Muslim: il 60% del petrolio siriano è controllato dai Kurdi

Secondo Salih Muslim, co-Presidente del PYD (il principale partito kurdo in Siria), il 60% del petrolio è controllato dai Kurdi. “Proteggiamo i pozzi di petrolio. Il popolo kurdo sta riscrivendo la sua storia. Stiamo ricostruendo una storia scritta male ed oggi abbiamo sistemato i conti con essa”, ha detto ad ActuKurde.
Basandosi sul progetto di autonomia democratica sviluppato dal leader kurdo incarcerato Abdullah Ocalan, i Kurdi siriani sono ormai una forza importante per il futuro della Siria. Essi stanno mantenendo la neutralità, nonostante le pressioni da parte delle forze internazionali e regionali. “La nostra posizione non è cambiata. Stiamo proteggendo il nostro popolo. Qualche volta affrontiamo le forze di regime, qualche volta i gruppi armati”. Muslim ha aggiunto che i Kurdi stanno aspettando che la Coalizione dell’opposizione siriana chiarisca la sua posizione su di loro e sul futuro della Siria.

Il processo di auto-governo democratico è in progetto da molti anni ma la rivolta lanciata nel Marzo 2011 ha accelerato la sua realizzazione. Prima di essere costretto a ritirarsi dalle città kurde, il regime siriano era molto debole rispetto alle strutture parallele messe in pratica dai Kurdi, come i consigli popolari, i comitati, un esercito alternativo ed una forza di polizia. Dal 19 Luglio 2012, i Kurdi hanno assunto il controllo di nove città della regione: Kobani, Afrin, Dirbêsiyé, Amude, Derik e Girkê Lêgué, ed anche quello di Tel Temir, Tirbespiyé e Rimêlan, dove vivono insieme comunità kurde, arabe e cristiane. Per la città kurda di Serêkaniyê (Rass al-Ain), al confine con la Turchia, è stato concluso un accordo per la cessazione delle ostilità tra i Kurdi e l’Esercito Siriano Libero (FSA) il 17 Febbraio 2013. L’unica città kurda dove le forze di regime sono ancora presenti è Qamishlo, ma questo luogo è governato da un consiglio popolare, creato dai Kurdi. Ci sono anche villaggi kurdi intorno alla grande città di Hasakah, dove la popolazione vuole creare un consiglio che rappresenti tutte le comunità che vivono in questa regione per fare in modo che il regime si ritiri.

I kurdi hanno anche assunto il controllo dei pozzi di petrolio nella regione. Rimêlan, Til Kojer e Jibis sono le tre aree dove sono presenti i pozzi più grandi. “Le regioni che producono il 60% del petrolio in Siria sono sotto il controllo delle Unità di Difesa del Popolo (le YPG, l’esercito kurdo). La produzione si è fermata ma i pozzi sono sotto la loro protezione”, ha detto il co-Presidente del PYD.

La regione kurda è ricca d’acqua, petrolio e gas. I pozzi di petrolio ed il gas sono concentrati nella regione di Jazeera. Ma i Kurdi non possono ancora trarre vantaggio da queste risorse a causa della politica discriminatoria condotta per decenni dal regime Baath. Tutte le ricchezze agricole della regione kurda furono trasferite in città come Damasco ed Aleppo. Nell’area c’è anche carenza di fabbriche, raffinerie ed università: ció ha spinto i Kurdi ad una migrazione in massa, nel contesto della politica di attuazione della “cintura araba” del 1962, sviluppata per espellere l’intera popolazione kurda dalla regione di Jazeera (Cizre in kurdo), situata lungo il confine turco, e rimpiazzarla con quella di origine araba.

Altre zone petrolifere si trovano nella regione di Deir ez-Zor, controllata dai gruppi armati. I nuovi pozzi di petrolio nella regione sono stati recentemente bruciati, secondo il leader kurdo Salih Muslim. “Il regime non controlla la zona petrolifera ma non c’è produzione”, ha aggiunto.

“Tutto ció che vogliamo è vivere in libertà, pace e dignità sulla nostra terra”, ha detto Muslim prima di aggiungere: “Da ventisei mesi è presente in Siria una lotta per il potere. Noi abbiamo adottato una strategia diversa. Sapevamo fin dall’inizio che la rivoluzione siriana non sarebbe stata come quella della Tunisia e dell’Egitto. Gli oppositori del regime avevano scommesso che esso sarebbe caduto in sei mesi. Sono passati più di due anni  e nessuno sa quanto potrà durare ancora. Questi ventisei mesi di guerra hanno dimostrato che la soluzione militare non conduce da nessuna parte. Ed anche la storia ha dimostrato che la stabilità del Medio Oriente dipende dalla stabilità della Siria. Oggi noi svolgiamo un ruolo di ponte per preservare la fratellanza fra Arabi e Kurdi. Continueremo a svolgere questo ruolo storico”.

ANF News Desk