Intervista a Salih Muslim sul G20 e la visione del Rojava
Immagini qualcuno che non ha mai sentito parlare del Rojava e che Lei abbia un minuto di tempo per spiegare. Cosa racconta del Rojava? Cosa è importante per Lei?
Il Rojava è una parte della Mesopotamia che da secoli è esposta ad attacchi, sfruttamento e occupazione. Anche il Rojava era sotto occupazione. Un ulteriore attacco si è verificato recentissimamente da parte dello Stato Islamico (IS). IS in questo modo voleva impedire uno sviluppo democratico a Şengal (Sinjar), Ninova e nel Rojava. I curdi si sono opposti. Nella lotta per la democrazia e una vita dignitosa nella regione a livello mondiale hanno assunto un ruolo di avanguardia.
Lei partecipa alvertice G20 alternativo ad Amburgo. Che significato ha il G20 dal suo punto di vista? Quali nessi vede tra il G20 e gli eventi nel e intorno al Rojava?
Il vertice G20 è un incontro dei ricchi nel quale si vuole stabilire una politica comune. Si tratta di salvaguardare i loro interessi. Quindi è un incontro della modernità capitalista. La grande maggioranza degli esclusi non deve accettarlo. Ci sono contenuti alternativi alla politica di questi potenti e molte persone manifestano per questo a livello mondiale. Un modello alternativo tuttavia non è percepibile da nessuna parte al mondo. Il Rojava è l’alternativa vivente alla politica dominante dei potenti che si chiamano G20. Quelli che vengono fatti nel Rojava sono solo i primi passi per l’autodeterminazione dei popoli, ma li svilupperemo. Siamo fermamente convinti che il modello Rojava sia l’alternativa giusta per le persone contro il potere del capitale.
Nel vertice G20 alternativo, Lei e altri ospiti discuterete su alternative alle politiche dei governi del G20. Perché dal Suo punto di vista abbiamo bisogno di alternative e quali alternative vuole promuovere?
Il G20 rappresenta gli interessi del capitale e dei governanti. Il loro sistema di dominio ha una dimensione economica incredibile. Cercano di dominare il mondo intero. A questo dominio dei ricchi opponiamo la democrazia diretta radicale. Costruiamo un sistema alternativo dal punto di vista della distribuzione del potere e dell’economia. È evidente che la modernità capitalista non rappresenta gli interessi delle persone. Sfrutta le risorse della nostra terra e le persone. Si basa su durissimi interessi di potere e sulla massimizzazione dei profitti. Non rappresenta gli interessi delle persone e delle società, ma serve ai pochi che dispongono del capitale e di potere. La grande maggioranza delle persone ne è esclusa. Il nostro mondo ogni giorno sanguina per questo. L’alternativa è una democrazia radicale sia nell’ambito della distribuzione del potere che nel settore economico nella forma di autogoverno e cooperative. È questo che cerchiamo di mettere in pratica nel Rojava.
In quale misura il Rojava è un’alternativa al sistema occidentale capitalistico? Quali spunti funzionano? Quali sono i campi di azione urgenti? Quale visione del Rojava La muove?
Il nostro sistema, che è ancora in costruzione, è un’alternativa al sistema capitalista occidentale o alla modernità capitalista. Tutte le imprese che abbiamo compiuto fino ad ora sono impostate per durare nel tempo. Ma siamo esposti ad attacchi incredibili. Costruiamo una democrazia diretta attraverso strutture di autogoverno con un sistema di consigli. I diritti delle donne e la loro autodeterminazione in questo sono caratteristiche importanti. Si tratta della costruzione nuova di una società che si auto-organizza, nella quale diversi gruppi sociali si organizzano in modo paritario e possono condurre insieme una vita autodeterminata. È questo che ci entusiasma, ci riempie di gioia di vivere e può anche essere definito come la visione del Rojava. Costa molta forza perché per questo è necessaria una nuova cultura del pensiero che per molti significa anche una perdita di potere. Le persone devono poter vivere e agire in modo autodeterminato. Si tratta della liberazione della società. La società viene munita di nuova forza vitale e decide di se stessa.
Il vertice G20 alternativo ha il titolo »Vertice per la Solidarietà Globale«. Cosa significa per Lei »solidarietà globale«?
Il vertice alternativo al G20 si basa sulla solidarietà a livello mondiale, già questo rappresenta un’alternativa. Il vertice G20 è un incontro dei governanti, di coloro che dispongono del capitale e delle strutture di dominio. Il nostro vertice è un vertice della solidarietà globale, di tutti coloro che sono svantaggiati, sfruttati e privati dei diritti. Si tratta di svilupparlo ulteriormente e di sviluppare passo per passo una solidarietà globale per poter elaborare nella lotta comune una posizione alternativa. Per questo dobbiamo rafforzare alternative esistenti come quella del Rojava e costruirne di nuove. La lotta nel Rojava dovrebbe ridare alle persone coraggio e nuova speranza. Un altro mondo rispetto a quello che ci vuole imporre il G20 è possibile e a mio parere urgentemente necessario. Si tratta di lottare per questo a livello globale e di rafforzarsi reciprocamente. Solo insieme abbiamo la possibilità di sviluppare una vera alternativa. Questo vertice alternativo potrebbe essere un inizio.
