Isis ed Erdogan odiano le donne: il martirio di Ekin Van

di Fabio Marcelli – La questione della liberazione della donna è questione fondamentale in tutto il mondo. In certe regioni, come il mondo arabo e islamico, è tuttavia ancora più fondamentale che in altre. E’ evidente come le rivoluzioni arabe siano naufragate proprio per la loro incapacità di dare una risposta adeguata a tale questione, che è importante anche perché determinate interpretazioni (non tutte) della religione islamica prevedono un ruolo subalterno delle donne, assoggettate a una condizione di sostanziale schiavitù.

Al mantenimento di questa condizione di oppressione sono interessate le forze reazionarie esistenti in questa regione che, probabilmente a ragione, ritengono che la conservazione del loro potere dipenda dalla piena riaffermazione del loro potere sui corpi e la vita delle donne. Due casi particolarmente evidenti, a voler tacere delle monarchie del Golfo, Arabia Saudita in testa, sono costituiti dal regime islamista di Erdogan in Turchia e da quello instaurato dall’ISIS in ampie zone dell’Iraq e della Siria.
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Esistono delle convergenze strategiche fra Califfo e Sultano, entrambi interessati a spodestare definitivamente Assad e a contrastare l’avanzata delle Kurde e dei Kurdi. Ciò è chiaramente rivelate dalle molte facilitazioni che il regime turco continua ad offrire ai tagliatori di teste vestiti di nero e non traggano in inganno i bombardamenti simbolici dell’esercito turco su qualche postazione dell’ISIS, infinitesima parte delle bombe destinate ai combattenti del PKK e al popolo kurdo, che hanno fatto nelle ultime settimane oltre 770 vittime, in gran parte civili. Al di là di tali convergenze va registrata una assonanza ideologica fondamentale. ISIS ed Erdogan odiano le donne e sono disposti a tutto pur di stroncarne il ruolo autonomo e di interromperne il percorso di liberazione.

Dimostrazioni di questo odio non mancano certo. Dal costante tentativo di Erdogan di ridimensionare i diritti delle donne acquisiti nella particolare situazione dello Stato turco alla schiavitù sessuale delle donne facenti parte delle minoranze religiose introdotta dall’ISIS nei territori che ha occupato. Certamente si tratta di aspetti diversi, data la diversità dei contesti, ma di un unico fenomeno: il maschilismo estremo dovuto alla volontà di conservare le tradizionali strutture di dominio basate sull’interpretazione retrograda della religione islamica. Una delle tante possibili, come va ripetuto senza posa ai seguaci di Oriana Fallaci. Una delle tante possibili, dato che si parla anche di femminismo islamico e l’esistenza del movimento delle donne kurde, che praticano legittimamente anche l’autodifesa armata, sta lì a dimostrare questa possibilità.

Proprio contro questo movimento è stata perpetrata nei giorni scorsi una nuova atrocità. La combattente kurda Kevser Elturk (Ekin Van) è stata catturata dai militari turchi, torturata e uccisa e il suo corpo nudo è stato esposto in segno di monito in una cittadina kurda. Più di tanti discorsi questo atto disumano, che non deve restare impunito, dimostra di che stoffa siano fatti gli scherani di Erdogan e perché essi in fondo siano molto simili ai loro compari dell’ISIS che sostengono e proteggono in tutti i modi.

Come affermato dai giuristi democratici:”​Nonostante la Turchia sieda nel Consiglio d’Europa e​d abbia ratificato, tra le altre, la CEDU, la Convenzione contro la Tortura, ​la CEDAW e la Convenzione di Istanbul, nel momento in cui ha permesso che agenti dello Stato torturassero la combattente curda e ne lasciassero esposto il corpo martoriato, nudo, nel centro della città di Varto, non solo ha violato i suoi obblighi internazionali, ma si è posta alla pari dell’ISIS per la brutalità con cui viola sistematicamente i diritti umani del popolo curdo. La diplomazia degli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbe attivarsi immediatamente per impedire oltre i bombardamenti e le azioni di polizia nelle municipalità curde, che ogni notte continuano a mietere vittime tra i civili ed a rendere insicura la vita degli abitanti e dei rifugiati che popolano queste aree”.

Oltre ai soliti lamenti per le vittime dell’ISIS, da ultimo l’anziano direttore degli scavi di Palmira, vorremmo poter leggere parole di appoggio concreto a chi si organizza per fronteggiare i tagliagole, innanzitutto le combattenti e i combattenti kurdi di PKK, YPG e YPJ.

Il Fatto Quotidiano