Jamila, la dottoressa che sfida la guerra

Dalla battaglia per la liberazione di Raqqa fino ai bombardamenti turchi su Afrin, è stata sempre in prima linea per aiutare la sua gente. La storia di Jamila.

Quando è stata eletta co-presidente di Heyva Sor a Kurd (HSK) – la Mezzaluna Rossa Curda, associazione con cui Un Ponte Per… lavora ormai da anni nel nord est della Siria – hanno faticato non poco per convincerla ad accettare. Lei continuava a ripetere che il suo lavoro era in prima linea, con il resto del team.

Jamila è una volontaria ed una veterana della HSK: da Kobane a Mambic è sempre stata a bordo delle ambulanze che soccorrevano i feriti in fuga da Daesh. L’abbiamo conosciuta l’estate scorsa, quando abbiamo iniziato a lavorare a Raqqa. Nel luglio del 2017 infatti abbiamo aperto due Centri di stabilizzazione dei feriti alla periferia della città, per garantire prima assistenza alle persone in fuga dalla battaglia per liberare Raqqa dalla presenza di Daesh. Jamila guidava il Centro nella zona est, unica donna in un gruppo di 30 persone: medici, infermieri, paramedici e autisti delle ambulanze che avevamo dislocato nei pressi della città. La sua esperienza, il suo coraggio, la sua deter- minazione e il suo sorriso, ne hanno sempre fatto una leader naturale. Ogni volta che c’è stata un’emergenza in questi mesi, ogni volta che un paziente entrava nei nostri Centri, era sempre lei, giorno e notte, a prendere in mano la situazione a coordinare l’intervento.

In emergenza bisogna lavorare in fretta: 20 minuti è il tempo massimo a disposizione per stabilizzare le persone ferite, prima di rimetterle a bordo di un’ambulanza e portarle nell’ospedale più vicino.

A settembre il suo sangue freddo è stato messo a dura prova. Erano le fasi finali della liberazione di Raqqa, e le forze della Coalizione internazionale avevano ormai circondato gli uomini di Daesh. Nel giro di poche settimane la città sarebbe stata completamente liberata. Per la precisione, il 20 ottobre 2017. Una mattina, poco prima dell’alba, un gruppo di guerriglieri di Daesh è riuscito ad infiltrarsi nella zona dove si trovava il no- stro Centro di primo soccorso. Hanno sferrato un at- tacco, e Jamila si è lanciata per strada per trascinare dentro i feriti e prestare loro le prime cure. Ha sfidato le pallottole impazzite, per salvarli ad ogni costo. Con lei, il nostro team è rimasto asserragliato dentro il Cen- tro per 3 giorni, sotto l’attacco dei miliziani, tutte le vie di fuga bloccate. A rassicurare tutto il gruppo ancora lei: in tanti erano alla loro prima esperienza e, terro- rizzati, avrebbero voluto fuggire. Jamila è riuscita a te- nere alto il morale. A rassicurarli, spiegando loro l’importanza dell’aiuto che avevano da offrire.

Dopo la liberazione di Raqqa, quando si festeggiava la fine delle ostilità, Jamila avrebbe potuto riposarsi; ma è stato più forte di lei: si è ributtata subito nel lavoro e si è messa alla ricerca di una struttura all’interno della città dove poter spostare il nostro Centro di stabilizzazione, per poter stare più vicino alla popolazione che comin- ciava a rientrare in città.

A novembre, durante l’Assemblea di HSK, è stata eletta co-presidente. Il voto è stato espresso all’unanimità.

L’idea di sedersi ad una scrivania non la entusiasmava, ma l’associazione ha voluto che fosse lei a rappresentarla. Una donna coraggiosa, che nei momenti più difficili non si è mai arresa. E così, Jamila si è lanciata in questa nuova avventura, con la stessa passione e determinazione che aveva riservato alla cura dei feriti.

Il lavoro nelle retrovie, però, dura poco purtroppo. E’ il gennaio scorso quando scatta l’operazione “ramoscello d’ulivo”, e la Turchia lancia un pesante bombardamento sulla città di Afrin, le cui vittime principali sono donne e bambini. Heyva Sor a Kurd si attiva immediatamente per la popolazione, che si è rifugiata negli scantinati e nelle grotte. Portano acqua, latte, cibo per i bambini, medicinali. A coordinare l’intervento dei medici e delle ambu- lanze, c’è lei. Non ci ha pensato un attimo ad offrirsi volontaria ancora una volta.

È rimasta ad Afrin sino alla fine dei combattimenti, ed è stata tra le ultime ad andare via, quando le truppe turche sono entrate in città. Non se ne voleva andare, diceva che c’erano ancora persone che avevano bisogno di cure mediche.

L’ultima volta che ci siamo sentite era l’8 marzo, per la Giornata Internazionale della Donna. Era insieme a mi- gliaia di altre donne che da tutto il nord est della Siria erano arrivate ad Afrin per sostenere la popolazione, che stava resistendo sotto le bombe turche. “Se il mondo ci potesse vedere…”, mi ha detto. “Se soltanto il mondo po- tesse vedere questa distruzione, i volti della gente, le voci dei bambini… se solo potesse, allora tutto questo verrebbe fermato”.

Sono persone come Jamila quelle con cui lavoriamo ogni giorno, e che siamo fieri e fiere di affiancare. Sono per- sone come lei che ricostruiranno la Siria quando questa guerra e questa distruzione avranno fine, e che avranno bisogno di tutto il nostro sostegno.

Di Adriana Rosasco, operatrice di Un Ponte Per…
Jamila all’esterno di un centro di primo soccorso. raqqa, settembre 2017. Foto di arianna pagani.

25 Settembre a ROMA –

http://www.uikionlus.com/roma-incontro-con-co-presidenti-di-heyvasor-a-kurd-rojava-il-25-settembre/

29 Settembre a LIVORNO

http://www.uikionlus.com/livorno-incontro-con-i-co-presidenti-di-heyva-sor-a-kurd-rojava-il-29-settembre/