Curdi a Roma, aspettando di tornare

Le elezioni del 30 marzo hanno rafforzato il premier turco Erdogan. Che ora frena sulle trattative tra Öcalan e Ankara. Intanto centinaia di curdi continuano a dover vivere da esiliati in Europa

A un anno dall’inizio dei negoziati tra Ankara e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), il primo ministro Recep Tayyip Erdogan fa un altro passo indietro. Dopo le elezioni amministrative del 30 marzo scorso, il capo del governo ha infatti affermato di non aver preso ancora alcun provvedimento per costituire una struttura giuridica di supporto al processo di risoluzione democratica del conflitto. La presidenza del Consiglio esecutivo dell’Unione delle comunità del Kurdistan (Kck) sostiene che «con questa affermazione […] è stato dimostrato che il governo del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) vuole concludere il processo che ha già dovuto affrontare una situazione di stallo». Malgrado i buoni propositi e le iniziali aperture, infatti, Erdogan aveva presto deluso le aspettative dei curdi dimostrando ancora una volta di agire in un’ottica di sicurezza nazionale e regionale, più che per esigenze politiche e di riconoscimento culturale.

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di Federica Araco, Paolo Fumanti, e Laura Santopietro

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