Kalkan: Il PKK è la chiave per la soluzione della questione curda e per la democratizzazione della Turchia
Intervista a Duran Kalkan, membro del Consiglio esecutivo dell’Unione della Comunità del Kurdistan (KCK) sugli sviluppi e l’attuale situazione del processo di pace, 17 luglio 2013
(…) Il processo di soluzione non viene negoziato solo dal PKK e dall’AKP. Riteniamo che una simile valutazione del processo sia sbagliata. Il PKK ha avviato un processo che da la possibilità di partecipare ad ambiti il più possibile ampi della società. Anche la resistenza di Gezi è una conseguenza di questo processo.
Lo sviluppo della democrazia non è lavoro dell’AKP. Non può neanche essere compito solo del PKK. Per questo gli ambiti che ho appena citato devono prendere coscienza delle proprie responsabilità di lavorare con altre forze democratiche su una base il più possibile ampio e compiere gli sforzi necessari. Perché tutte queste persone hanno bisogno di democrazia. (…)
Si parla diffusamente del fatto che il processo di soluzione si è arenato. Il processo avviato in occasione della festa del Newroz non si basa su un accordo?
Nel nuovo processo di soluzione democratica avviato dal presidente, ci sono alcune difficoltà e problemi. Perché le due parti perseguono obiettivi diversi e ci sono divergenze di opinioni. Contrariamente a quanto alcuni credono e sostengono, il processo non si svolge sulla base di un accordo. Le cose non stanno così, non c’è stato un accordo preventivo tra le due parti e poi lo sviluppo del processo. Accanto alla fine dei combattimenti e della fase in cui le idee devono parlare al posto delle armi, non c’è un accordo tra le parti. Questo significa che i problemi devono essere risolti con la lotta democratica. Da questo punto di vista, si tratta di un processo complesso e complessivo di resistenza. Queste opinioni negano il carattere del processo. Viene trasmesso che il processo debba svolgersi senza resistenza.
Il processo viene veicolato consapevolmente in modo sbagliato?
Alcuni forse pensano che in questo modo porteranno il PKK alla sconfitta. Nessuno dovrebbe sognare una cosa del genere. Il PKK è la chiave per la soluzione questa curda e la democratizzazione della Turchia. Se la chiave perde, perderanno tutti.
Ocalan ha dichiarato che il processo è passato nella seconda fase. Tuttavia la parte turca ha dichiarato che non si può entrare nella seconda fase prima di aver concluso la prima. Che intenzioni ha il governo turco?
Il presidente Apo ha consegnato a noi ed al governo la terza Roadmap. Come sa, aveva presentato una Roadmap in precedenza, nell’agosto 2009. Ha presentato la seconda nel maggio Mai 2011 [nell’ambito del processo Oslo-Imrali] in forma di tre protocolli. Entrambi sono stati rifiutati dal governo e dallo stato turco. La Roadmap presentata nel 2013 ora è la terza. Come è avvenuto per le due precedenti, anche questa viene confermata. Anche l’AKP ha dimostrato di confermare. In questa, accanto alle basi della democratizzazione e della soluzione democratica della questione curda, accanto alla parte filosofica, c’è un piano di azione. Le cosiddette fasi corrispondono a questo piano di azione. La prima fase consiste nel cessate il fuoco. È iniziata con la fase avviata in occasione del Newroz e continua dall’inizio di giugno. La seconda fase è stata la democratizzazione. È iniziata all’inizio di giugno e dovrebbe concludersi entro il 2013. La terza fase è stata definita come normalizzazione. Dopo il successo delle due fasi inizia questa fase per una pace duratura. Per questa fase non è stato fissato un periodo di tempo definito.
C’è stata una Roadmap di questo tipo …?
Si, ci siamo mossi su queste basi. Abbiamo assolto i compiti che ci competevano nella prima fase.
Può elencare nuovamente i dettagli?
Prima del Newroz abbiamo rilasciato i prigionieri. Il 23 marzo abbiamo dichiarato il cessate il fuoco. È ancora in corso. Il 25 aprile abbiamo annunciato la ritirata della guerriglia che è iniziata l’8 maggio. I primi gruppi di combattenti hanno raggiunto il luogo della ritirata tra il 14 e il 15 maggio. Quindi da parte questa nostra prima fase di fatto è stata assolta.
