La Triplice Economia del Rojava

di Janel Biehl – Una presentazione di Abdurrahman Hemo, consulente per lo sviluppo economico del Cantone di Cizîre, Derik. Il 2 dicembre la delegazione accademica per il Rojava ha visitato il centro economico di Derik. Lì abbiamo ascoltato una presentazione sull’economia del Rojava di Abdurrahman Hemo, consulente per lo sviluppo economico del Cantone di Cizîre. Hemo ha spiegato quello che ha definito come tre economie parallele del Rojava: l’economia della comunità, l’economia della guerra, e l’economia aperta.

I. Economia della Comunità
Photo by Thomas Jeffrey MileyHemo: Il nostro progetto economico equivale al nostro progetto politico. Lo chiamiamo “economia della comunità,” e tutte le parti della società vi partecipano. E’ la cooperativa. Abbiamo iniziato a costruire cooperative in tutti i vari settori: abbiamo cooperative commerciali, cooperative di società, cooperative di costruzione. Il modello organizzativo per la nostra economia è la cooperativa. Il nostro obiettivo è quello di essere autosufficienti. Se vi è solo del pane, noi tutti ne avremo una quota. Questo è il principio fondamentale delle cooperative.

Da due anni stiamo cercando di sviluppare questa economia. Prima [della rivoluzione] la cultura era diversa, così ora abbiamo scuole per promuovere la mentalità della cooperativa. Abbiamo organizzato seminari e dibattiti, in modo che la comunità possa essere convinta che questo tipo di sistema sia il migliore. Attualmente la partecipazione è a un buon livello.

La principale attività economica del posto è l’agricoltura, e quindi la maggior parte delle cooperative sono concentrate sull’agricoltura. Questa è l’economia della nostra comunità. Gli altri Cantoni funzionano allo stesso modo.

Lasciatemi dire che in tutti e tre i cantoni siamo circondati, siamo sotto embargo. Il Rojava è ricco di risorse naturali e di agricoltura, ma non abbiamo ricevuto alcun investimento per le infrastrutture. A livello internazionale non c’è nessun investimento qui. A livello internazionale il Rojava non viene riconosciuto, non esiste. Se vogliamo sviluppare il Rojava, dobbiamo costruire tutto da soli.

Quindi, nel processo rivoluzionario, abbiamo creato aziende per sviluppare l’economia agricola, e per fornire i semi ai contadini in modo che possano continuare a coltivare le loro terre. Li riforniamo anche di gasolio per le macchine agricole.

Inoltre abbiamo creato aziende per raffinare il petrolio, per produrre gasolio e altri beni. Produrre diesel in realtà costa meno dell’acqua. Il costo dell’acqua è di 25 centesimi al mezzo litro, mentre un litro di diesel costa 25 centesimi. L’acqua è due volte più costosa del petrolio. Nel cantone di Cizîre abbiamo migliaia di giacimenti petroliferi. Ma al momento solo 200 sono attivi, perché dove potremmo inviare il petrolio? Noi siamo sotto embargo, non possiamo commerciare con il mondo esterno. Così sfruttiamo il petrolio per il nostro fabbisogno qui a Cizîre.

Alcuni campi petroliferi sono sotto il controllo dell’ISIS, un emiro possiede cinque o sei giacimenti petroliferi. L’ISIS può vendere il petrolio alla Turchia, hanno contatti con la parte turca e commerciano con la Turchia. Noi abbiamo migliaia di giacimenti petroliferi, ma non possiamo sfruttarli neanche per il fabbisogno del resto della Siria. Sfruttiamo il petrolio solo per il nostro fabbisogno, per il nostro reddito.

Abbiamo anche creato imprese per sviluppare le infrastrutture e per costruire strade asfaltate. Sono tutte aziende locali in quanto non riceviamo alcun aiuto dall’esterno.

D: Chi decide quanto produrre, cosa, e come distribuire il surplus?
Hemo: La situazione è complessa. L’auto-governo democratico, i comitati per l’agricoltura e la finanza e le aziende sono tutti soggetti coinvolti.

