Continua il Massacro nel Villaggio di Xerabê Bava a Nisêbîn/Kurdistan-Turchia
Le forze dello Stato turco continuano per il 12° giorno il loro assedio nel villaggio Xerabê Bava, quartiere di Nisêbîn, provincia di Merdin.
Gli attentati di Xerabê Bava (Koruköy) sono effettuati sotto la guida di Bornova 2° Gendarmeria del Comando della Brigata militare turca.
Xerabê Bava è un villaggio curdo in cui l’umanità è calpestata con ogni sorta di crudeltà commessa da parte dei soldati turchi.
L’assedio di Xerabê Bava è andato avanti negli ultimi 12 giorni. L’esercito turco ha commesso ogni sorta di sorprendente atrocità nel villaggio. Mentre decine di civili sono rimasti sotto assedio, nessuno sa quanti siano stati uccisi o arrestati. Ciò che è chiaro, tuttavia, è che i soldati turchi hanno preso in ostaggio l’intero villaggio, trasformando ogni singola casa in una prigione per i suoi abitanti, a cui non è neanche permesso nutrire i propri animali affamati durante il suddetto assedio.
La vita della popolazione di Xerabê Bava subisce un rischio allarmante. I soldati turchi hanno torturato decine di abitanti nella piazza centrale del paese, uccidendo alcuni di loro con la massima brutalità, e hanno posato per delle foto con i cadaveri mentre facevano gesti razzisti.
Questa mattina, come parte della loro attività di sorveglianza continua, elicotteri turchi hanno effettuato dei controlli sopra il villaggio per due ore, prima di lasciare la regione. L’attività di vigilanza sul villaggio e sulle zone circostanti è destinata a continuare.
Nel frattempo, la delegazione del DBP-HDP-DTK (partiti e organizzazioni curde) continua a sorvegliare la strada che conduce al villaggio dove viene bloccata dai soldati.
Testimoni Oculari
Una testimone, Vetha Aykut, ha detto: “Mio marito si è recato al villaggio il 10 febbraio per vendere le nostre due mucche. Il villaggio è stato messo sotto assedio subito dopo e quindi lui vi è rimasto. Quello che so è che è andato a casa di sua sorella dopo l’inizio dell’assedio. Una volta in cui le provviste sono terminate in casa della sorella, è tornato a casa nostra, nel sesto giorno di assedio, per prendere qualcosa da mangiare. Quindi è stato aggredito e picchiato violentemente dalle forze dello stato che poi lo hanno gettato in giardino. Ho parlato con lui al telefono fino a quell’incidente. Una volta ho sentito le forze dello Stato dire ‘sparate e uccideteli’, mentre parlavamo. Poi il telefono è diventato muto. Ho chiamato un vicino il cui telefono è stato sequestrato dai soldati. Poi ho sentito i soldati dire ‘uccidetelo e gettatelo in giardino’. E’ rimasto in giardino, svenuto, per due giorni. Dopo di che ho saputo che i soldati sono tornati a casa nostra, lo hanno coperto con una coperta e lo hanno portato …“
Il nostro immediato appello alle istituzioni internazionali e all’opinione pubblica è quello di prendere le misure necessarie contro le atrocità dello stato turco in Kurdistan.
Facciamo appello a tutti coloro che si ritengono difensori dei diritti umani affinché non tacciano contro questa crudeltà. Il silenzio è complicità.