Al termine della data designata, la fornitura di energia elettrica nella città container è stato tagliata

30 delle 110 famiglie che vivono nella città container di Anadolu sulla strada Ipekyolu ha iniziato una protesta, con sciopero della fame, il 28 agosto. I terremotati sono in sciopero della fame, oramai, da 100 giorni e dicono che continueranno a protestare fino a quando non verrà data loro una sistemazione permanente.

Il portavoce Ali Ahi ha detto che richiedono una soluzione definitiva al problema, aggiungendo che le stufe catalitiche fornite dal comune di Van sono state di grande aiuto, ma ha sostenuto: “Ora le persone iniziano ad ammalarsi. Non possiamo mandare i nostri figli a scuola. Tutto ciò che vogliamo è che venga soddisfatta la nostra necessità di un alloggio, che è uno dei compiti che lo Stato deve ai suoi cittadini. Noi non chiediamo molto, ma le autorità non stanno muovendo un dito. Il governatore sarà responsabile se le cose peggioreranno. Quello che vogliamo è un alloggio permanente. Stiamo lottando per sopravvivere. Sta nevicando e fa molto freddo. I nostri figli sono malati perché siamo senza elettricità da 108 giorni.”

La provincia prevalentemente curda di Van, nella Turchia orientale, situata sulla riva del lago di Van, è stata colpita da due terremoti due anni fa, il 23 Ottobre e 9 novembre, lasciando centinaia di morti e migliaia di feriti e senzatetto.

La città, chiamata “La Perla d’Oriente” per la bellezza del paesaggio circostante, è stata colpita la prima volta da un terremoto di magnitudo 7,2 che ha provocato la morte di  circa 600 persone e ha reso 28.000 edifici inutilizzabili.

La mancanza di aiuti e il loro cattivo funzionamento a Van è stato lamentato da migliaia di vittime del terremoto che hanno invitato il governatore a dimettersi a causa dell’incapacità di giungere ad una soluzione ai problemi delle vittime. I manifestanti sono stati tuttavia attaccati con bombe a gas mentre i funzionari non hanno fornito alcuna risposta ai bisogni urgenti delle vittime compresi alloggi e cibo.

In una interrogazione parlamentare presentata dal BDP (Partito della Pace e della Democrazia) l’ex vice presidente Fatma Kurtulan, già due anni prima del terremoto,  aveva chiesto di considerare il rischio terremoto a Van e le  eventuali precauzioni. Il Ministero dei Lavori Pubblici e dell’insediamento hanno risposto il 4 gennaio 2010 dicendo che “Tutti i tipi di precauzioni erano state adottate per la costruzione di tutti gli edifici pubblici e privati  in conformità al regolamento sulle costruzioni nelle zone sismiche e alle altre disposizioni legislative”.  Nella sua risposta il ministro ha anche dichiarato che 14 edifici tra scuole, ospedali ed edifici di servizio erano stati rafforzata. Tuttavia circa 100 scuole, alloggi per gli insegnanti e studenti sono crollati a seguito del terremoto Van.

Decine di migliaia di persone lottano per la propria vita in tende di nylon e rifugi messi su con i propri mezzi, mentre il governo non è stato capace di affrontare e rispondere rapidamente a un tale disastro.

Le vittime del terremoto si sono lamentate che le case prefabbricate e tende invernali erano state fornite soltanto alle persone che avevano rapporti con alti burocrati e membri del governo dell’AKP al potere che, sosteneva, di aver tentato di salvare la “sua popolazione” dell’area. “Gli altri, coloro che non supportano l’AKP, sono stati lasciati senza scelta, o la migrazione o la sopravvivenza nelle tende”, questa è stata la reazione, seguita dall’accusa che il governo turco vuole supportare l’immagine dell’AKP e non sostenere i reali bisogni della popolazione di Van.

Decine di bambini sono morti a causa del clima freddo e della fame, o a causa degli incendi divampati dal riscaldatore elettrico utilizzato nelle tende. “Cosa è meglio? Il terremoto, gli incendi o la tenda fredda”, è stata la domanda posta.

