Il tentativo di Erdoğan di salvare il suo potere
L’AKP è arrivato al potere in un periodo nel quale il movimento di liberazione curdo aveva dichiarato una tregua e aveva ritirato le sue forze combattenti dalla Turchia. All’epoca prospettava democrazia e libertà. Al neo-fondato AKP venne aperta la strada per la presa del potere addebitando al governo Ecevit la crisi economica causata dalla brutale guerra in corso in Turchia da 15 anni. Con la promessa di democrazia e libertà, l’AKP riuscì a conquistare il sostegno di numerose forze interne ed esterne. Le curde e i curdi vennero distratti dando la prospettiva di una soluzione della questione curda. Poco dopo la presa del potere, Erdoğan aveva ancora parlato del fatto che fintanto che non ci si pensava, non ci sarebbe stato un problema curdo. A questa politica di negazione la guerriglia rispose riprendendo la lotta armata che alla fine costrinse Erdoğan a riconoscere quanto segue: „C’è un problema curdo e è anche un mio problema“. Ma a parte manovre di distrazione, non intraprese passi reali per una soluzione della questione curda. Questa politica di distrazione terminò nell’estate del 2014 quando venne preparato un „piano di annientamento“: Il 30 ottobre 2014 il Consiglio di Sicurezza Nazionale decise di distruggere il movimento di liberazione curdo con la violenza. Il rappresentante curdo Abdullah Öcalan cerò di impedire questi piani di guerra con la sua Roadmap, l’accordo di Dolmabahce su quest’ultima e le elezioni del 7 giugno 2015. Ma Erdoğan sfruttò la decisione di guerra come motivo per far andare a vuoto questi passi e il 24 luglio 2015 iniziò una guerra complessiva. Da allora Erdoğan e l’AKP perseguono l’obiettivo di mantenere il proprio potere attraverso l’annientamento del movimento di liberazione curdo e il completamento del genocidio delle curde e dei curdi.
Ma nonostante le sue alleanze fasciste e tutti gli strumenti in uso da tre anni e per mezzo dei quali viene attaccato il movimento di liberazione curdo e il popolo curdo, l’AKP non è riuscito a raggiungere i suoi scopi. Oggi si vede invece confrontato con il pericolo di crollare e di perdere il suo potere. Per questa guerra in corso da tre anni, che per la gran parte si caratterizza per metodi di guerra speciale, ha sfruttato tutte le sue possibilità interne e esterne. Ha venduto tutto ciò che la Turchia aveva da offrire, usato apertamente metodi di ricatto e ha messo a tacere tutte le aree della società con il motto „patria, nazione, Sakarya“. Ma non ha ancora raggiunto i risultati desiderati. La sua aggressiva politica interna e estera, che si basa su un atteggiamento ostile ai curdi, non l’ha portato nel giro di breve tempo a risultati che desiderava. La conseguenza è stata invece l’aumento di conflitti con numerose forze all’interno e all’esterno della Turchia. La sua politica, che ruota unicamente intorno al mantenimento del proprio potere, ha fatto emergere nel Paese e all’estero numerose forze oppositrici. Anche fomentare atteggiamenti sciovinisti basati sull’ostilità nei confronti dei curdi, attraverso il quale tutti dovevano diventare appendici del suo potere, non ha potuto impedire che ovunque nascessero forze di opposizione.
Nell’anno 2018 l’alleanza AKP-MHP nel Paese e all’estero si trova nella fase della sua massima debolezza. Anche se con l’ausilio dell’attacco a Afrin ha cercato di rafforzare la sua posizione e con questo di garantire il suo potere, ora vediamo che l’occupazione di Afrin non è riuscita a produrre un sostegno per il mantenimento del potere di AKP-MHP. Le intenzioni originarie erano di presentarsi alle elezioni con il sostegno ottenuto grazie all’occupazione di Afrin e di legittimare attraverso una vittoria all’interno del Paese e all’estero la guerra, così come il genocidio delle curde e dei curdi. Una politica di guerra così brutale non può essere attuata con successo senza una forte legittimità e rischia invece di finire in un grande fiasco. Un’ostilità permanente nei confronti dei principi democratici e una politica di genocidio nei confronti delle curde e dei curdi non può essere condotta da un governo la cui posizione di potere è indebolita. Così si può osservare che la politica brutale del fascismo AKP-MHP che dura da tre anni e che non ha portato ai risultati sperati, lentamente inizia a ritorcersi contro i suoi autori.
