Le barricate della Kobane turca, elezioni e intimidazioni a Cizre
Dopo la chiusura dei seggi elettorali in Kurdistan rimangono molti dubbi e qualche certezza. La prima certezza si può agevolmente trovare nelle parole dei giovani per le strade di Cizre: «Chiunque è benvenuto nel nostro quartiere, ma la polizia no. Loro devono restare fuori». Siamo a Nur, nel centro di Cizre, dove ha sede il quartier generale dell’Hdp.
In questo distretto il Partito democratico dei Popoli domenica scorsa ha ottenuto il 93,22 per cento dei voti, e qui, insieme agli altri quartieri cittadini di Cudi, Sur e Yafes, le forze speciali turche hanno ucciso in tutto 21 persone: un inferno durato otto giorni, dal 4 al 12 settembre scorsi.
L’unica colpa dei kurdi è aver costituito Assemblee del Popolo per praticare l’autogoverno. Fino ad oggi ce ne sono dieci, tante quanti i quartieri della città, a loro volta organizzate in Comuni. Per ciascuno si contano due portavoce eletti che, insieme al resto degli abitanti delle comuni di strada, organizzano tutto ciò che occorre: a partire dalla ricostruzione delle case martoriate dai colpi dell’esercito turco nei giorni di assedio.
Le comuni di Cizre hanno eretto barricate per proteggere gli abitanti da nuovi attacchi e quindi non permettere alle forze di sicurezza di entrare. La polizia e le forze speciali non sono riuscite a varcarle. Ne abbiamo trovate numerose all’esterno e all’interno delle scuole dove si è votato. Un funzionario di polizia ci ha tenuto a precisare di voler solo proteggere le persone e garantire l’esercizio democratico del diritto di voto. «Le vedete quelle barricate lì fuori — ci ha detto indicandole — vi sembrano normali? Siamo qui perché non dovrebbero esserci».
Le intimidazioni che abbiamo registrato nei seggi sono state numerose e particolarmente vessatorie. Per strada abbiamo visto numerosi panzer Cobra e soldati che puntavano le mitragliatrici sulla gente che entrava nei cortili delle scuole per votare. Ogni tanto il mirino ruotava persino verso le persone affacciate ai balconi delle abitazioni circostanti.
Per ogni plesso elettorale erano stati dispiegati come minimo tre mezzi blindati con numerosi agenti di polizia. Alcuni di loro hanno provato a esercitare pressione sugli aventi diritto al voto ponendosi davanti alle porte dei seggi.
Altri andavano avanti e indietro per i piani del seggio. Il clima intimidatorio era visibile e pesante. Nonostante tutto non abbiamo registrato alcuno scontro diretto durante le operazioni elettorali. Per tutta la popolazione kurda l’obiettivo è stato uno ed uno soltanto: esprimere il proprio diritto di voto. In molti sono rimasti lì per ore a controllare le operazioni di spoglio, «difenderemo i nostri voti», ci hanno assicurato.
Siamo rimasti anche noi fuori dai seggi ad aspettare i risultati. Per evitare qualsiasi tensione molti sono stati invitati dai loro rappresentati di lista a rientrare a casa. I mezzi blindati hanno fatto manovre e continuato a puntare le armi, ma la gente ha atteso composta i risultati.
In appena un’ora, sono volati i primi foglietti dalle finestre con i risultati delle sezioni. È cominciata una festa che sarebbe durata poco. Cizre come altre zone del Kurdistan è stata dichiarata zona a regime speciale proprio in occasione delle elezioni, per cui tutte le scatole di voti sono state portate in un plesso centrale per essere ricontate. In queste operazioni di spostamento non è stato concesso a nessuno di avvicinarsi per cui la polizia ha attaccato con gas lacrimogeni chi avesse voluto seguire le urne per difenderle.
Con i primi risultati ufficiali le strade, nonostante il secondo superamento consecutivo dello sbarramento per Hdp, si sono iniziate a svuotare. Il partito di Erdogan ha ottenuto la maggioranza assoluta.
Le vie di Cizre si sono riempite dell’odore acre dei lacrimogeni sparati dalla polizia. Abbiamo sentito il rumore di varie raffiche di spari. Gli spari sono andati avanti per qualche ora. Ma poi è tornata la calma. Ma si sono subito rincorse le notizie di scontri in altre città del Kurdistan: a Diyarbakir è stata attaccata dalla polizia ed evacuata la sede locale di Hdp mentre a Nausabyn è esplosa un’autobomba causando undici feriti.
Alessio Arconzo,
Il Manifesto