Si sono, dapprima, stabiliti in tendopoli, che successivamente sono state dismesse, sistemate davanti alle proprie case o in aree parco. In seguito, gli sfollati sono stati sfrattati dalle loro tende con la motivazione che questi rifugi “disturbassero la bellezza della città”. Le autorità hanno preso con la forza le tende che si trovavano nelle aree parco e le persone sono state costrette a stabilirsi su strade laterali, come la Mevlana Houses che, secondo le vittime del terremoto, non erano affatto diverse dalle tende. Le persone hanno reagito alla forzata dislocazione e hanno chiesto una soluzione permanente al posto di soluzioni di facciata e temporanee.

I deputati BDP e i sindaci hanno dato sostegno alle vittime, soprattutto in città come Diyarbakir e altre città curde ci si è mobilitati per dare assistenza alla regione sismica, in particolare ai distretti e villaggi, come Erci che non erano stati raggiunti dal governo. Squadre di soccorso, squadre tecniche, veicoli di soccorso, autobus sono stati inviati da Diyarbakir e dalle altre città curde della regione dove il BDP ha anche offerto una tenda in cui soddisfare l’esigenza sanitaria e alimentare dei cittadini.

Il BDP ha criticato le opere di soccorso, come inadeguate, non coordinate e non seguite da professionisti. “Non c’era alcuna preparazione seria e ci sono stati problemi con il coordinamento per quanto riguarda i bisogni delle persone sopravvissute. Nonostante lunghe discussioni dopo il terremoto del 17 agosto del 1999, è venuto fuori che il governo non ha preso le misure e le precauzioni necessarie ed è stato colto impreparato. Sembra che la gente debba alleviare autonomamente la ferita”, ha dichiarato il co-presidente del BDP Gültan Kanak durante una visita alla città.

Egli ha sottolineato che: “Il primo ministro ha riconosciuto che ciò che doveva essere fatto nelle 24 ore successive al terremoto per il salvataggio dei superstiti non è stato fatto. Molte persone avrebbero potuto perdere la loro vita durante queste prime 24 ore. Circa 500 persone sono morte sotto le macerie, e costoro sarebbero potute essere salvate  se il governo si fosse messo all’opera in queste 24 ore . Erdoğan è venuto a Van , ma né le squadre di soccorso, né tende hanno raggiunto la città. Le operazioni di soccorso non erano ancora iniziate quando siamo arrivati sette ore dopo il terremoto. La gente era in attesa della morte. Il premier e i suoi ministri hanno visitato Van con il loro aereo privato, dando un grande spettacolo e poi hanno lasciato la regione”.

Il 9 novembre, la città è stata colpita da un altro terremoto di magnitudo 5.6 con epicentro nel distretto di Edremit, arrivato dopo una serie di scosse di assestamento, che è stato avvertito anche nella regione colpita dal terremoto di magnitudo 7,2 del 23 Ottobre.

La gente del luogo, coloro che non hanno lasciato la città dopo la prima scossa, ha dovuto affrontare ancora un altro disastro che ha reso le loro condizioni peggiori e più difficili poiché il governo ha continuato a non rispondere ai bisogni e alle esigenze delle vittime che sono rimasti senza casa nel freddo, in un periodo di condizioni meteorologiche avverse.

Due anni dopo la vita è ripresa, in qualche modo, le vittime dei due grandi terremoti si trovano ancora di fronte  una sfida, poiché devono ancora risolvere le condizioni delle case container, che sono però, adesso, costretti ad abbandonare.

Un gruppo di vittime della città container in  Anatolia ha iniziato lo sciopero della fame dopo che è stato ordinato di lasciare queste abitazioni, nonostante il fatto che non avessero altro posto dove andare dopo aver perso case e tutto il resto nelle scosse di terremoto. Quattro fra loro hanno iniziato lo sciopero della fame il 12 settembre, dopo che l’ufficio del governatore ha ordinato il taglio dell’elettricità della loro casa container.

