Comunicati di giuristi italiani sulla recente situazione in Turchia

Fondazione Lesli e Lelio Basso, Al Consiglio d’Europa – Strasburgo, Alla Commissione europea – Bruxelles, Al Parlamento europeo – Bruxelles
La Turchia di Erdogan non è Europa!

Vero o finto che sia stato il tentativo di colpo di Stato dei militari, il regime autoritario di Erdogan lo ha accolto come “un dono di Dio” e un’occasione per sbarazzarsi di ogni opposizione, anche di quella civile e democratica, che in questi giorni viene aggredita, imprigionata, umiliata. Con il pretesto, finora indimostrato, che i suoi oppositori siano complici del tentativo di colpo di stato, Erdogan sta calpestando sia le leggi interne sia le Convenzioni internazionali sottoscritte dalla Repubblica turca, a cominciare dalla Convenzione per la salvaguarda dei diritti umani e le libertà fondamentali.

Nel recente convegno internazionale svoltosi a Roma il 4 e 5 luglio scorso, organizzato dalla Fondazione Basso, avevamo denunciato la vergogna di cui si è macchiata l’Unione Europea quando ha finanziato il regime turco, stipulando un “patto di morte” ai danni di persone disperate che tentano di sfuggire alle violenze della guerra e alla fame. I fatti tragici e atroci di questi giorni confermano l’intollerabilità dell’autocrazia di Erdogan e l’assoluta inadeguatezza delle prese di posizioni di facciata dei governanti europei quando si limitano a sollecitare “cautela” al governo turco, non mancando di ricordarne la sua democratica elezione, così riducendo la democrazia a mera investitura, in violazione del patrimonio di diritti e di libertà proprio della civiltà europea, secondo cui non è democratica una società in cui non siano garantiti i diritti fondamentali.

Ogni colpo di stato militare, quale che sia l’intenzione degli autori, è inaccettabile. Ma ugualmente intollerabile è una dittatura, per quanto fondata sul consenso della maggioranza, che calpesta i diritti elementari delle persone e delle minoranze e ripudia lo stato di diritto.

Il regime turco non può far parte dell’Europa, della sua cultura giuridica e pluralistica, non soltanto per la prospettata futura reintroduzione della pena di morte, ma per la già avvenuta continua violazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani e civili.

Sulla società turca sta calando una cappa di oscurantismo e di oppressione: liste di proscrizione, epurazioni di massa, divieto del diritto di espatrio, compressione del pluralismo e sospensione di decine di migliaia di docenti e insegnanti, persecuzione di giornalisti, di avvocati e di rettori di università, arresti di massa, annichilimento della libertà di stampa. 
Con la destituzione di migliaia di magistrati e l’arresto di centinaia di giudici e procuratori – il più grave attacco all’indipendenza della magistratura realizzato in una società europea contemporanea – si distruggono non soltanto pilastri essenziali dello Stato di diritto, rappresentati dalla separazione dei poteri e dalla giurisdizione libera da condizionamenti del potere esecutivo, ma si mette a repentaglio la stessa possibilità che i diritti possano essere garantiti contro l’oppressione e l’abuso del potere.

Il. Consiglio d’Europa e l’Unione europea non possono limitarsi a manifestare critiche formali o generiche preoccupazioni. E’ indispensabile isolare il regime turco e, perciò, adottare con urgenza tutte le sanzioni e iniziative legittime, cominciando con il sospendere la Turchia da ogni partecipazione ad istituzioni e organismi europei.

Soltanto se saranno presi sul serio le Convenzioni, i Trattati e le Carte dei diritti fondamentali contro ogni tentativo, manifesto od occulto, di mettere in discussione il patrimonio di diritti e libertà su cui sono fondati il Consiglio d’Europa e l’Unione europea, le Istituzioni del nostro continente saranno all’altezza della necessità imposta dalla tragedia in atto e riusciranno a riconquistare la fiducia e il consenso dei cittadini.

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Le Associazioni scientifiche di area giuridica, riunite nella Conferenza che le rappresenta (CASAG), manifestano la preoccupazione degli studiosi di materie giuridiche per quanto sta accadendo in Turchia. I princìpi essenziali dello Stato di diritto, ai quali tutta l’Europa si ispira, sebbene ammettano l’adozione di provvedimenti di emergenza, non consentono la sommaria compressione delle libertà fondamentali e impongono la piena garanzia del diritto di difesa. Diritto che si appoggia proprio sull’opera professionale di quelle categorie (magistrati, avvocati, professori universitari) che in queste ore stanno subendo gravi lesioni delle loro prerogative costituzionali.

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La CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane) ha sottoscritto la dichiarazione dell’ESU- European University Association, a condanna delle forzata estromissione di 1577 Alte Cariche delle Università turche e oltre 15.200 docenti sospesi, a forte sostegno di tutta la comunità accademica internazionale per sostenere i valori di democrazia, libertà, cultura e conoscenza. Ecco il testo della dichiarazione:

“A seguito del tentativo di colpo di Stato di venerdì in Turchia il settore dell’istruzione, compreso quello dell’istruzione superiore, è stato preso di mira come molti altri ambiti dell’amministrazione pubblica.