Dal Suo punto di vista quali rapporti di forza bloccano alternative utili? Quali strategie vede per i movimenti sociali e ecologici per far girare la ruota dei rapporti di forza?
Una pratica alternativa influenza anche le strutture di potere. Indebolisce i sistemi gerarchici e militaristi e mette fine ai modelli dispotici. Apre la strada per movimenti sociali e una ristrutturazione della società verso maggiore libertà e autodeterminazione. Una società consapevole non distruggerà la natura e non arrecherà danni all’equilibrio ecologico. Se una società vuole proteggersi, deve agire in modo ecologico. Quindi ai rapporti gerarchici e orientati al profitto, ai quali le società sono sottoposte, va messa fine attraverso l’educazione/informazione. Andrebbe perseguita una democrazia radicale, una democrazia diretta. In questa le strutture di potere, il dispotismo, nazionalismo o un dominio nel nome di un popolo non devono trovare posto. Vanno costruire società nelle quali questi fenomeni non c’entrano niente. Le società non sono mai state nemiche tra loro. Vanno create le condizioni per una vita comune paritaria, così stiamo cercando di farlo ora nel Rojava. Diversi gruppi di popolazione come curde e curdi, arabe e arabi, armene e armeni, turkmene e turkmeni o assire e assiri devono vivere insieme con parti diritti e in modo autodeterminato. Così si impediscono nazionalismo, distruzione e guerra.
Dal Suo punto di vista cosa deve succedere per arginare la guerra in Siria a breve termine e metterle fine nel medio termine? Quali misure sono necessarie secondo Lei per garantire la vita in Siria per tutte le persone che ci vivono?
Per mettere fine alla guerra in Siria, per prima cosa devono ritirarsi le potenze straniere. Sia le forze regionali che quelle internazionali devono smettere di intervenire in Siria. Sia le forze che sostengono il regime, che le altre forze che conducono una guerra per procura tramite gruppi terroristici e jihadisti devono immediatamente cessare le loro attività. Le persone in Siria dovrebbero parlare per sé senza ingerenze dall’esterno. Erano loro che volevano sbarazzarsi del regime dittatoriale e dispotico. Alcuni sono stati al loro fianco, altri hanno sfruttato la situazione. Le potenze straniere devono smettere di continuare ad alimentare la guerra. Allora le persone in Siria saranno in grado di vivere in modo autodeterminato e di decidere da sé sulla base di quali presupposti vogliono vivere una vita paritaria. Sono convinto del fatto che il nostro modello di un’autodeterminazione democratica e di un sistema federale verrebbe accettato se avessimo la possibilità di poterlo presentare a tutte le persone in Siria. Questo modello del confederalismo democratico è una prospettiva di vita realistica per la Siria. Rappresenta un nuovo inizio. In questo modo in Siria può nascere la pace perché prevede che tutti possono decidere per se stessi, ogni villaggio, ogni città e ogni forma di vita.
Uno sguardo al futuro: cosa si aspetta per i prossimi anni?
Sono dell’idea che la guerra in Siria per via della collisione di interessi tra le diverse forze durerà ancora diversi anni. Purtroppo una soluzione è lontana, dato che le diverse parti in questo conflitto non credono in una soluzione, alla pace e a una via d’uscita politica. Per noi questo significa che continueremo il nostro percorso. Il nostro obiettivo resta di raggiungere la pace e di cambiare la mentalità delle società in Siria. Continueremo a combattere per questo.
Ha ancora a cuore qualcosa che abbiamo dimenticato di chiedere? Una risposta a una domanda di Sua scelta!
In conclusione voglio ancora dire: dobbiamo sviluppare una solidarietà pratica globale. I conflitti a livello mondiale non si risolvono con la guerra e gli scontri violenti. Dobbiamo imparare a affrontare le contraddizioni e agire in modo da raggiungere un cambiamento dei rapporti attraverso un cambiamento del modo di pensare. Un progetto del genere sarà lungo e complicato. È una questione sociale e non una dichiarazione di guerra contro qualcuno quello che stiamo cercando di costruire nel Rojava, democrazia diretta e strutture di autodeterminazione, cooperative e un modo di vivere collettivo. Stiamo solo cercando di organizzare la nostra società e di sostenere i nostri diritti. Questi sforzi non dovrebbero trovare un rifiuto. Anche i componenti del G20 per mantenere le apparenze, non potranno dire niente contro di noi, perché loro stessi sostengono di impegnarsi per la democrazia. Ma la nostra concezione di democrazia è diversa nella sostanza.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito Civaka Azad per cortese concessione della redazione di Kurdistan Report e contiene un contributo di Salih Muslim per il vertice G20 ad Amburgo.
S.Muslim, co-presidente del Partito dell’Unità Democratica (PYD), per Kurdistan Report luglio/agosto 2017