Confessione di saccheggio: la Turchia ammette il sequestro di olive Afrin

Arrivano notizie di rapimenti, torture e confische di proprietà, e continuano gli scontri tra varie milizie aiutate dalla Turchia e l’Esercito di liberazione siriano (FSA) a causa di dispute sulle aree controllate.

L’operazione turca “Ramo d’Ulivo” e la successiva occupazione di Afrin hanno decimato l’economia della regione, secondo il Centro di Documentazione delle Violazioni nella Siria del Nord, un’associazione di monitoraggio dei diritti umani.

Prima dell’invasione, Afrin era un centro agricolo e industriale che produceva prodotti di olive – come il sapone di Aleppo – come a quasi tutto il tessile del nord della Siria. Data la posizione geografica, dovette raffiungere un alto grado di autonomia, non potendo commerciare con il resto del nord della Siria e essendo soggetta all’embargo turco. Autorità locali hanno lavorato per implementare cooperative in diversi settori in modo che tutto il popolo potesse beneficiare dallo sviluppo economico.

Secondo un report del Centro di Documentazione delle Violazioni in Siria del Nord, Afrin pre-invasione aveva circa 18 milioni di ulivi, e produsse nel 2017 più di 35 tonnellate di sapone di Aleppo. Il Comitato Agricolo di Afrin parla di almeno 14 milioni di alberi.

Dall’altro lato, numerosi report hanno notato che le forze d’occupazione hanno sistematicamente distrutto i campi per impedire che venissero raccolti i prodotti. A inizio settembre, il Centro ha documentato che migliaia di alberi sono stati bruciati a Rajo, tra cui cinquemila alberi dalla stessa fattoria. A luglio, fonti locali hanno detto a ANF News che i membri della Divisione Hamza, una grande milizia islamista sostenuta dalla Turchia, hanno bruciato 41 acri di terre agricole in un solo villaggio in Sherawa. Un altro gruppo, la Brigata Sultano Murad, ha tagliato decine di ulivi per venderli in Turchia.

Altri report rivelano che la Turchia e gli alleati ribelli islamisti hanno preso il controllo della raccolta delle olive nella regione di Afrin

L’agenzia di stampa siriana ANHA ha riportato il 25 settembre che le autorità turche e le forze alleate hanno preso il controllo della stagione delle olive, e portata ai consigli cittadini formati dalla Turchia. A fianco del suo esercito, la Turchia ha posizionato impiegati statali ad Afrin per controllare gli affari locali di commercio e agricoltura.

“È un problema di proporzioni spaventose. Le bande FSA hanno preso le proprietà del popolo di Afrin, incluse le olive. Stanno vendendo 70 tonnellate di olive ai mercati. Siamo di fronte as un guadagno turco di milioni in olive rubate” ha detto il co-presidente HDP Sezai Temelli al partito durante un meeting ad Ankara.

Il raccolto delle olive ha un valore totale di prodotti di 200 milioni di dollari, secondo il giornale pro-governo YeniSafak. Il raccolto di olive totale è stato ceduto ad un consiglio turco del distretto sotto la guida di autorità agricole turche che starebbero dando il ricavo ai proprietari, secondo YeniSafak.

Il Ministro dell’Agricoltura turco Bekir Pekdemirli ha ammesso il 17 novembre di controllare i prodotti delle olive di Afrin e di venderli ai mercati.

“Il problema di Afrin è questo: noi, come governo, non vogliamo che i ricavi cadano nelle mani del PKK. Ciò è molto chiaro. In altre parole, vogliamo che i ricavi di Afrin, in un modo o nell’altro, siano nostri. Questa regione è sotto la nostra egemonia”, ha detto Pekdemirli durante un meeting del comitato parlamentare sul budget del prossimo anno.

La Turchia vede le YPG, le forze curde ad Afrin prima dell’occupazione e il centro delle forze combattenti contro l’ISIS in Siria come un’estensione del PKK, che ingaggia una lotta pluridecennale in Turchia per i diritti della minoranza curda.

“Per ora, 600 tonnellate di prodotti sono entrate nello stato”, ha aggiunto, non specificando se il numero includeva prodotti diversi dalle olive né se il ricavo, totalmente o in parte, sia ritornato ai produttori rimasti nella regione.

Un report recente, presentato al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU presentava il saccheggio e la distruzione sistematica, nonché l’appropriazione di beni delle forze del Ramo d’Ulivo come un crimine di guerra.

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