Progetto Diritti condanna fermamente la gravissima aggressione attuata dal regime turco contro la popolazione di Afrin.

Morti fra i civili, strade deserte, bambini terrorizzati: Afrin potrebbe diventare una nuova Kobane.

Il 21 gennaio 2018 ha preso il via una battaglia terrestre nella città di Afrin, un’enclave kurda nel nord della Siria, dopo più di 24 ore di feroci bombardamenti a opera delle truppe dell’Esercito Siriano Libero (FSA) guidato dalla Turchia. È l’operazione battezzata paradossalmente da Erdogan “Ramo d’ulivo”. La propaganda turca la definisce un’operazione per portare amicizia e fratellanza e liberare le popolazioni del nord della Siria dall’oppressione dei gruppi kurdi legati al PKK. Ma i bombardamenti e gli attacchi con carri armati Leopard 2A4 sono determinati dalla volontà del regime turco di distruggere il progetto del confederalismo democratico del Rojava.

In un comunicato lo stato maggiore dell’esercito turco ha anche sottolineato che l’operazione Ramo d’ulivo verrà condotta nel rispetto dell’integrità territoriale della Siria, colpendo sia bersagli appartenenti alle YPG che allo Stato islamico. Facile smentire anche queste affermazioni, considerata l’assenza di milizie dell’Is nella regione.

Né Afrin, né le altre regioni del nord della Siria hanno mai minacciato di attaccare la Turchia. Da tempo invece l’esercito turco minaccia e attacca quei villaggi che sono enclave kurde perché liberate dall’oppressione dei miliziani di Daesh grazie alla resistenza di YPG e YPJ. Nella lotta contro l’Isis il popolo kurdo ha supportato la perdita di migliaia di giovani uomini e donne. Anche per questo è doveroso da parte della Comunità internazionale oggi garantire la sicurezza di Afrin e fermare le aggressioni turche.

Ad Afrin non vivono solo kurdi, ma vi sono rappresentate tutte le popolazioni della Siria, senza contare che questa città ha accolto così tanti rifugiati siriani negli ultimi anni da raddoppiare la sua popolazione. Gli attacchi della Turchia si rivolgono contro l’intero popolo siriano e il silenzio della comunità internazionale legittimerebbe una pesante violazione dei diritti umani fondamentali.

Noi di Progetto Diritti siamo accanto alla resistenza di Afrin e alle tanti parti della popolazione siriana che si sono unite volontariamente ai combattenti e alle combattenti kurde.