D: Chi possiede le aziende?
Hemo: Alcune delle aziende sono private – il cantone di auto-governo non ha alcun controllo su di loro. Alcune di loro hanno fatto accordi con l’autogoverno in modo da poter collaborare. Ad esempio, una compagnia petrolifera può essere di proprietà privata, ma ha un accordo con l’autogoverno. Noi possediamo il petrolio, loro ci danno il gasolio. La commissione dell’energia decide quanto puro dev’essere il prodotto e come tariffarlo. E’ lo stesso per l’agricoltura, ci sono aziende private che hanno accordi con l’autogoverno.

D: In che modo gli individui e le persone con famiglia guadagnano per vivere? Quali occupazioni ci sono? Le donne e gli uomini sono cambiati rispetto all’economia?
Hemo: Non c’è divisione del lavoro. L’agricoltura è la principale occupazione. Questa è un’economia di sopravvivenza. Non ci sono salari. Alcune persone vivono sfruttando una mucca.

II. Economia di guerra

oil

La seconda parte cospicua dell’economia del Rojava è l’economia di guerra. Sotto l’autogoverno democratico, il 70 per cento del bilancio viene speso per la difesa, per le YPG, YPJ, e Asayiş. La guerra costa 20 milioni di dollari americani ogni anno. Compriamo tutte le nostre armi, e le armi sono molto costose. Abbiamo un esercito che ha bisogno di vestiti e cibo. La necessità di finanziare l’esercito ci costringe a centralizzare l’economia di guerra, altrimenti sarebbe impossibile per i combattenti vivere in queste condizioni.

Il resto del bilancio è utilizzato dall’autogoverno per fornire servizi pubblici e per autofinanziarsi. In Rojava vengono finanziati tutti i costi delle scuole. Diamo alla scuola il gasolio. Prima della rivoluzione il regime finanziava le scuole, ma ora siamo obbligati a farlo noi. Provvediamo a riscaldare gli edifici.

E provvediamo al pane. Ogni famiglia può ottenere tre pani al giorno. [Sono schiacciatine lievitate, ed.] Ogni pane ci costa 100 lire siriane, e li diamo al popolo per 60 lire siriane. E lo dobbiamo sovvenzionare. Solo per l’approvvigionamento del pane per un mese per la popolazione, registriamo una perdita di 20 milioni di lire siriane.

D: Lei dice che il 70 per cento del bilancio va alla difesa, e il 30 per cento va ai servizi pubblici. Ma da dove viene il denaro? Non è possibile esportare il petrolio, e si consumano le proprie verdure.
Hemo: Il reddito deriva dalla vendita di prodotti petroliferi per l’economia locale.

D: La gente deve pagare per il petrolio?
Hemo: Sì. Tutto ciò che otteniamo è solo per noi.

D: Ma c’è una sola fonte, il petrolio, per il reddito domestico? Questo è quanto?
Hemo: Abbiamo anche un certo reddito dai valichi di frontiera.

D: Ci devono ancora essere persone dei vecchi tempi da queste parti che hanno più soldi di altri, una certa ricchezza. Non potete riscuotere da loro un qualche tipo di tassa o contributo?
Hemo: Abbiamo in programma di farlo. Ma la maggior parte della popolazione è molto povera. Abbiamo deciso di non riscuotere tasse dal popolo. Se lo facessimo, sarebbe tutto finito. Quindi non otteniamo alcun reddito fisso sotto forma di tasse per finanziare il sistema.

Dal momento che siamo sotto embargo, non otteniamo alcun aiuto esterno. Tutto quello che produciamo va per i nostri bisogni. Abbiamo elettricità in misura limitata, acqua potabile, le necessità della vita quotidiana. Ottenevamo energia elettrica da Raqqa, ma ora non più, l’ISIS controlla tutto. Tutto quello su cui dobbiamo fare affidamento sono i generatori di diesel.

Un sacco di persone sfollate vengono qui, nelle zone curde, e vivono in condizioni molto semplici. In questa situazione di guerra, le agenzie delle Nazioni Unite dovrebbero fornire l’elettricità e l’accesso all’acqua potabile. L’istruzione e la salute sono bisogni fondamentali. Alcune istituzioni umanitarie internazionali sono qui nei campi profughi, e dovrebbero aiutarci a fornire tali servizi, ma la loro presenza è solo simbolica.

