Ombré turche dietro la strage

Parigi. A quasi un anno dall’omicidio delle tre militanti del Pkk non ci sono colpevoli

Chi ha ammaz­zato Sakine Can­siz, Fidan Dogan e Leyla Soy­le­mez? A quasi un anno dall’omicidio delle tre mili­tanti del Pkk, avve­nuto a Parigi il 9 gen­naio del 2013, non ci sono col­pe­voli. Il movi­mento kurdo accusa le auto­rità fran­cesi di nascon­dere la verità, che chiama in causa – sosten­gono – le respon­sa­bi­lità «di forze oscure» pro­ve­nienti dalla Tur­chia. Dif­fi­cile imma­gi­nare che il tri­plice assas­si­nio, com­messo in pieno giorno in una zona cen­trale molto con­trol­lata dalla poli­zia e dai ser­vizi segreti fran­cesi, non abbia lasciato tracce. E per­ciò i kurdi for­mu­lano pos­si­bili ipo­tesi, incal­zano Parigi e si chie­dono: che tipo di accordi eco­no­mici e poli­tici sono stati con­clusi tra lo stato fran­cese e quello turco, quali inte­ressi si celano? La que­stione kurda non riguarda solo Ankara, ma coin­volge molti stati del Medio­riente, dell’Europa e gli Stati uniti ed è cen­trale anche nella crisi siriana. Sono in molti – dicono i kurdi – «ad essere distur­bati da una pro­spet­tiva di pace, e molti trag­gono pro­fitto dall’assenza di pace».

A marzo dell’anno scorso, il lea­der del Pkk Abdul­lah Oca­lan – arre­stato nel 1999 e da allora in car­cere sull’isola d’Imrali – ha rimesso in moto le trat­ta­tive con Ankara, più volte fal­lite negli anni pas­sati, e sem­pre a danno dei kurdi: quel che in Tur­chia viene chia­mato «lo Stato pro­fondo», ovvero l’intreccio di inte­ressi ultra­na­zio­na­li­sti e di estrema destra ben evi­den­ziati nella “Gla­dio turca” ha sem­pre fero­ce­mente sabo­tato ogni abbozzo di trat­ta­tiva. Sakine Can­siz era una delle fon­da­trici del Pkk. Il par­tito indi­pen­den­ti­sta ha ini­ziato la lotta armata con­tro Ankara nel 1984, e da allora si con­tano 45.000 morti nel con­flitto. Con­si­de­rata molto vicina a Oca­lan, Sakine aveva tra­scorso 11 anni nelle pri­gioni tur­che, dal 1979 al ’90. Era arri­vata a Parigi dal Bel­gio a gen­naio 2013. Dal 2001, il movi­mento indi­pen­den­ti­sta mar­xi­sta è con­si­de­rato un’«organizzazione ter­ro­ri­sta» dall’Ue e non può avere rap­pre­sen­tanze uffi­ciali. Tra i vari Cen­tri d’informazione del Kur­di­stan inca­ri­cati della comu­ni­ca­zione nei vari paesi, quello di Parigi, ha sede in un edi­fi­cio vicino alla Gare du Nord. E lì, in una delle tre stanze dell’ufficio ven­gono ritro­vati nella notte i corpi delle tre donne, uccise con una 7,65. Nes­sun furto, nes­suna con­fu­sione intorno. Ini­zial­mente si è con­si­de­rato il movente pas­sio­nale, poi quello di uno scon­tro interno al Pkk. Quasi subito viene arre­stato un sospetto, Omar Guney, con­si­de­rato un infil­trato dal movi­mento kurdo. I suoi legami con Ankara rilan­ciano la pista dell’omicidio poli­tico e delle «forze oscure». In base ai suoi spo­sta­menti, gli inqui­renti inda­gano anche in Tur­chia e Ger­ma­nia. «Le inda­gini pro­se­guono e tutto lascia pen­sare a un coin­vol­gi­mento della Tur­chia, ma ci sono ancora molti punti oscuri», ha dichia­rato l’avvocato Antoine Comte, che difende i parenti delle vit­time e che ha denun­ciato anche una strana intru­sione nella casa del pm inca­ri­cato dell’inchiesta, Jeanne Duyé. La depu­tata Meral Danis Bestas, avvo­cata delle fami­glie in Tur­chia, ha detto che la difesa non ha accesso ai docu­menti, per­ché le inda­gini ven­gono tenute segrete.

Intanto, le trat­ta­tive di pace sono di nuovo nell’impasse. A set­tem­bre, il Pkk ha sospeso il ritiro dei suoi com­bat­tenti dal ter­ri­to­rio turco, ini­ziato da qual­che mese: per­ché il governo isla­mi­sta con­ser­va­tore di Erdo­gan non ha man­te­nuto le pro­messe di riforme nei con­fronti del movi­mento kurdo. Il 9 gen­naio, dalle 11 alle 14, ci sarà un pre­si­dio anche di fronte all’ambasciata fran­cese a Roma per chie­dere a Parigi rispo­ste chiare sull’inchiesta.

di Geraldina Colotti – Il Manifesto