La democrazia lasciata in disparate

Questa settimana è fissata, a Ginevra, la ripresa dei colloqui delle Nazioni Unite destinati a tracciare un percorso verso un futuro pacifico e democratico per la Siria. Ma, con un assurdo colpo di scena, i rappresentanti legittimi di una vasta area del paese governata democraticamente non saranno invitati a partecipare.

Questa zona è chiamata Rojava, nella parte settentrionale della Siria, e nonostante la sua frequente descrizione come “kurda”, essa è governata in maniera inclusiva da kurdi, arabi, e altri gruppi etnici della zona. Inoltre, le sue forze di autodifesa fanno parte delle Forze Democratiche Siriane appoggiate dagli Stati Uniti, avanzate verso Raqqa, il centro del potere dello Stato Islamico in Siria.

Sia in termini strategici che morali, l’esistenza del Rojava è un raro punto luminoso in questo conflitto. Così l’esclusione dei suoi rappresentanti dal ​​processo delle NU non è solo ingiusto, ma anche insensato se lo scopo dei colloqui è quello di stabilire un percorso praticabile per la democrazia in Siria.

La ragione principale di questa ingiustizia è che la Turchia si oppone alla forza militare del Rojava, Unità di Protezione del Popolo, o YPG, sostenendo che essa sia l’altra faccia del PKK, un gruppo kurdo con una lunga storia di conflitto armato con il governo turco.

Questo non è vero. Entrambi i gruppi sono kurdi, ma i kurdi siriani, con i loro alleati arabi e il sostegno internazionale, sono bloccati in una lotta difficile, ma finora di successo, contro lo Stato Islamico. La lotta del YPG riguarda la Siria, non la Turchia. Il suo ruolo è quello di difendere le istituzioni di autogoverno nel nord della Siria (il partito di cui sono co-presidente, il Partito dell’Unione Democratica, è parte di questa coalizione politica, insieme ad altri partiti e organizzazioni della società civile).

È una domanda giusta chiedere che tipo di democrazia sia questa. La sua filosofia centrale è che le persone si dovrebbero governare dal basso verso l’alto, e quindi quanto più processo decisionale possibile è lasciato alle assemblee locali. Queste assemblee, inoltre, sono destinate a garantire una voce alle minoranze non curde e alle donne. Questa democrazia è reale e genuinamente inclusiva, e merita di essere sostenuta, non ignorata.

Questo sistema potrebbe essere un modello per tutta la Siria, un paese in cui qualsiasi sistema democratico funzionante dovrebbe includere tutti i gruppi etnici e religioni al fine di sopravvivere. Questo è il motivo per cui abbiamo proposto un modello di governo federale per la Siria. Una maggiore autonomia locale, senza smembrare il paese, offre una maggiore stabilità e inclusione rispetto al governo a distanza di Damasco. Questa soluzione realistica e pragmatica dovrebbe essere sul tavolo dei negoziati a Ginevra.

Purtroppo, anche se il Consiglio Nazionale Kurdo, che è sponsorizzato dall’amministrazione curda nel nord dell’Iraq e che sostiene di parlare per i kurdi siriani, è stato invitato ai colloqui come parte di una coalizione di gruppi di opposizione, esso non parla legittimamente per il Rojava. È stata presa la decisione di non invitare i nostri propri rappresentanti.

L’Unione europea e gli Stati Uniti, i quali avrebbero potuto spingere per la nostra inclusione, hanno i loro incentivi a placare la Turchia, inclusa la sua cooperazione con la risposta dell’Europa alla crisi dei rifugiati e la necessità di un sostegno turco nella campagna militare contro lo Stato Islamico. Comprendiamo le esigenze di realpolitik, ma l’esclusione del Rojava dai colloqui delle NU è miope e ingiusta.

La Turchia ha cercato di legittimare la sua opposizione con la propaganda falsamente raffigurante il Rojava come un progetto etnico per il dominio kurdo che mira a dividere la Siria. Essi hanno diffuso accuse grottesche di “pulizia etnica” da parte delle forze curde, notizie non sostenute da analisi più misurate come, per esempio, quelle della commissione d’inchiesta delle NU sulla Siria.
Abbiamo cooperato con le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali per i diritti umani. Se ci sono errori, puntiamo a correggerli. Esorto gli scettici a venire a vedere da sé la realtà della nostra democrazia inclusiva – che sta avvenendo ora, anche se non viene data molta risonanza dalla stampa internazionale.

Vogliamo fare causa comune con l’opposizione democratica in tutta la Siria, e quindi chiediamo agli Stati Uniti e alla comunità internazionale di agire immediatamente per porre fine alla nostra esclusione dai negoziati sul futuro del paese.

Questi negoziati dovrebbero coinvolgere tutti coloro che sostengono la pace e la democrazia. È ridicolo che le persone che in Siria stanno dimostrando più fortemente la loro fede in questi principi siano state tagliate fuori.

Saleh M. Mohamed è co-presidente del Partito dell’Unione Democratica.