Il governo dell’AKP in questa fase non ha fatto niente?
L’AKP in questa fase ha fatto alcune attività, ma non è stato così chiaro, rapido e ordinato come noi. Hanno cessato le operazioni, così è stato rimosso il cessate il fuoco. La Commissione dei saggi in questa fase è stata un’attività importante. Un’ulteriore commissione è stata formata in parlamento, così il parlamento è stato coinvolto nel processo.
Nell’ombra di questo, ci sono state anche cose insufficienti che hanno ostacolato i vostri lavori e mostrato reazioni immediate?
Certamente, mi faccia spiegare: le operazioni, in effetti, sono cessate, ma non la costruzione di postazioni militari, i voli di ricognizione dei droni, il reclutamento di guardiani dei villaggi e la costruzione di strade e dighe a scopi militari. Su questo abbiamo espresso critiche fin dall’inizio. Abbiamo dichiarato che l’arresto delle operazioni era insufficiente, ma che anche le attività militari che contraddicono lo spirito del processo dovevano cessare. L’AKP non ha fermato tutto questo; più volte il presidente del consiglio e il portavoce dell’AKP hanno dichiarato che non avrebbero cessato queste attività.
La Commissione dei saggi è rimasta superficiale. È solo una commissione che redige rapporti e che ha fatto un po’ di propaganda tra la popolazione. Non hanno varato una legge per l’osservazione del processo avviato dal presidente Apo.
A metà maggio/inizio di giugno abbiamo raggiunto il punto per il passaggio nella seconda fase. E ora?
Abbiamo riferito la situazione al presidente Apo tramite una lettera alla delegazione. Al più tardi il 20/25 maggio ci sarebbero dovuti essere l’incontro e la consegna della lettera. Su questa base ci sarebbe stata una valutazione e si sarebbe fissata la seconda fase. Ma in questo ci sono state distrazioni e incurie.
Quali incurie?
La nostra lettera è stata consegnata tardi al presidente. La visita della delegazione del BDP a Imrali ha avuto un ritardo di più di quindici giorni. L’incontro che si sarebbe dovuto tenere al massimo il 25 maggio, c’è stato solo il 7 giugno. Ma la nuova fase avrebbe dovuto iniziare il 1 giugno. Per questo andavano avviati dei passi. Eravamo pronti per la fase successiva. L’AKP lo ha impedito.
Non è un’affermazione forte dire che ‘L’AKP lo ha impedito’?
È evidente. L’AKP ha tentato di diffondere incertezza. Non dicono la verità. Prima i portavoce dell’AKP hanno detto: ’Perché si da tempo al PKK, non deve averne.’ Non fissano un momento preciso, questo porta incertezza. Se il periodo di tempo fosse fissato con precisione, non potrebbe agire in questo modo.
Ci sono anche chi dice: ‘Il PKK rallenta, rimanda e intralcia …’
Questa affermazione è una mancanza di rispetto. Ci siamo fatti carico dei rischi e abbiamo lavorato. È stato forse facile portare i gruppi dal 14 al 15 maggio dal Kurdistan settentrionale nelle zone di difesa di Meder?
Perché l’AKP dovrebbe avanzare simili motivazioni?
LAKP vuole rallentare il processo e renderlo più difficile e crea le apposite giustificazioni. Cerca di spostare la pressione da parte dell’opinione pubblica contro di noi. Questo in fondo è lo stile politico dell’AKP.
Successivamente c’è stato un nuovo incontro con Öcalan. Quel’è stata la sua reazione?
Il presidente Apo a fronte dei ritardo del passaggio nella seconda fase ha mostrato una reazione molto dura. Ha dichiarato che se ci si comporta in questo modo, il processo si sarebbe concluso. Ha esortato l’AKP a non confondere la situazione con le proprie affermazioni.
Questo ha provocato una risposta positiva da parte del’AKP?
