Rapporto sulla violenza di genere tra i rifugiati siriani nella Regione del Kurdistan Iracheno
UN Women ha pubblicato un nuovo rapporto sulla violenza di genere tra i rifugiati siriani nella Regione del Kurdistan Iracheno che rivela livelli accresciuti di violenza domestica, elevati livelli di molestie sessuali da parte di datori di lavoro e tassisti e un numero significativo di transazioni commerciali di natura sessuale all’interno e all’esterno dei campi.
Il rapporto “Restiamo solo in silenzio” si basa su un’indagine relativa a donne e uomini che vivono all’interno e all’esterno dei campi che è stata svolta tra agosto e dicembre 2013.
Mentre il conflitto siriano entra nel suo quarto anno, l’impatto devastante sulla popolazione siriana continua ad aggravarsi. Il rapporto evidenzia che dal febbraio 2014 l’UNHCR ha registrato 2,450,513 rifugiati siriani, 224,356 di loro in Iraq, il 97% dei quali si trovano in tre governatorati della Regione del Kurdistan Iracheno (KRI).
La maggioranza dei rifugiati siriani nella KRI – rivela il rapporto – sono di etnia curda. Circa il 43% si trova nei campi, il resto nelle aree urbane. L’UNHCR riferisce che il 47,5% dei rifugiati registrati in Iraq sono donne.
I risultati del rapporto si basano su informazioni raccolte attraverso 1,660 indagini a livello domestico, 27 interviste chiave (KII) e 19 discussioni all’interno di gruppi focalizzati (FGD) con donne, uomini e giovani rifugiati.
Secondo il rapporto, per dare seguito agli obblighi di affrontare la discriminazione di genere che l’Iraq ha assunto in quanto firmatario della Convenzione ONU per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), quello che serve è:
-più advocacy per rafforzare la prevenzione umanitaria e programmi e iniziative di risposta
-incoraggiare il Governo Regionale del Kurdistan (KRG) a perseguire gli autori della violenza
-intensificazione degli sforzi per sostenere e riabilitare i sopravvissuti, le loro famiglie e comunità.
Secondo il rapporto, donne e ragazze hanno riferito di subire restrizioni significative e maggiori rispetto alla propria libertà di movimento, in particolare negli ambienti esterni ai campi. A seguito della loro esperienza del conflitto in Siria e della successiva fuga e del trasferimento, le restrizioni sono dovute alla paura della violenza, a storie di sfruttamento nel posto di lavoro e in spazi pubblici, a preoccupazioni per la sicurezza per la ‘reputazione’ di donne e ragazze. La mancanza di trasporti sicuri, la scarsa informazione sul servizio e la non conoscenza della comunità ospite e del territorio locale sono fattori che contribuiscono all’isolamento delle donne.
Il rapporto ha mette in evidenza i seguenti impatti multipli di simili restrizioni:
-alle donne sono negate possibili opportunità di svolgere un lavoro retribuito aumentando il reddito domestico
-ridotte opportunità per le ragazze di proseguire i propri studi
-accesso limitato a spazi sociali per interagire e cercare sostegno da parte di persone nella stessa condizione, conseguente indebolimento dei meccanismi per far fronte allo stress legato al trasferimento
-opportunità limitate per donne di riferire della violenza di genere e di cercare sostegno
-molto insidiosamente in molte donne si rafforza l’idea che devono accettare la violenza e le restrizioni cui sono esposte.
Notando che sfidare la violenza contro le donne richiede l’allargamento dello spazio di azione per le donne nei loro nuovi ambienti nella KRI, UN Women ha chiesto al Governo Regionale del Kurdistan di;
-consentire agli operatori umanitari di fornire aiuti ai rifugiati non residenti nei campi; in particolare programmi di sostentamento e ricoveri per ridurre la vulnerabilità di donne e ragazze
-rafforzare le leggi per perseguire e punire gli autori della violenza contro le donne
-costruire e rafforzare i programmi formative esistenti per la sicurezza e il controllo sull’applicazione delle leggi relative alla violenza di genere e i servizi disponibili per le vittime della violenza di genere
-rafforzare ed agevolare attivamente il dialogo e la collaborazione con i gruppi curdi iracheni di donne della società civile e gruppi formali e informali di donne curde siriane.
“‘Restiamo solo in silenzio’ è quello che le donne siriane fanno dopo aver subito violenza o molestie o essere state costrette a compiere atti di natura sessuale contro la propria volontà,” ha detto la rappresentante di UN Women Frances Guy nella cerimonia di presentazione. “Lamentano che spesso non c’è nessuno con cui parlare, nessuno in grado di agire,” ha detto, sottolineando che “numeri bassi di casi di violenza di genere riferiti non significano che la questione non sia rilevante.”
Ha anche sottolineato che va fatto di più per garantire che coloro che commettono violenze contro le donne siano chiamati a rispondere delle proprie azioni. “Bisogna essere chiari, sfruttare a scopo sessuale donne e ragazze vulnerabili è un crimine e va affrontato come tale,” ha concluso.