Dall’inizio della guerra civile siriana, il regime di Assad ha ricevuto miliardi di dollari in aiuti umanitari dall’ONU, dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. Ma le zone curde non ricevono alcuna assistenza da parte delle organizzazioni umanitarie internazionali.

Nessuno stato ci aiuta a difenderci, e nessuno fornisce assistenza. Consumiamo il pane insieme, e se non c’è pane, non abbiamo il pane.

III. Open Economy

Photo by Janet Biehl

L’economia a Cizîre/Rojava funziona su una base di sopravvivenza. Gli altri cantoni, Afrin e Kobanê, dipendono dalla ricchezza di Cizîre. La nostra economia è vitale per gli altri.

Stiamo pagando tutti i costi per le istituzioni di autogoverno e servizi pubblici.

Non abbiamo alcun surplus da reinvestire. Non abbiamo i mezzi per sviluppare la nostra economia. Abbiamo bisogno di investire in altri settori, ma non possiamo. Non siamo in grado di creare un ambiente in cui tutti hanno la possibilità di lavorare, dove i professionisti possono ottenere posti di lavoro, perché non abbiamo i mezzi per creare imprese.

Il reddito dell’economia di comunità è tutto quello che abbiamo. I costi sono in crescita a causa della guerra. E l’amministrazione dell’autogoverno, che dobbiamo finanziare, in questo momento ha più membri.

Se non otteniamo alcuna apertura verso il mondo esterno la nostra economia resterà la stessa, e non ci sarà alcuno sviluppo. Abbiamo invece bisogno di investimenti esterni. Per organizzare il tutto, il governo ha approvato una legge chiamata “economia aperta”. Qualsiasi investitore esterno dovrebbe rispettare l’economia.

Ma non c’è stato alcuno sviluppo. La resistenza di Kobane è stata discussa a livello mondiale, ma ufficialmente il Rojava non esiste. Alle organizzazioni internazionali che vogliono agire da noi viene detto che devono passare attraverso il KRG o Damasco.

C’è un embargo politico contro di noi. Lo Stato turco non vede nulla di buono accadere qui. Il nostro confine con la Turchia è lungo 900 km. Ad Afrin c’è un valico di frontiera, ma è chiuso. Kobanê aveva un valico, e Cizîre ne aveva tre. Sono tutti ufficialmente chiusi.

Quando Al Nusra occupava Sere Kaniye [nel 2012-13], il valico di frontiera era aperto. Ma dopo l’espulsione di Al Nusra, i funzionari turchi hanno chiuso il confine con un muro di cemento. Abbiamo bisogno di aprire il confine con la Turchia, in modo che tutti i nostri Cantoni abbiano accesso al mondo esterno. All’interno della Siria, il nostro confinante è l’ISIS. Con l’Iraq, abbiamo solo un piccolo confine. Tre mesi fa, dopo l’occupazione del Monte Sinjar da parte dell’ISIS, il KRG ha aperto il cancello di confine, ma malvolentieri. Per ora abbiamo solo il valico di frontiera di Semalka con l’Iraq. Quelli che noi chiamiamo i nostri fratelli nel KRG, nel Sud del Kurdistan, di fatto agiscono nel loro interesse nell’aprire le loro frontiere; se non dovesse essere nel loro interesse, le chiuderebbero.

Dobbiamo cambiare questa situazione a livello internazionale, essere riconosciuti dalla comunità internazionale, per costringere la Turchia ad aprire il valico di frontiera.

D: Sembra che si stia chiamando il mondo esterno ad investire nel sistema esistente. Lei dice che non riuscite ad essere autosufficienti, ma l’autonomia, come in “autonomia democratica,” significa autosufficienza. Eppure si sta chiedendo agli outsider di aiutare. Contraddicendo anche l’autonomia democratica: lei ha parlato di un’economia centralizzata, che sarebbe un’economia fondata su uno stato. Non c’è una grande contraddizione tra i paradigmi politici ed economici?

