L’avvocato di Ocalan: “Sabato in piazza a Roma e a Milano”

ROMA – “Da 23 anni Abdullah Ocalan vive un regime di isolamento assoluto, e questo accade sull’isola di Imrali, a un passo dall’Unione Europea. È come se un carcere del genere si trovasse vicino a Parigi, Roma o Berlino: inaccettabile“. Ibrahim Bilmez è l’avvocato di Abdullah Ocalan, leader del Movimento di liberazione del Kurdistan e fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), arrestato nel 1993 dopo aver ottenuto asilo politico in Italia e condannato all’ergastolo dalla giustizia turca che lo ha trasferito nel carcere di Imrali, un’isola nel Mar di Marmara.

Il suo intervento si è tenuto durante la conferenza stampa a Roma che l’Ufficio della cultura curda in Italia (Uiki) ha organizzato per presentare due campagne: Libertà per Abdullah Ocalan e Cancellazione del Pkk dalla lista delle organizzazioni terroriste. Due obiettivi che saranno al centro di due manifestazioni che si terranno il prossimo sabato, 12 febbraio, a Roma (piazza Esquilino alle 14.30) e Milano (piazza Cairoli alle 14.30).

L’avvocato ha aggiunto: “L’isolamento di Ocalan peggiora col tempo: da dieci anni non lo incontro, ma ora sono 18 mesi che non ne abbiamo notizie. L’ultimo contatto è stato a marzo 2021 quando era girata la voce che fosse morto di Covid-19. Quella possibilità fu accordata dopo che i detenuti in Turchia organizzarono uno sciopero della fame. Allora gli è stata concesso di parlare al telefono col fratello – la seconda telefonata in 23 anni – e la comunicazione è caduta improvvisamente”.

Il legale ha avvertito: “L’ultima volta che quattro miei colleghi lo hanno incontrato è stato nel 2019. Eppure la legge turca garantisce ai detenuti il diritto di parlare coi propri avvocati. Il governo dice che è Ocalan a non voler vedere i suoi avvocati ma non è vero perché nella sua telefonata a marzo Ocalan al fratello ha chiesto chiaramente un incontro“.

Bilmez ha denunciato ulteriori violazioni: “Non sappiamo cosa mangia, quali attività svolge e fino a tre anni fa sapevamo solo che aveva diritto a un’ora d’aria a settimana in cortile. Non gli vengono concesse telefonate o lettere, e la famiglia non ha informazioni sulla sua salute, neanche in periodo di pandemia. Non c’è neanche un interlocutore a cui porre queste domande“.

L’ultima visita dei famigliari è avvenuta nel gennaio del 2021. Bilmez ha concluso ricordando che esistono almeno due motivi per rivedere la posizione legale di Ocalan: “Il Consiglio d’Europa ha riconosciuto il diritto alla speranza”, ossia che dopo molti anni il detenuto ha diritto a chiedere la revisione di una sentenza, “e Ocalan ha più di 70 anni ormai”. A ciò si aggiungerebbe il fatto che “Ocalan ha sempre cercato una soluzione pacifica del conflitto tra i turchi e i curdi in Turchia”. Ultimo dato allarmante, secondo Bilmez: “In Turchia la libertà di stampa e manifestazione non esiste più, chi manifesterà il 15 febbraio per i 23 anni dalla cattura di Ocalan sa che rischia l’arresto e una condanna all’ergastolo per terrorismo“.

 

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