Dialogo come primo passo per arrivare a una Siria democratica

La guerra civile in Siria che ha portato con sé un’immensa distruzione per l’intero Paese è iniziata il 15 marzo 2011 a Daraa nel sud della Siria. Contro la politica antidemocratica del regime di Assad e il tentativo di controllare le persone con il bastone e la carota, i popoli hanno iniziato a ribellarsi. Il loro obiettivo non era di distruggere il Paese con strumenti di guerra, ma di creare attraverso proteste democratiche una Siria libera con pari opportunità per tutti. Ma quando il regime ha reagito con durezza alle proteste democratiche, la gente ha iniziato a cercare percorsi propri verso la sua autodeterminazione. Le proteste si sono estese a tutta la Siria in parallelo con la violenza.

Con le proteste crescenti contro il regime, anche altre forze sono intervenute nel conflitto. Le forze che da centinaia di anni cercano di formare le società mediorientali secondo i propri interessi, ancora una volta erano sul posto con la loro politica senza prospettive di soluzione. Sacrificando il diritto all’autodeterminazione dei popoli ai loro interessi politici, si sono resi corresponsabili del triste bilancio della guerra in corso da sette anni, tanto quanto il regime di Assad.

Stato Islamico (IS) e altri tipi di sue varianti alimentate da forze internazionali e regionali e che erano una piaga per le società mediorientali in Siria hanno commesso grandi crimini contro l’umanità. Hanno lasciato dietro di sé profonde ferite che non possono essere dimenticate tanto facilmente e che forse non guariranno mai.

L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha dichiarato che fino al marzo 2018 353.900 persone, di cui 106.000 civili, hanno perso la vita. Nella stessa dichiarazione si afferma che il numero di dispersi o ritenute decedute ammonta a 56.900 e non è compreso nel citato numero di morti. 1,5 milioni di persone sono costrette a vivere con danni permanenti. Il numero di profughi interni siriani ammonta a 6.1 milioni e il numero di siriani che hanno dovuto lasciare il loro Paese è pari a 5.6 milioni di siriani. Città e siti storici sono stati rasi al suolo. Come tra l’altro a Afrin, sono state messe in atto modifiche demografiche e commessi pesanti crimini contro l’umanità.

In Siria, il centro della cosiddetta Terza Guerra Mondiale, è stata commessa così tanta distruzione che non è possibile renderne conto in statistiche. Le forze internazionali e regionali e i gruppi armati da loro sostenuti, durante la guerra hanno misurato le loro forze. I membri della NATO e la Russia hanno testato nuove tecnologie belliche su suolo siriano.

Ma in questo territorio, dove le speranze delle persone sono circondate dalla morte, abbiamo vissuto anche sviluppi belli. Sono state le Forze Siriane Democratiche (FSD), con il ruolo centrale delle forze di autodifesa curde YPG e YPJ, quelle che hanno sconfitto IS. Nel nord della Siria, in Rojava, sia lo spazio di vita delle persone sia i loro valori culturali, politici e storici sono stati protetti. Questo spazio, nel quale i curdi vivevano in pace insieme a altri gruppi di fede e etnici, è diventato un rifugio per centinaia di migliaia di profughi. Era un territorio nel quale i popoli della Siria si sentivano sicuri e giorno per giorno veniva costruita una vita nella democrazia, liberà e uguaglianza.

I curdi attraverso la loro autodifesa e il sistema democratico da loro costruito, hanno mostrato anche come potrebbe essere una nuova Siria. Persone da tutto il mondo e con diversi retaggi culturali che si identificano con la costruzione di questo sistema hanno dato un contributo alla lotta di liberazione dei curdi. In questo il progetto e paradigma della Modernità Democratica sviluppato dalla personalità guida curda Abdullah Öcalan come alternativa alla Modernità Capitalista è determinante. La lotta di liberazione della società curda e il suo modello di vita alternativo ha acquisito una dimensione internazionale. Il sostegno di centinaia di migliaia di persone durante le resistenze di Kobane e Afrin ne sono la prova. Con questo i curdi sia militarmente sia politicamente sono diventati un attore fondamentale nella regione. In questi giorni in qui si parla di una nuova impostazione della Siria, non è più possibile trovare una soluzione per Siria nella quale i curdi vengano negati.

La Federazione Democratica Siria del nord, che si orienta secondo il paradigma sociale democratico, ecologico, basato sulla liberazione delle donne, ha presentato al regime siriano una Roadmap per una ricostruzione democratica del Paese. Anche in passato hanno ripetutamente chiarito di essere aperti per un dialogo del genere.

Da questo punto di vista l’incontro del Consiglio Democratico della Siria (MSD) a Damasco su invito del governo di Assad il 26 luglio è significativo. Anche se a Damasco non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali sui contenuti dell’incontro, la delegazione MSD ha già affermato in una dichiarazione ufficiale: „Alla fine dell’incontro la decisione di proseguire il dialogo e i negoziati e di mettere fine alla violenza e alla guerra che mette in pericolo la società siriana era stabilita. In tutti gli ambiti andranno formati comitati per una Roadmap per una Siria decentrata e democratica.“1

La decisione per il dialogo è indubbiamente un passo importante. I popoli della Siria del nord però dichiarano continuamente che difenderanno in ogni circostanza le loro conquiste democratiche che hanno costruito con grandi sacrifici. Il sistema nella Siria del nord è l’unica possibilità per un futuro democratico della Siria.

di Rojbin Ekin