I sindacalisti del KESK rilasciati in attesa di giudizio

Ventidue sindacalisti del KESK (Confederazione dei Sindacati del Settore Pubblico) sono stati rilasciati ieri in seguito alla prima udienza del caso contro 72 funzionari e membri della Confederazione.

Settantadue sindacalisti che sono comparsi ieri in tribunale, tra cui il Presidente Generale Lami Özgen, erano stati arrestati in seguito all’operazione “KCK/Piattaforma Democratica del Lavoro”, effettuata nelle province di Ankara, Diyarbakır, İstanbul, Ağrı, Bitlis, Siirt, Adana ed Eskişehir il 25 Giugno 2012. Ventidue tra i sindacalisti che erano stati tutti accusati di presunti legami con l’Unione delle Comunità Kurde (KCK) erano agli arresti da allora.

La prima auto-difesa durante l’udienza è stata effettuata da Lami Özgen, che ha sottolineato che tutti i sindacalisti sono stati arrestati in modo illegale e che tutte le attività della Confederazione sono state considerate illegali dal tribunale.

Özgen ha richiamato l’attenzione sulla sensibilità della Confederazione verso la questione kurda ed ha aggiunto: “Siamo contro la politica di negazione e crediamo di poter dare un contributo alla soluzione della questione kurda. I Kurdi sono destinati ad essere spinti in una posizione illegale all’interno della lotta sindacale, proprio come in tutti gli ambiti. Questo è un approccio illegale che ha reso un bersaglio tutti i sindacalisti, giornalisti, studenti e lavoratori. Stiamo venendo processati in relazione all’identità kurda che sosteniamo e difendiamo”.

Özgen ha affermato che la sua organizzazione non accetta le accuse di aver organizzato le attività sindacali secondo le istruzioni dell’organizzazione KCK: “I Kurdi stanno prendendo parte nel movimento sindacale con la loro propria identità dal 1989. Non solo i membri del KESK sono davanti ad un tribunale in questo caso illegale, lo sono anche tutte le forze democratiche”.

Alla difesa di Özgen è seguita quella degli altri imputati, che hanno a loro volta sottolineato che le accuse rivolte loro sono incompatibili con la legge. Sette sindacalisti si sono auto-difesi nella loro lingua madre kurda attraverso un interprete.

ANF Istanbul