Terra Madre, Kurdistan turco ospite per la salvaguardia dell’agricoltura tradizionale

Cinquemila delegati da 160 paesi, più di 800 espositori, 300 presidi Slow Food e 500 comunità del cibo, parteciperanno al più importante evento internazionale dedicato alla cultura del cibo, che quest’anno torna con una formula nuova.

“Terra Madre Salone del Gusto”, in programma dal 22 al 26 settembre nel capoluogo piemontese, offre il più vasto panorama sui cibi di tutto il mondo e, per di più, in presenza dei produttori. Si tratta di una festa davvero unica, che quest’anno promette di migliorare ancora, invadendo le strade, le piazze e i parchi torinesi. Migliaia di persone e prodotti diffusi nei luoghi simbolo di Torino: tutto a portata di mano, per assaggiare e scoprire i tesori enogastronomici da tutto il mondo.

E nonostante la guerra che affligge l’area mediorientale, uno dei produttori che raggiungeranno Torino per unirsi a questa grande manifestazione, è Ercan Ayboga, coordinatore delle relazioni internazionali del “Movimento per l’ecologia in Mesopotamia” (Mem) che ha sede nel nord del Kurdistan, in Turchia.

È cominciato tutto con la protesta contro la costruzione di una diga sul Tigri vicino a Hasankeyf (una questione ancora irrisolta, n.d.r.): da lì il movimento si è allargato, toccando non solo le questioni relative all’acqua, e unendo contadini e allevatori di tutta la regione in un progetto comune per salvaguardare l’ambiente.

Occorre ricordare che le tradizioni agricole in questa regione sono fra le più antiche al mondo: risalgono a circa 9000 anni fa, all’alba della civiltà. Infatti a Çayönü, a 40 kilometri da Diyarbakir, la città di Ercan, la varietà da cui discendono 68 diversi altri cereali cresce ancora, selvatica, sulle pendici del Karaca Dağ, dove fu “addomesticata” per la prima volta. Naturalmente, molti di questi cereali vengono ancora coltivati oggi nell’area, così come fagioli, orzo, lenticchie, uva, cocomeri, fichi e angurie. Non a caso Ercan parla di Diyabarkir come della “città delle angurie”, ma insiste su come le dighe sul corso del Tigri abbiano causato alluvioni e altri danni alla produzione agricola sulle zone fluviali.

L’incredibile biodiversità presente nel Kurdistan turco è in pericolo: paradossalmente, è minacciata proprio dall’introduzione di progetti di irrigazione su larga scala sostenuti dallo Stato turco che hanno permesso di espandere l’area coltivabile. Per molti produttori nella regione, il Paese di Ankara è inoltre il principale cliente e definisce i prezzi di mercato incoraggiando i coltivatori a selezionare le varietà più redditizie, per esempio mais e cotone, spingendoli ad abbandonare migliaia di anni di tradizione.

Un altro problema collegato a questo processo di industrializzazione e neoliberalizzazione è l’acquisto di terreni sempre più estesi da parte di grandi proprietari, che obbliga i produttori su piccola scala ad abbandonare la loro terra o ad accettare le condizioni imposte da questi ultimi.

Eppure, anche quando i contadini curdi scelgono le varietà più convenienti, la vita per loro non migliora. Le riforme neoliberali abbattono i prezzi dei loro prodotti, mentre quelli del petrolio e dell’elettricità necessari a crescere queste colture intensive continua ad aumentare. L’irrigazione su larga scala per l’agricoltura inoltre sta prosciugando i pozzi, mettendo sotto sforzo le risorse idriche. Un tempo, nel Kurdistan turco, la popolazione festeggiava il “Newroz” (Nuovo anno) con un frutto diverso per ogni giorno dell’anno: oggi questa tradizione è troppo costosa per la maggior parte delle famiglie e, dopo 80 anni di repressione estrema, l’usanza è praticamente scomparsa (anche se sopravvive nel Kurdistan iraniano).

terramadrehasankeyeflnNonostante le difficoltà, Ercan vede all’orizzonte segnali positivi: attraverso il “Movimento per l’ecologia in Mesopotamia” i contadini e i produttori della regione, anche in aree suburbane, sono divenuti più sensibili ai temi della sostenibilità e dell’ambiente, e hanno sviluppato un senso comune di difesa verso il loro antichissimo patrimonio di tradizioni agricole. Oggi ci sono ancora molte varietà biologiche, naturali e locali accanto a quelle sponsorizzate dal governo, specialmente in montagna, dove il patrimonio di biodiversità delle piante e dei semi è più ricco.

“Abbiamo iniziato a perdere il gusto per il cibo negli ultimi 15 anni, ma sappiamo ancora come valutare la qualità dei nostri prodotti e vogliamo salvare l’antica conoscenza della nostra gente, perché miglior qualità significa una salute migliore. Vogliamo imparare dagli altri Paesi, per capire come preservare e a recuperare le varietà dimenticate, e osservare come progetti di questo tipo vengano sviluppati e discussi altrove”.

E quale miglior occasione di “Terra Madre Salone del Gusto” per interagire con migliaia di altri produttori di cibo da tutto il pianeta, che condividono problemi simili sotto diversi aspetti, e dare avvio a un dialogo che possa condurre a soluzioni durature per il cibo e le comunità? “Soltanto se lavoriamo e dialoghiamo insieme – replicano gli organizzatori – possiamo cambiare il futuro del cibo”.

di Marcello Di Meglio

LINK DEL INIZITIVA
http://www.salonedelgusto.com/it/evento/?ev=471