Nell’ambito delle nuove elezioni anticipate con le quali si vuole legittimare l’attuale politica, ora si arriva a sviluppi attraverso i quali il potere dell’AKP-MHP viene indebolito. Né l’elezione di Erdoğan a Presidente né la garanzia di una maggioranza parlamentare sembrano possibili. L’alleanza tra AKP e MHP si vede minacciata dalla perdita del suo potere. Come tutti i governi fascisti, in questa situazione si rivolge di nuovo in modo più intenso verso una politica sciovinista. Fino a che punto il fascismo AKP-MHP sia arrivato in una situazione di difficoltà, si vede dai titoli su Minbic. Le trattative tra il Ministero degli Esteri USA e la sua controparte turca vengono spacciati per grandi successi. Ma i punti trattati rispetto a Minbic contengono poche novità. Si tratta piuttosto di una conferma di accordi che erano già stati fatti prima dell’inizio della guerra a Minbic: Dopo la cacciata di Stato Islamico (IS) Minbic doveva essere amministrata dalla popolazione locale e la difesa della regione garantita dal Consiglio Militare di Minbic. Esattamente questo attualmente viene messo in pratica a Minbic. La popolazione di Minbic organizza l’amministrazione autonoma e il Consiglio Militare della città l’autodifesa. Lo Stato turco in questo è disturbato dal fatto che la popolazione autoctona di Minbic non ha una buon opinione dei gruppi alleati con la Turchia. La popolazione di Minbic ha costruito un sistema che non è né fanatico-religioso né nazionalista. Invece tutti i diversi gruppi etnici e religiosi possono organizzarsi nell’ambito di un sistema democratico e costruire una vita secondo le loro idee. Hanno costruito una vita politica, sociale e culturale che rappresenta un esempio per l’intera Siria. La Turchia vuole distruggere questo modello, dato che mette il dito nella piaga del regime antidemocratico, fascista, della Turchia. La regione non è né nelle mani del PYD né viene controllata dalle YPG. Anche gli ultimi consulenti delle YPG sono stati ritirati dal Consiglio Militare di Minbic.
Perché quindi la Turchia rappresenta le trattative su Minbic in modo così esagerato? La regione viene già amministrata dalla popolazione locale. Senza mezzi militari appare impossibile rimuovere questo sistema di amministrazione. La presa di potere di alcuni collaboratori della Turchia in simili condizioni democratiche appare impossibile. Per questo molte cose che attualmente vengono annunciate rispetto a Minbic possono essere intese come propaganda elettorale. Quando si promette che la popolazione di Minbic si governerà da sé, viene solo descritta la situazione attuale. In nessuna parte della Siria del nord un gruppo esercita dominio su un altro. Ovunque sono state costruite strutture comunali di democrazia di base. Ogni quartiere, ogni piccolo centro e ogni città vengono governati dalla popolazione locale e in modo democratico. Per questa ragione le affermazioni secondo le quali il modello di Minbic verrà esteso a tutta la Siria del nord non è altro che demagogia e propaganda. Se quindi gli USA promettono alla Turchia che tutte le regioni verranno amministrate dalle persone che ci abitano, non assumono alcun tipo di impegno. Non fanno che esplicitare quello che sul posto è già una realtà. Lo Stato turco in effetti non accetta che la regione venga governata secondo la democrazia di base. Cerca invece di imporre attori dall’esterno. Ma è impossibile che qualunque forza accetti piani del genere da parte della Turchia o si lasci costringere dalla Turchia a farlo. Alla fine la Turchia sarà costretta a accettare la società si autogoverna dappertutto.
Mettere Minbic all’ordine del giorno in modo così forte quindi non è altro che una campagna elettorale dell’AKP. Ma dato che questo non basta per vincere le elezioni, ora si discute pubblicamente anche di un’operazione-Qandil. Senza dubbio l’AKP-MHP non aspetterebbe nemmeno un secondo se ne avesse la forza. Se non lo ha fatto finora, è solo per il fatto che le manca la forza per farlo. Il capo di stato maggiore turco Yaşar Büyükanıt alcuni anni fa ha descritto perché non possono marciare su Qandil: „Non è semplice penetrare fino a lì. Ci sono valli e montagne che non sono controllabili.“ Ora Erdoğan parla di un ingresso a Qandil. Devlet Bahçeli ne parla già da anni. Da questo punto di vista il desiderio di arrivare a Qandil non è niente di nuovo.
