Demirtas bloccato a Cizre. «È la nostra Kobane»
Giuseppe Acconcia, Manifesto
(…)La grande attivista per la difesa dei diritti dei kurdi e parlamentare di Hdp, Leyla Zana, premio Sakharov per i diritti umani, ha iniziato lo sciopero della fame che proseguirà fino alla fine delle ostilità.
Trenta delle vittime (otto solo ieri nel distretto di Sirnak) vivevano della roccaforte del Partito democratico dei popoli (Hdp) di Cizre. Qui il partito di Demirtas ha ottenuto oltre il 90% dei voti alle parlamentari del 2015. La città è sotto l’assedio delle forze di sicurezza turche mentre è in vigore un coprifuoco permanente.
Una delegazione della sinistra filo-kurda che include il leader Salahettin Demirtas, i due ministri del governo ad interim e trenta parlamentari Hdp è stata bloccata alle porte di Cizre dalla polizia locale. Il ministro dell’Interno, Selami Altinok, ha assicurato che il provvedimento è stato preso per ragioni di sicurezza. Altinok era stato duramente contestato da Hdp in seguito agli assalti alle sedi del partito in tutto il paese. Anche Erdogan ha espresso la sua solidarietà al partito di Demirtas dopo gli attacchi di martedì e mercoledì. «Cizre è la nostra Kobane», ha detto Demirtas. Le scorte di cibo, acqua e medicine sarebbero quasi finite in città. «È come essere a Gaza», ha proseguito. «Siamo qui perché gli scontri finiscano e torni la pace», ha aggiunto il politico che più volte ha chiesto un cessate il fuoco bilaterale. Il leader di Hdp avvisa che il paese è ormai sulla strada della guerra civile. Demirtas ha ricevuto un avviso di garanzia con l’accusa di insulti al presidente e propaganda in favore di un’«organizzazione terroristica» (il Pkk).
Dopo i 31 tra militari e poliziotti uccisi nei giorni scorsi, un militare turco è morto ieri al confine con la Siria. La vittima si chiamava Gokhan Cakir. Anche un poliziotto turco, Aydin Nazillioglu, è rimasto ucciso e altri tre sono stati feriti in un attacco compiuto da combattenti del Pkk nella provincia di Tunceli.
Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk ha condannato gli attacchi del Pkk e ha espresso preoccupazione per le marce dei giorni scorsi verso la sede di Hurriyet e gli uffici di Hdp. «Avevamo accolto con soddisfazione l’annuncio del cessate il fuoco tra Ankara e il Pkk», ha ammesso Tusk invitando a fermare la violenza.
Centinaia di rifugiati kurdi siriani sono stati bloccati in Turchia ieri mattina, in seguito ad una nota del ministero dell’Interno, che vieta l’ingresso ai profughi in province non segnalate sulle loro carte di identità. E così centinaia di profughi sono stati rispediti a Istanbul per accertamenti.
Monta l’odio anti-kurdo in Turchia. Attaccate centinaia di sedi della sinistra Hdp
Turchia. 93 arresti tra gli ultra-nazionalisti
L’odio anti-Pkk è diventato un sentimento anti-kurdo. Non si contano gli attacchi alle sedi del partito della sinistra kurda in tutto il paese. Il leader del partito democratico dei popoli (Hdp), Selahattin Demirtas, ha accusato il partito di Erdogan di volere la guerra civile. «Ci troviamo di fronte a una campagna di linciaggio», ha aggiunto Demirtas commentando gli attacchi a 140 sedi di Hdp da parte degli ultra-nazionalisti.
L’obiettivo, secondo il leader politico, è di sovvertire il voto del 7 giugno scorso per consentire ad Akp di mettere le mani sulla Costituzione. Demirtas ha avvertito in particolare i sostenitori di Akp che attaccano i kurdi credendo di farlo in nome del governo: «Quel governo che li sosterrebbe è caduto», ha chiosato Demirtas in riferimento alla sconfitta elettorale del partito di Erdogan. Garo Paylan, parlamentare Hdp, ha accusato le forze di polizia di non essere intervenute per fermare lo scempio in corso. Negli incendi alle sedi di Hdp sarebbero andati in fiamme anche documenti e firme in preparazione della campagna elettorale in vista del voto anticipato del prossimo primo novembre.
Una delegazione composta dai due ministri di Hdp, Ali Haydar Konca e Muslum Dogan, che hanno cercato di raggiungere la città di Cizre nel Kurdistan turco, dove vige il coprifuoco e decine sono stati i morti degli ultimi giorni, è stata fermata dalla polizia a Mardin.
93 sarebbero gli ultra-nazionalisti arrestati in seguito agli attacchi anti-kurdi di queste ore. Ma non si sono fermate neppure le marce contro il quotidiano Hurriyet da parte di sostenitori di Erdogan. Il giornale è accusato di fare da megafono delle richieste della sinistra filo-kurda. Il premier in pectore Ahmet Davutoglu ha invitato i turchi alla calma confermando però che le operazioni militari contro il Pkk continueranno «con determinazione». «Non permetteremo che fratelli si uccidano tra di loro», ha aggiunto Davutoglu.
Ma Erdogan non sembra voler placare gli animi e punta sullo scontro in funzione elettorale per raccogliere i voti dei nazionalisti turchi e kurdi. Da Akp arrivano commenti incendiari contro il partito di Demirtas, descritto come una mera estensione del Pkk. Negli ultimi tre giorni sono andati avanti attacchi reciproci che hanno coinvolto polizia e militari, da una parte, che avrebbero ucciso almeno sessanta tra militanti del partito di Ocalan e cittadini comuni e, dall’altra, combattenti kurdi che in due diverse esplosioni hanno causato 31 vittime tra le forze di sicurezza turche nelle province di Hakkari e al confine con l’Iraq. Il conflitto si è inasprito con l’incursione di terra, effettuato da alcuni alti ufficiali turchi, per colpire le basi del Pkk nelle montagne irachene.
Ieri Erdogan e l’ex presidente Abdullah Gul hanno preso parte ai funerali di due delle vittime tra le forze di sicurezza ad Ankara. Cerimonie simili si sono svolte nelle province di Kirikkale, Samsun, sul mar Nero, e ad Adana.
Il leader kemalista Kilicdaroglu, il cui partito Chp si è rifiutato di prendere parte al governo elettorale in polemica con il fallimento dei colloqui per la formazione del governo di coalizione dopo il risultato del 7 giugno che ha permesso a Hdp di entrare in parlamento. «La società turca sta attraversando un duro esame per la pacifica convivenza», ha ammesso il leader del secondo partito turco. Kilicdaroglu ha anche difeso la libertà di stampa dopo i recenti attacchi ai giornalisti critici da parte di Akp, inclusa l’espulsione decisa per la giornalista olandese che viveva Diyarbakir da anni, Frederike Geerdink.
Sul fronte dell’aumento del flusso di migranti dalla Siria che raggiungono la Turchia a causa della guerra civile in Siria, il premier Davutoglu ha ricordato il ruolo turco nel frenare il flusso di migranti diretti verso l’Europa. Il governo turco ha chiesto all’Unione europea di cambiare radicalmente la sua politica e assumersi la «propria parte degli oneri» nella gestione della crisi. Nei giorni scorsi l’immagine di un bambino kurdo siriano, Aylan Kurdi, annegato nel tentativo di attraversare il breve tratto di mare tra Bodrum e Kos, in Grecia, aveva fatto il giro del mondo innescando la reazione di alcuni leader europei mentre restano chiuse per i profughi siriani le frontiere di quasi tutti i paesi arabi.