sia l’esito delle elezioni del primo novembre, noi faremo in modo che tu [Erdogan] diventi presidente”.

Sebbene il premier Davutoglu e il vice-preier Numan Kurtulmus abbiano condannato gli attacchi, assicurando maggiore protezione ai gruppi media aggrediti, la campagna denigratoria condotta dall’esercito dei media pro-governativi contro il gruppo Dogan, non sembra essere cessata, come dimostra l’editoriale di oggi di Ibrahim Karagul, direttore della testata Yenisafak. Karagul descrive infatti nuovamente Aydin Dogan quale “un problema per la sicurezza nazionale perchè ha apertamente sostenuto il Pkk”. Un vero controsenso, se si considera che il quotidiano Hurriyet è famoso per il suo logo nazionalista, che recita “la Turchia è dei turchi”. Un controsenso che tuttavia indica ancora una volta che nel percorso verso le elezioni del 1 novembre il fronte pro-Akp è pronto a tutto pur di ottenere di nuovo il potere.
ASKANEWS