Hemo: Sì, anche in questa situazione di guerra, vogliamo essere autosufficienti. Ma vediamo quali sono gli equivoci. Per aumentare la qualità della vita nel suo complesso, abbiamo bisogno di un qualche tipo di industria, abbiamo bisogno di elettricità. La nostra industria petrolifera è molto primitiva, possiamo appena produrre diesel. Abbiamo bisogno di costruire una raffineria, ma per farlo ci servono trecento milioni di dollari americani. Purtroppo le cooperative di comunità non riescono a sostenere quest’onere.

Abbiamo bisogno di elettricità. Per costruire noi stessi una centrale ci costerebbe quattrocento milioni di dollari, ma non li abbiamo. Le cooperative comunitarie non possono finanziarla. Però abbiamo comunque bisogno di energia elettrica. Quindi abbiamo bisogno di aiuto dall’esterno, privato o pubblico.

Non abbiamo fabbriche per la produzione di fertilizzanti per gli agricoltori. Abbiamo tutte le materie prime per la produzione di fertilizzanti, ma non abbiamo le fabbriche. Adesso siamo costretti ad acquistare fertilizzanti dall’Iraq. Abbiamo bisogno di 5 milioni di dollari per costruire una fabbrica di fertilizzanti. Le cooperative comunitarie non possono fornire quel denaro.

Abbiamo bisogno di loro affinché vengano qui, in modo da poter costruire una sorta di economia sociale insieme.

È per questo che ho descritto il sistema in termini di tre diverse economie. Tutte e tre insieme costituiscono la nostra economia, e dobbiamo svilupparle tutte e tre. L’attività principale rimane l’economia della comunità, ma non può stare in piedi da sola. Se dovessimo insistere solo sull’economia comunitaria, dureremmo forse uno o due anni. Dobbiamo finanziare la guerra. Se la situazione della guerra dovesse essere abbastanza stabile da poter sviluppare l’industria, ci apriremmo al mondo esterno, in un’economia aperta. In caso di apertura, dobbiamo sviluppare l’industria.

D: Quanto è grande l’economia aperta? Come si realizza?
Hemo: Abbiamo approvato una legge al riguardo, ma finora non abbiamo avuto investitori. Non hanno accesso al nostro Paese. Nessuno dall’esterno è venuto e ha investito qui. Tutto l’investimento è locale. Le società private sono tutte locali.

D: E la diaspora curda? Può collegarsi all’economia aperta?
Hemo: Siamo aperti per loro, ma nessuno è attivo. Non c’è nessun aiuto diretto. Forse è possibile. Si prega di organizzare.

D: Potrebbero altri paesi produttori di petrolio, come il Venezuela forse, aiutare con raffinerie?
Hemo: Abbiamo alcuni legami, e alcune persone hanno fatto promesse, ma in pratica non hanno fatto niente. C’è stata un po’ di comunicazione, ma … se siete a conoscenza di una società, si prega di aiutare.

D: E l’aeroporto?
Hemo: L’aeroporto di Qamişlo è occupato dal regime. Costruire un aeroporto potrebbe essere un progetto per sviluppare l’economia locale, se qualcuno fosse disponibile.

D: Come sarebbe un funzionamento ideale dell’economia?
Hemo: Il nostro obiettivo principale per lo sviluppo sarebbe sull’economia della comunità. Ma dovrà coesistere con l’economia aperta e l’economia privata. Ad esempio, abbiamo bisogno di fabbriche legate all’agricoltura. Abbiamo bisogno di impianti di trasformazione. Abbiamo bisogno di fertilizzante, della lavorazione del cotone. Produciamo il petrolio ma abbiamo bisogno di strutture per la produzione di materie plastiche, benzene. Se c’è un’apertura, possiamo creare strutture. Abbiamo bisogno di un certo tipo di economia comune, e le fabbriche dovrebbero essere di proprietà comune. Ma non creeremo un economia di stato, o un’economia centralizzata. Dovrebbe essere organizzata a livello locale.

Trascritto e curato per l’organizzazione e la concisione da Janet Biehl.