Dopo ha tentato di compiere passi in modo molto debole. La delegazione e il fratello di Öcalan hanno potuto visitarlo e anche i lavoro della Commissione costituzionale sono ripresi. Ci sono state discussioni sulla costituzione.
Cosa si può dire nella situazione attuale della politica dell’AKP?
La realtà che si può osservare è la seguente: l’AKP non vuole interrompere il processo, ma non vuole nemmeno fare il necessario per il progredire del processo. Vuole una prosecuzione del processo, ma non trasformazioni democratiche e una soluzione politica democratica della questione curda. Questa è la politica dell’AKP. Tutti dovrebbero riconoscerlo. Non è così solo adesso, è sempre stato così.
Se l’AKP è così poco affidabile e così antidemocratico, perché il PKK ha avviato un processo del genere?
Vede, l’AKP non è forte. L’AKP è indebolito e soprattutto è sotto pressione. Non è, come spesso si afferma, uscito rafforzato dalle elezioni del 2012. Anche nella fase degli scontri armati nel 2011 e 2012 non hanno avuto successo. Per questo al momento ha paura di perdere la propria posizione di potere. Quindi è sotto pressione. Le elezioni si avvicinano e vuole assolutamente vincere queste elezioni. Per vincere le elezioni, ha bisogno di un cessate il fuoco, di un’atmosfera pacifica. E proprio questo è nelle mani del PKK. Ora, se per mantenere il potere vuole un cessate il fuoco, come contropartita deve dare qualcosa. E su questo punto il PKK presenta le proprie richieste. E il PKK vuole una completa democratizzazione della Turchia. Non c’è un’altra via. Se l’AKP acconsten, può vincere le elezioni. Se non lo fa, le elezioni non saranno accompagnate da un cessate il fuoco. (…) Il movimento di liberazione curdo quindi vuole usare questa situazione a favore dei popoli della Turchia e del popolo curdo.
Ora il piano del governo turco ‘cessate il fuoco – atmosfera pacifica – vittoria alle elezioni’ è fallito?
Il piano è parzialmente fallito. Proviamo a dare al processo una profondità molto maggiore. Invece di un mero cessate il fuoco è iniziata la ritirata e in cambio vengono chiesti passi per la soluzione della questione curda. Nonostante l’AKP abbiamo portato il processo fino a questo punto. E insieme a tutte le forze democratiche e rivoluzionarie proveremo a portare molto più avanti questo processo.
Ma l’AKP, in effetti, ha ancora margini di azione oltre ad impegnarsi nel processo?
Penso di si. Già domani può fare alcune superficiali modifiche legislative che non vanno nel senso della democratizzazione, ma solo quella di rafforzare ulteriormente la base del proprio potere. In questo modo può anche avvicinarsi ad una nuova costituzione e ingannare l’opinione pubblica. Può sostenere: ‘Guardate, ho mantenuto la parola e messo in atto i necessari cambiamenti ‘, per rimuovere in questo modo la pressione in favore di riforme democratiche che pesa sulle sue spalle. Il modo di procedere che l’AKP ha avuto fino ad ora nell’attuale processo di soluzione è comunque stato di questa natura. Lo stesso comportamento che ha avuto anche nel referendum costituzionale del 2010. Alla luce di una presunta democratizzazione ha solo rafforzato la propria posizione di potere. Il tipico modello comportamentale dell’AKP. Bisognerebbe saperlo.
Quali vantaggi spera di ottenere l’AKP con questo comportamento?
Con questo comportamento l’AKP vuole vincere le elezioni! È completamente focalizzata sul fatto di vincere di nuovo le elezioni. E con questo comportamento sfugge alla pressione di dover avviare passi democratici.
E nonostante questa strategia, è ancora possibile indurre l’AKP ad avviare dei passi?
Come ho già detto, l’AKP non è pronto ad portare avanti spontaneamente una democratizzazione. Il presidente del consiglio turco poco fa ha dichiarato che non è pronto ad abbassare la soglia elettorale. Questo significa che l’AKP non vuole toccare l’impostazione della costituzione che deriva dal colpo di stato militare del 1980. Vogliono sfruttare questa impostazione per i propri interessi. Non credo neanche che l’atteggiamento dell’AKP su questo punto possa cambiare. Questa quindi è l’ideologia, l’atteggiamento strategico dell’AKP.
