Lettere al direttore: In Turchia massacri e terrore contro i kurdi

In questi giorni, il governo turco sta portando avanti una feroce repressione contro le organizzazioni della società civile, contro i partiti kurdi e della sinistra turca e contro i guerriglieri del Pkk.

Giovani, studenti, lavoratori e lavoratrici, insieme al movimento kurdo, si sono ritrovati nelle strade contro un governo autoritario e repressivo che sta portando il Paese su una china pericolosa, rischiando la guerra civile: entra di notte nelle case, arresta, uccide per strada, sequestra i corpi degli uccisi, attacca militarmente i cortei.

I popoli della Turchia conoscono il significato di colpo di stato militare, perché ne hanno vissuti ben tre. Qui, a differenza dei precedenti, siamo di fronte ad un “golpe” politico dello Stato, visto che vengono adottate decisioni, senza la copertura di un nuovo governo.

Sono ormai passati due mesi dalle elezioni, ma il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, non ha ancora trovato alleati per formare il nuovo governo. In questo marasma, ha gioco facile Erdogan, il quale, proprio per l’assenza di un governo legittimo, continua a prendere decisioni illegali, in maniera golpista.

Nel ricercare consensi, visto che non si riesce a superare l’impasse e a formare un nuovo governo, presto la Turchia andrà a nuove elezioni e lo scopo è quello di spingere ancora una volta i kurdi nell’angolo, etichettandoli come “terroristi”, indebolendo, ovvero mettendo fuorilegge l’Hdp.

Tuttavia, la resistenza dentro e fuori la Turchia è fortissima. Da una parte, l’Hdp, il partito Kurdo e turco nato solo due anni fa, ha incassato il 13% dei voti, portando in Parlamento ben ottanta deputati; dall’altra, il Pkk ha dimostrato al mondo di essere l’unica forza in grado di fermare l’Isis in Medio Oriente. Mentre eserciti regolari hanno abbandonato il campo a Isis e si sono squagliati, le forze della guerriglia kurda sono intervenute mettendo in salvo migliaia di civili, senza distinzione di etnia e religione, com’è accaduto nel Sinjar dove sono stati salvati 20 mila ezidi. Da qui, la sua continua crescita di consenso popolare dentro e fuori la Turchia.

E che ne è del processo di pace che era in corso tra Ocalan e lo Stato turco? Definitivamente interrotto, con Ocalan che vive in prigione ad Imrali in totale isolamento: da quattro mesi, non può vedere nemmeno i propri avvocati! Viene allo scoperto un’amara verità: i negoziati di pace con i kurdi dovevano servire per offrire all’Europa un’immagine aperta e tollerante della Turchia. In realtà, la politica dell’Akp è stata quella di provare a dividere e ad indebolire il movimento kurdo.

Inoltre, non dimentichiamo che l’Akp non ha mai riconosciuto l’esperienza di rivoluzione democratica in Rojava, nel Kurdistan siriano; al contrario, ha cercato di annientarla, finanziando e lasciando libertà di movimento entro e attraverso i suoi confini all’Isis.

Il 20 luglio scorso, nella cittadina vicina al confine turco – siriano di Suruc, sono stati uccisi 32 giovani socialisti, turchi e kurdi, provenienti da tutto il Paese. Suruc la conosciamo bene, è il villaggio nel quale si è dato sostegno internazionale alla resistenza di Kobane. Migliaia di attivisti da tutto il mondo, tanti anche dall’Italia, si sono recati proprio a Suruc per offrire il proprio sostegno e aiuto, mentre la guerriglia resisteva a Kobane contro l’attacco di Isis. Per questo i 32 giovani socialisti erano a Suruc il 20 luglio, per continuare a dare sostegno alla ricostruzione di Kobane.

Usando come pretesto questo attentato, il premier turco, Ahmet Davutoglu, ha deciso di entrare in azione militarmente, motivando questa decisione con la pericolosità di Isis e bombardandone le postazioni. Nient’altro che propaganda falsa e ipocrita. In questi ultimi giorni di operazioni, l’attacco contro Isis è durato 13 minuti. E le postazioni attaccate erano vuote. Qualcuno li aveva forse avvertiti?

Altra cosa sono state le operazioni di bombardamento contro i guerriglieri sulle montagne di Kandil, una zona che conosciamo bene perché lì siamo stati due anni fa. Alcune zone sono state colpite parecchie volte nel corso di una sola notte.

Parallelamente, si è svolta una vasta operazione repressiva in Turchia che ha portato all’arresto di centinaia di militanti kurdi e della sinistra turca; in alcuni casi, la polizia ha sparato uccidendo dei compagni e delle compagne: a Cizre, a Nusaybin, ad Istanbul.

Approfittando dell’attuale vuoto politico, l’Akp porta avanti la sua politica disperata di annientamento dei kurdi. Erdogan in Medio Oriente ha fallito, per questo sta cercando di riconquistarsi un ruolo che non ha più, perché la rivoluzione in Rojava ha dimostrato che nessuna politica senza o contro i kurdi potrà mai avere successo in quelle terre.

L’unica via d’uscita possibile è quella di democratizzare la Turchia e risolvere le questioni con tutti i popoli che la abitano, che è quello che ha cercato di fare Ocalan con il processo di pace. Nel frattempo, è chiaro che la guerriglia kurda non starà a guardare e continuerà a combattere in Rojava contro l’Isis, avendo dimostrato di poterli fermare e in Turchia contro repressione e bombardamenti.

25/08/2015
Associazione onlus Verso il Kurdistan
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