Le richieste dei curdi in sciopero della fame devono essere accolte

Stando a quanto dichiarava qualche giorno fa il medico Fahrettin Gulsen, gli attivisti curdi in sciopero della fame “non accettano alcun trattamento e ogni infiammazione potrebbe propagarsi ai polmoni. Questa eventualità è quella che al momento ci preoccupa maggiormente. Ne abbiamo parlato con loro proponendo di sottoporli a un trattamento medico, ma hanno risposto negativamente”.

Da ormai 50 giorni Fahrettin Gulsen si occupa della salute di 14 curdi in sciopero della fame a Strasburgo e nell’intervista appariva seriamente preoccupato.

“In tutti gli scioperanti – aveva aggiunto – abbiamo riscontrato un problema di acufene agli orecchi (ronzii, fischi a livello interno in mancanza di suoni o rumori nda). Rileviamo inoltre problemi di nausea, praticamente in tutti i militanti mentre solo qualche giorno fa solo alcuni ne erano afflitti”.

Il medico ha poi dato conferma che i curdi in sciopero della fame soffrono di problemi legati alla pressione arteriosa con conseguenti sintomi quali vertigini, insonnia, debolezza.

“Alcuni – ha riferito – non riescono a dormire che per una o due ore al giorno”.

Si tratterebbe comunque di “sintomi gravi”. In alcuni di loro, già dal 43° giorno di sciopero, abbiamo riscontrato evidenti tremori.

Quanto alla percentuale di zuccheri nel sangue, Gulsen ha riferito di “serie fluttuazioni”. Per esempio nei militanti con un tasso di glucosio più basso “abbiamo riscontrato un significativo aumento man mano che i giorni di sciopero si allungavano. Riteniamo che tale aumento del tasso di glucosio nel sangue potrebbe causare danni irreversibili e che in futuro potrebbero insorgere problemi di natura cardiaca”.

Inoltre gli attivisti sono maggiormente esposti al rischio di infezioni in quanto il loro sistema di difesa immunitaria è più debole e tale rischio aumenta anche a causa delle tante persone che vengono a visitarli per solidarietà.

Il medico non esclude che possano avvenire dei decessi, almeno fintanto che gli scioperanti rifiutano ogni genere di cura.

La perdita di peso è ugualmente importante così come la carenza di proteine. Infatti comporta sia una aumento della fatica muscolare, sia un calo della vista. Ha poi voluto specificare come i sintomi riscontrati non fossero “normali già dopo 43 giorni di sciopero della fame”.

Si tratterebbe quantomeno di “sintomi precoci”.

E infine Gulsen ha concluso con un appello affinché “le richieste degli attivisti (principalmente la fine dell’isolamento per Ocalan come richiesto da molteplici organismi internazionali e da personalità della cultura e della politica nda) vengano soddisfatte nel migliore dei modi così che la loro protesta giunga a conclusione senza ulteriori complicazioni, senza danni permanenti per la loro salute”.

Ancora più seria la situazione di Leyla Guven, l’esponente curda uscita di prigione il 25 gennaio (ma le accuse nei suoi confronti rimangono in piedi, tutte) che ha voluto proseguire nella protesta. Ormai in sciopero della fame da circa 90 giorni, si nutre solo con sale e vitamine. Identica la sua richiesta: porre fine al disumano isolamento per il leader curdo, fondatore del PKK, Abdullah Ocalan.

La parlamentare di HDP era stata arrestata nel 2018 in quanto aveva contestato gli attacchi dell’esercito turco contro il cantone curdo-siriano di Afrin. Anche nel suo caso i medici si mostrano alquanto preoccupati.

Leyla ha perso peso e massa muscolare, soffre di febbre e nausea e i suoi organi interni rischiano di collassare.

Non ha perso comunque la sua determinazione: “Se quel tiranno fascista (un evidente riferimento a Erdogan nda) vuole che noi paghiamo un prezzo, ebbene, in quanto donna curda sono disposta a pagarlo e contenta di farlo” ha dichiarato in questi giorni.

Al momento della liberazione, Leyla aveva detto di aver avuto qualche difficoltà nel lasciare la cella nel carcere di Amed in quanto “quello è il luogo dove la mia resistenza era iniziata, dove i muri sono impregnati dello spirito della resistenza del 14 luglio (il riferimento è alla resistenza dei prigionieri del PKK del 14 luglio 1984 nda). Qui ho percepito concretamente tale spiritualità e sto cercando di preservare quel sentimento”.

Si era poi rivolta a quanti dall’esterno avevano supportato la sua azione di protesta, a coloro che avevano raccolto e divulgato le rivendicazioni dei militanti in sciopero “espandendo la resistenza ovunque”.

“Io ho compiuto il primo passo – ha ricordato – ma ora i prigionieri nelle carceri lo stanno portando avanti. E’con entusiasmo che dalle prigioni verrà infranto quel crimine contro l’umanità che è l’isolamento e nessuno dovrà più esservi sottoposto”.

Gianni Sartori, Centro Studi Dialogo