Ma questa appunto è solo teoria. Tuttavia l’AKP, proprio quando si trova in difficoltà, può essere spinto a compiere passi democratici. Su questo l’AKP procede in modo molto pragmatico. Per mantenere il proprio potere è pronta a fare tutto, alle brutte anche ad avviare passi democratici. Se viene rafforzata la pressione sull’AKP, dovrà anche fare dei compromessi.
Come si può aumentare la pressione sull’AKP? Come possono fare le forze democratiche in Turchia ad entrare nel processo di soluzione?
Se le forze democratiche prendono correttamente posizione e fanno una forte resistenza, possono indurre l’AKP a fare i passi giusti. Questa è la particolarità del processo di soluzione. Questo compito spetta alle forze democratiche, ai popoli oppressi, alle donne, ai giovani, ai lavoratori. Se queste realtà si tirano indietro rispetto al processo di soluzione e pensano che la soluzione venga negoziata unicamente tra il PKK e l’AKP, fanno uno sbaglio. Il processo di soluzione non viene negoziato solo tra il PKK e l’AKP. Una simile valutazione del processo secondo noi è sbagliata. Il PKK ha avviato un processo che da la possibilità di partecipare a parti il più possibile ampie della società. Anche la resistenza di Gezi è una conseguenza di questo processo.
Lo sviluppo della democrazie non è lavoro dell’AKP. Ma questo non può neanche essere compito solo del PKK. Per questo tutte le realtà che ho appena citato, devono prendere coscienza della propria responsabilità e lavorare per questo con tutte le forze democratiche su una base comune e compiere gli sforzi necessari. Perché tutte queste persone hanno bisogno di democrazia.
Quali passi urgenti vanno avviati perché il processo possa progredire e sciogliere i dubbi all’interno della società?
In primo luogo va superata la negazione del popolo curdo nella costituzione e migliorate le condizioni di detenzione del nostro presidente. Queste per noi sono condizioni che sono imprescindibili per un avanzamento del processo. Questo lo abbiamo dichiarato anche all’opinione pubblica. A questo punto posso anche affermare che ci è stato assicurato che su queste condizioni ci saranno delle aperture. La costituzione dovrebbe essere elaborata in modo tale che non appaia più la negazione delle curde e dei curdi; ci è stato comunicato questo. Anche rispetto alla situazione del nostro presidente si è detto che ci sarebbero stati dei miglioramenti. Così si vorrebbe fare in modo che vengano protette le sue condizioni di salute. Di conseguenza dei medici avranno la possibilità di visitarlo senza problemi. Verrebbero anche create le condizioni perché il nostro presidente possa lavorare. Ora dicono che stanno facendo le attività necessarie perché questo possa essere realizzato. Solo che per ora non si vede nulla.
Ocalan dice che entro ottobre il processo dovrebbe essere completato …
Certamente, anche noi chiediamo che entro la metà di ottobre venga fatta una profonda riforma democratica. Questo equivarrebbe ad una rivoluzione democratica in Turchia e noi appoggeremmo una simile rivoluzione con tutte le nostre forze. A questo siamo pronti. Ma se questo non dovesse funzionare, nessuno deve pensare che il PKK e le curde e i curdi non abbiano alternative. Siamo preparati anche a questa eventualità. Per questo sappiamo anche che può verificarsi l’esatto contrario, che ci possono essere sviluppi pericolosi. Non è mia intenzione minacciare o mettere in guardia qualcuno con queste affermazioni. Voglio solo che i dati di fatto siano noti all’opinione pubblica nel momento giusto.
Per questo diciamo che entro la metà di ottobre, ovvero già durante quest’estate, devono essere migliorate le condizioni del nostro presidente ed essere avviata una profonda riforma democratica. Tutti devono avere presenti i propri compiti, il parlamento fare meno ferie e la commissione parlamentare lavorare di più. Ci troviamo in una fase straordinaria, per questo tutti devono essere all’altezza delle proprie responsabilità.
Yeni Ozgur Politika, 17.07.2013