Donne combattenti delle YPG

Il Rojava è l’unica regione al mondo dove le donne si sono organizzate e per combattere ideologicamente fisicamente le forze islamiche”

Un proverbio curdo molto citato “I curdi non hanno altri amici che le montagne,” parla dell’esperienza curda di essere ripetutamente ignorati da potenziali alleati e del trovare protezione solo nelle aspre montagne del Kurdistan.

Ma nel Rojava – nome con il quale sono note le regioni curde della Siria – mancano territori montuosi, che è forse una delle ragioni per le quali i curdi siriani non hanno mai praticato la lotta armata prima del collasso dello stato siriano nel 2012. Con l’opposizione siriana maggiore impreparata ad affrontare la cosiddetta questione curda, i curdi nel Rojava hanno iniziato a mobilitarsi nel 2012.

Per quanto riguarda autonomia e autodifesa, particolarmente in risposta alle ondate dei gruppi jihadisti che continuano ad attaccare le zone curde che sono i loro obiettivi primari, i curdi nella zona hanno fatto significative conquiste su questi fronti. Tuttavia in larga parte perché il Partito di Unità Democratica (PYD) – associato al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) sulla lista nera – ha svolto un ruolo così determinante nel movimento nel Rojava, i curdi siriani sono stati scaricati non solo dalle potenze occidentali, ma anche dal Governo Regionale del Kurdistan dell’Iraq.

A prescindere dalle accuse politiche e dalle dispute tra tutte le parti, ci sono dieci punti che andrebbero condivisi rispetto ai curdi siriani e alla loro lotta attualmente in corso:

1. I curdi hanno una lunga storia di oppressione e resistenza in Siria, ma questi eventi hanno ricevuto solo raramente – o per nulla – attenzione da parte degli arabi siriani o della comunità internazionale. Alcuni episodi più recenti di violazioni di diritti umani contro i curdi in Siria sono noti come gli eventi di Qamishli del marzo 2004 e hanno costretto migliaia di rifugiati curdi a fuggire dalla persecuzione.

2. I curdi nel Rojava hanno strategicamente evitato di prendere parte nella guerra civile in corso in Siria. La strategia curda di impegnarsi militarmente solo come autodifesa è diventata più pronunciata quando è diventato chiaro che l’opposizione nazionalista e islamica non intendeva riconoscere i diritti dei curdi nella Siria post-Assad.

3. Attualmente i curdi nel Rojava stanno resistendo in solitudine ai fondamentalisti islamici che sono composti sia da fondamentalisti siriani sunniti, che da jihadisti provenienti da altri paesi arabi e dall’Europa per combattere la jihad con il sostegno degli stati regionali. Di fatto, per quanto possa sembrare ironico, il regime di Bashar Al-Assad collabora anche con lo Stato Islamico in Iraq e Siria (ISIS) – il maggiore aggressore contro il Rojava – in base ad una strategia problematica mirata a rappresentare la rivoluzione siriana come una campagna jihadista per convincere in questo modo gli stati occidentali a smettere di sostenere le richieste di un cambiamento del regime.

4. Nel Rojava le donne curde stanno guidando un movimento rivoluzionario di liberazione sociale dal patriarcato. Di fatto il primo ministro del cantone di Afrin, uno dei tre cantoni autonomi curdi proclamati di recente, è una donna curda alevita di nome Hevi Ibrahim.

5. Il Rojava è l’unica regione al mondo dove le donne si sono organizzate per combattere ideologicamente e fisicamente le forze islamiche e per proteggere i civili da un governo di fanatismo religioso. Nel farlo, queste donne resistenti stanno effettivamente trasformando l’intera società del Rojava e facendo da esempio per il resto del mondo islamico e per ogni luogo in cui le donne sono oppresse.

6. Nel Rojava, le minoranze, compresi i cristiani, sono prese di mira dagli islamisti, ma sono protette dalle forze armate affiliate allo YPD. Le minoranze si sono anche unite ai curdi in attività civiche nei cantoni e nelle nuove amministrazioni, forse nel modo più notevole nel cantone di Cizire dove i co-vice-presidenti sono una donna assira Cristiana e un uomo arabo.

7. Il Rojava, diversamente dalle zone alevite e sunnite, non gode di sostegno materiale o simbolico su basi settarie. Di fatto, se le forze arabe impegnate nella guerra civile sono d’accordo su una cosa, questa è la loro inimicizia nei confronti del movimento di liberazione curdo.

8. C’è un embargo umanitario ed economico imposto contro il Rojava da parte del Governo Regionale del Kurdistan (KRG) in Iraq, dalla Turchia e dalle forze islamiche in Siria per varie ragioni politiche. In altre parole, la gente nel Rojava è sottoposta a una punizione collettiva per il suo rifiuto di unirsi ad una guerra settaria che non promette di migliorare la loro situazione.

9. Il Rojava è verosimilmente l’unica regione della Siria dove non c’è un sentimento popolare antioccidentale, ma i politici occidentali continuano ad ignorare gli avanzamenti dei curdi siriani nella regione e la minaccia imminente delle forze jihadiste contro tutte le minoranze nel Rojava.

10. Il Rojava è ampiamente trascurato dai media internazionali a causa di un presunto separatismo (come se al momento ci fosse una Siria unita) e per via dell’associazione del PYD con il PKK.

Da un punto di vista laico, femminista, umanista e umanitario, il Rojava merita sostegno e protezione internazionale. Se gli islamisti riescono a prendere il controllo del Rojava, che dato il sostegno che ricevono e il blocco nei confronti della popolazione del Rojava non è improbabile, tutte le donne ed interi gruppi di minoranze continueranno ad essere presi di mira.

di Saladdin Ahmed (yourmiddleeast.com)