A seguito dell’ interruzione di corrente, la moschea nella città è stato chiusa una settimana prima dell’inizio del Ramadan e il personale della sicurezza è stato richiamato al servizio. La bandiera turca fuori città container è stata rimossa, poiché i residenti accusano le autorità di forte discriminazione e di non considerare gli abitanti parte della cittadinanza turca.

La città dei container ospita attualmente 100 famiglie le cui richieste di un soluzione definitiva al loro problema abitativo rimangono ancora senza risposta. Non hanno mezzi finanziari ed è per questo che devono continuare a vivere in queste abitazioni. Essi non hanno un posto dove andare e nessun mezzo che fornire circostanze migliori.

Non sono fiduciosi di ricevere una risposta dal governatore che, dicono, ha finora rifiutato di prendere atto di  tutte le necessità evidenziate dalle vittime,e li ha condannati a trovare una soluzione con i propri mezzi. Ad una donna che ha visitato il governatore per chiedere una soluzione per lei e il suo bambino è stato comunicato dal governatore che la soluzione ideale sarebbe stata trovarsi un uomo e sposarlo in modo tale che fosse lui a prendersi cura della famiglia. “Lui non prende sul serio nessuno di noi e dei nostri problemi, non ci aspettiamo nulla da lui”, dice la donna, e sorride. Un’altra donna, madre di cinque figli , si lamenta anche della mancanza di circostanze necessarie per la salute dei loro figli che sono probabilmente i maggiori colpiti dalla vita nei container. “I nostri figli non vogliono vivere qui, perché è freddo, non hanno niente da mangiare ,  non una zuppa”, racconta una madre.

“Alcuni giorni fa , un bambino ha chiesto a suo padre quando lui gli avrebbe fornito una vita degna da essere umano. Il padre non ha avuto risposta. È di fuori e vi è rimase per lungo tempo, in attesa sotto la pioggia a piangere, sentendo la disperazione di non essere in grado di aiutare il suo bambino”, dice un’altra donna e chiede : “Perché siamo soggetti a tutti questo? Solo perché siamo curdi?”

I bambini si trovano ad affrontare sfide, anche a scuola. I genitori raccontano che una scuola, quella più vicina alla città, prima rifiutò di fornire l’istruzione per i bambini provenienti dalla città container. “Soltanto tre mesi dopo l’inizio della scuola la bambina ha iniziato ad andare a scuola. Essi sono stati trattati come cittadini di seconda classe, oggetto di insulti e maltrattamenti. Non hanno libri da leggere e quaderni o penne per scrivere. Come possiamo aspettarci che abbiano successo?”, dice un padre.

Le donne invece sono affette, tra le altre cose, da problemi psicologici a fronte delle crescenti difficoltà per le loro famiglie e soprattutto per loro figli . “I miei figli non riescono a dormire di notte a causa del freddo che non possiamo sfidare non avendo elettricità. Abbiamo stufe a legna ma non abbiamo boschi da cui prendere la legna da bruciare. Noi non abbiamo l’acqua calda sia per lavare i nostri figli che noi stessi. Siamo riusciti a trovare un modo per riscaldare l’ acqua in estate, ma davanti a noi c’è l’inverno che si presenta con condizioni meteorologiche piuttosto severe in città”, dice una madre che dice che nessuno può aspettarsi di vivere una vita sana nelle attuali circostanze.

Le famiglie si lamentano anche che del fatto che il governo non offra loro una soluzione, ricordando di recente al primo ministro Recep Tayyip Erdoğan in visita alla città lo scorso fine settimana, quando non ha effettuato nessuna visita alle vittime, pur utilizzando la strada fuori dalla città container e ad un gruppo di rappresentanza delle vittime è stato negato l’accesso all’hotel dove Erdoğan soggiornava.

“Vogliamo sapere cosa è successo agli aiuti inviati di Van. Il governo della Repubblica turca non è in grado di risolvere il problema di un centinaio di famiglie?”, chiedono anche .

ANF