Erdogan costruisce una dittatura fascista

Il 1 ottobre in Turchia è stato anche il canale socialista Hayat TV. Il golpe non c’entrava più niente. Un colloquio con Arif Kosar.Arif Kosar è coordinatore dei programmi di Hayat TV e presidente della direzione.

Le trasmissioni di Hayat TV il 1 ottobre sono state interrotte dal governo turco per la durata dello stato di emergenza. Contemporaneamente altri 22 media sono stati vietati. Che orientamento politico ha il canale?

Hayat TV è stato fondato dieci anni fa come voce critica della popolazione lavoratrice con indirizzo socialista. Decine di migliaia di persone e molti gruppi hanno raccolto denaro per rendere possibile il canale. Ci occupiamo soprattutto delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori e dei problemi etnici del Paese, soprattutto della questione curda. Eravamo uno dei canali tv di opposizione e per questo continuamente bersaglio della repressione dello Stato. L’ente statale per il controllo dei media RTÜK già nei mesi precedenti al tentativo di golpe del 15 luglio ha emesso nei nostri confronti molti più decreti di condanna e denunce in tribunale che nel periodo precedente. Un quotidiano vicino al governo aveva già annunciato la chiusura di Hayat TV, dopo il 15 luglio tutto è peggiorato.

Chi ha emanato il divieto, l’ente di controllo o un’altra istituzione?

Durante lo stato di emergenza simili divieti possono essere disposti per decreto. Quindi non c’è una sentenza di un tribunale in base a fatti concreti e con riferimento alla legge.

Non è stato sostenuto in qualche tipo di collegamento con il “terrorismo”, per esempio con il movimento Gülen?

La prima ondata di divieti si è rivolta contro media che erano vicini al movimento Gülen, la seconda in generale contro redazioni all‘opposizione.

Se manca una motivazione giuridica, ce n’è una politica da parte dell‘AKP?

Ce ne sono due: in primo luogo la minaccia della sicurezza nazionale in generale, in secondo la vicinanza a organizzazioni terroristiche, in particolare al PKK. Chi si impegna per una soluzione pacifica della questione curda, viene accusato di questo automaticamente.

La seconda ondata di divieti quindi non è stato possibile motivarla con il golpe. Come si spiega il silenzio dell’occidente anche in questo caso?

Su questo voglio prenderla un po‘ alla larga. L’UE ha sostenuto l’AKP da quando è arrivato al governo nel 2001 nella lotta contro la casta kemalista, in particolare nella polizia e nell’esercito, con la parola d’ordine »democratizzazione«. Poi, più o meno dal 2010, c’è stata una rottura. Oggi i politici dell’AKP dichiarano che per il laicismo in Turchia non c’è posto. A ogni livello dovranno esserci passaggi per l’islamizzazione. Dicono molto apertamente che di questo fa parte anche la parziale adozione della Sharia. In particolare in questioni etnico-religiose viene costruita pressione. Questo colpisce oltre ai curdi anche i circa 20 milioni di aleviti, ma anche le donne che in pubblico si vestono in modo un po‘ più moderno. Vengono attaccate e picchiate. Ogni minoranza laica, di opposizione, che si comporta in modo libero, viene attaccata.

Si può dire che questo sviluppo verso uno Stato islamico autocratico ha sembianze fasciste?

Il governo turco in Siria sostiene jihadisti, i loro militari sono entrati in Siria, né lì né all’interno tollera un’autonomia curda, destituisce politici eletti e usa violenza militare nel sudest del Paese, questo significa che la politica estera più aggressiva va di pari passo con l’eliminazione dell’intera opposizione all’interno. Sotto la guida di Erdogan dal nostro punto di vista viene costruita passo per passo una dittatura fascista. In Turchia spesso si fanno paralleli con la consegna del potere a Hitler nel 1933.

Questo cosa significa per l’opposizione laica o per quella socialista?

Abbiamo imparato dalla storia tedesca che tutti gli antifascisti si devono unire. Questo all’epoca non è successo. Ora in Turchia di sono forti ambizioni di creare un blocco politico ampio di “Unità per la Democrazia”. A questo partecipano partiti grandi e piccoli, sindacati e gruppi di aleviti. Il punto cruciale sono i socialdemocratici. Il CHP non ha una linea univoca, la sua direzione in particolare rispetto alla questione curda e nella politica di guerra nei confronti della Siria, segue l‘AKP. Questo influenza molte altre organizzazioni, le persone alla base sono disorientate: vedono quello che succede, vogliono opporsi, ma vengono trattenute.

Intervista: Arnold Schölzel, Junge Welt