15.200 professori sono stati sospesi, mentre Hurriyet riferisce che il Consiglio per l’Istruzione Superiore (YÖK) ha ordinato le dimissioni delle alte cariche delle università (1176 da quelle statali e 401 da quelle gestite da fondazioni). L’EUA condanna fermamente tale azione contro le università e il personale universitario ed esprime il suo sincero sostegno alla comunità accademica turca.

Mentre all’indomani del tentato colpo di stato militare vi è stato un sostegno globale e unanime per il governo democraticamente eletto, le misure introdotte oggi vanno nella direzione sbagliata. Più che mai la Turchia ha bisogno di libertà di parola, di dibattito pubblico e aperto, come sostenuto energicamente dalle sue università, ispirate a valori accademici riconosciuti globalmente, ai principi di libertà di ricerca e insegnamento, alla libera espressione e alla libertà di associazione.

L’EUA invita tutti i governi, le università e gli studiosi europei a prendere posizione contro questi sviluppi e per sostenere la democrazia in Turchia, incluse l’autonomia istituzionale e libertà accademica per studiosi e studenti.”

La CRUI condivide interamente la dichiarazione dell’EUA. Auspica inoltre che a tale dichiarazione facciano seguito azioni conseguenti di solidarietà e supporto.
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Magistratura democratica esprime la propria preoccupazione per le notizie che arrivano dalla Turchia all’indomani del fallimento del coup militare.

Agli annunci sulla morte di numerosi civili coinvolti negli scontri si accompagna la notizia che l’Alto Consiglio dei Giudici e Procuratori, presieduto dal Ministro della Giustizia, ha rimosso dall’incarico 2.745 giudici sulla base del sospetto di collegamenti con il religioso Fethullah Gulen, ritenuto l’ispiratore del golpe. È di oggi, 17 luglio 2016, la notizia del mandato di arresto elevato nei confronti di 53 giudici, tra cui un componente della Corte costituzionale.

Come magistrati non possiamo trattenere il nostro sgomento. Una democrazia che intenda rimanere fedele a se stessa non può basarsi solo sull’indispensabile e primario rispetto delle procedure elettorali. È la protezione delle libertà e dei diritti civili, sociali e politici a dare la misura della saldezza e dell’apertura di una democrazia e questa protezione deve trovare il suo baluardo in un sistema giudiziario indipendente e autonomo dal potere politico.

Auspichiamo che l’attenzione e la sensibilità di tutti gli attori del processo di negoziazione dell’adesione della Turchia all’UE vengano focalizzate anche su questi aspetti, fondamentali per la tutela delle libertà democratiche.

Il Comitato Esecutivo di Magistratura democratica (17 luglio 2016)
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L’Unione delle camere penali italiane
I 140 magistrati arrestati e gli oltre 2.700 magistrati sospesi dalle funzioni sono un ulteriore pessimo segnale per lo stato di diritto in Turchia. Ciò conferma, unitamente ad esempio alla recente decisione di sospendere i colloqui dei detenuti in carcere con chiunque, persino con i difensori, che vi è la necessità di un monitoraggio attento sulle prerogative della democrazia in Turchia, stato membro del Consiglio d’Europa e quindi vincolato al rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Da tempo ormai, gli avvocati difensori sono perseguitati a causa della loro funzione di sentinelle dei diritti fondamentali: in Turchia gli avvocati nell’estate 2013 vennero arrestati in toga in tribunale, sono sotto processo per limitare la libertà di difesa, sono tutt’ora carcerati per la loro attività di difesa. L’omicidio del Presidente degli avvocati di Diyarbakir Tahir Elci nel novembre 2015 è tutt’ora irrisolto e vi è la necessità di assicurare al caso una indagine effettiva ed indipendente.

L’Unione delle Camere Penali Italiane, anche attraverso gli osservatori “Europa” e “Rapporti con l’Avvocatura internazionale”, con il suo progetto “avvocati minacciati | endangered lawyers” segue da tempo la situazione dei difensori in Turchia, partecipando con propri inviati alle delegazioni nei principali processi ai colleghi indagati sol perché difensori.

Dopo giornalisti, professori universitari e appunto avvocati ora ad essere nel mirino sono i magistrati: condividiamo quindi lo sgomento e la preoccupazione delle principali associazioni di magistrati in Europa, certi che d’ora in avanti la battaglia a difesa dei difensori, in Turchia come nel resto del mondo, trovi eguale condivisione.
Il Presidente UCPI
Avv. Beniamino Migliucci
Per il progetto Avvocati Minacciati – Endangered Lawyers dell’Osservatorio Europa e della Commissione rapporti con l’Avvocatura Internazionale UCPI
Avv. Ezio Menzione
Avv. Nicola Canestrini