Turchia, arresti nell’opposizione. Autobomba, il governo: morti e feriti
Retata contro l’opposizione in Turchia: Figen Yuksedag e Suleyman Demirtas, co-presidenti del partito filo-curdo Hdp, sono stati arrestati nella notte a Diyarbakir, Ankara e Istanbul, insieme ad altri 13 parlamentari. I deputati curdi sono 59 e l’Hdp rappresenta il terzo partito del Paese dopo l’Akp al governo e il partito repubblicano Chp, anch’esso all’opposizione come l’Hdp. A Diyarbakir, principale città curda del sud-est la tensione è molto alta: un’autobomba è esplosa a una stazione di polizia del distretto di Baglar facendo 8 vittime- tra cui 2 poliziotti, 5 civili e un sospetto attentatore – e un centinaio di feriti, di cui solo 7 ancora in ospedale. Le autorità ritengono che l’attacco sia opera del Pkk.
«Alcune persone, tra cui poliziotti e civili, sono martiri» ha affermato il ministro della Giustizia di Ankara, Bekir Bozdag. In Turchia ieri era saltata la connessione Internet ed era impossibile accedere ai social network.
Vedremo adesso quale sarà la reazione interna ed europea alla notizia dell’arresto dei due politici che sono anche deputati: ma l’immunità parlamentare ora in Turchia non ha nessun valore se si è accusati di legami con il terrorismo e il Pkk.
La tensione in Anatolia del Sud Est, il Kurdistan turco,e incrocia il conflitto in corso in Iraq e in Siria. L’esercito turco staziona a pochi chilometri da Mosul dove è incorso l’offensiva finale contro il Califfato mentre i militari di Ankara sono schierati anche all’interno del territorio siriano con l’obiettivo di contenere con la forza i curdi siriani del Rojava appoggiati dagli americani per la loro lotta contro l’Isis.
Ferhat Encu, parlamentare turco del partito filo-curdo Hdp, ha annunciato ieri che il suo passaporto è stato sequestrato all’aeroporto di Istanbul, dove era in procinto di imbarcarsi su un volo per Bruxelles. La misura è stata presa in seguito a un divieto di espatrio emesso dalla magistratura. Il divieto rientra nella recente stretta delle autorità sui politici curdi, molti dei quali sono stati accusati di legami con i terroristi del Pkk. Con questa accusa, la scorsa settimana sono stati arrestati anche i due co-sindaci di Diyarbakir, città principale del sud-est curdo della Turchia.
Il ritiro del passaporto è una misura a cui le autorità hanno fatto spesso ricorso dopo il fallito golpe del 15 luglio scorso. Da allora ne sono stati sequestrati oltre 50mila, compresi quelli di molti giornalisti e accademici. Gli arresti dal fallito golpe sono stati decine di migliaia in tutti i settori della società mentre secondo il Wall Strett Journal le autorità hanno preso il controllo anche di circa 500 imprese.
L’ossessione anti-gulenista di Erdogan ha fatto esplodere intanto un caso diplomatico con la Germania.
Il ministro degli Esteri Steinmeier ha replicato a Erdogan alle accuse del presidente turco Tayyip Erdogan, secondo cui la Germania «sarà ricordata nella storia per l’ospitalità offerta al terrorismo», alla stregua di «uno dei più importanti Paesi ad accoglierne» i militanti, al punto da diventare tra l’altro il «giardino di casa di ‘Feto’»: il movimento capeggiato al predicatore in esilio Fethullah Gulen, arci-nemico del leader di Ankara e presunto mandante del mancato colpo di stato militare del 15 luglio scorso. Gulen costituisce anche motivo di frizione con gli Usa dove si trova in esilio dalla fine degli anni’90: Ankara ne ha chiesto l’estradizione che al momento appare comunque improbabile.
«Non posso certo mettermi a correre dietro alle dichiarazioni di Erdogan», è stata la replica affidata da Berlino al proprio ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier. «È nostro desiderio continuare a mantenere con la Turchia rapporti stretti e costruttivi», ha proseguito Steinmeier, «ma questo non deve condurci a tenere la bocca chiusa quando sono minacciate le libertà di stampa, di espressione e di opinione», ha concluso, alludendo al sempre più implacabile giro di vite nei confronti degli oppositori, giornalisti in primo luogo, denunciato come “estremamente inquietante” dal cancelliere in persona, Angela Merkel.
Dietro le polemiche si profila in particolare la persecuzione nei confronti di Can Dundar, ex direttore del quotidiano dissidente ‘Cumhuriyet’, appena sfuggito a un mandato di cattura e riparato nella Bundesrepublik, dove gli è stato rilasciato un passaporto temporaneo, di fatto concedendogli una forma di asilo, mentre in patria finivano in carcere il successore Murat Sabuncu e altri tredici dipendenti della testata, teatro di una irruzione della polizia.
Lo scontro turco-tedesco è destinato comunque a non concludersi, anzi, a inasprirsi ulteriormente: il presidente federale Joachim Gauck lunedì prossimo riceverà a colloquio proprio Dundar.
di Alberto Negri