Se quindi si parla del fatto di marciare su Qandil, probabilmente si intende un’occupazione delle locali montagne e valli. Perché dal cielo Qandil viene già attaccato quotidianamente. Dozzine di civili sono già stati vittima di questi bombardamenti. Gli attacchi aerei quindi non sono un nuovo sviluppo. Per un’operazione di terra la Turchia dovrebbe penetrare nel territorio del Kurdistan del sud (Iraq del nord) per 150-200 chilometri. Come dovrebbero superare questa distanza? Senza il sostegno del KDP, i passaggi dei sentieri e il controllo sulle zone limitrofe sono impossibili. Non si raggiunge Qandil bombardando dall’aria una o due vette e costruendoci postazioni. Un tentativo del genere finirebbe con una grave sconfitta. A fronte di questa situazione l’operazione di occupazione di Qandil diventerebbe una questione difficile e lunga. Perché quindi questo argomento è stato messo all’ordine del giorno? Anche in questo si tratta di guerra psicologica e propaganda elettorale. Con l’aiuto di questi scenari di operazione gonfiati per quanto riguarda Qandil, si cerca di conquistare voti per l’AKP e Erdoğan. Erdoğan, Devlet Bahçeli e i loro organi mediatici per questo a fronte di un calo di consenso elettorale gridano ogni giorno più forte di nuovi piani di guerra.
Lo Stato turco quindi non inizierebbe una simile operazione di occupazione? Lo farebbe di certo. Spinto dalla paura di perdere il potere, può commettere ogni sorta di pazzia. Ma l’argomento Qandil attualmente è solo propaganda elettorale. Se credono nel loro successo, possono iniziare subito con l’operazione. Ma non la inizieranno a cuor leggero. Perché hanno paura della prevedibile resistenza e del rischio di essere costretti alla fuga. Un tentativo del genere porterebbe a una fase di guerra tra il movimento di liberazione curdo e lo Stato turco che qui avrebbe come conseguenza risultati politici storici. Sarebbe inevitabile.
L’argomento operazione-Qandil attualmente quindi è pura propaganda elettorale. Ma nel Kurdistan del sud (Iraq del nord) un’occupazione attualmente è la realtà. A Xakurkê sono state occupate le vette di alcune montagne. La guerriglia oppone una strenua resistenza all’occupazione. I soldati turchi di stanza sulle vette ogni giorno subiscono perdite e devono essere sostituiti da nuove forze. Non possono ritirarsi, dato che hanno dichiarato la loro presenza una questione d’onore. In un certo senso è come se i soldati turchi lì fossero stati dati in pasto alla guerriglia. Nel caso di un’operazione contro Qandil si troveranno in una situazione ancora peggiore di quella attuale a Xakurkê. Perché un’occupazione che si espande si tirerà dietro sé una resistenza che si espande. Non solo la guerriglia, anche la popolazione del Kurdistan del sud e tutti i popoli del Medio Oriente faranno resistenza contro l’occupazione turca.
Sporadiche notizie che il PKK avrebbe sgomberato Qandil quindi sono completamente false. Un’operazione-Qandil attualmente viene messa all’ordine del giorno quotidianamente e gonfiata artificialmente per conquistare voti per Erdoğan e l’AKP. Dal punto di vista del movimento di liberazione curdo e della guerriglia, Qandil è un luogo di resa conti contro lo Stato turco. Qandil è il luogo nel quale la guerra contro lo Stato turco può essere allargata e intensificata. Il movimento di liberazione curdo ha già dovuto ascoltare fin troppo spesso la propaganda permanente e le operazioni di guerra psicologica. I media statali diffondono consapevolmente notizie false sullo sgombero di Qandil per garantire una superiorità psicologica. I servizi segreti turchi MIT dispongono a questo scopo di una sezione che diffonde in modo mirato notizie false. Tutti i media sono sotto il controllo del governo, quindi anche del MIT. L’unica funzione dei media consiste nel fatto di essere organi della guerra psicologica.
Mustafa Karasu, componente del Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK), sulla presunta operazione Qandil