Vice Presidente del Cantone di Afrin: C’è libertà in questo modello
Con quasi un mese ormai trascorso dalla proclamazione dell’autonomia, Abdulhamid Mustafa, Vice- Presidente del Cantone di Afrin e arabo, si è seduto con l’ANF e ha parlato del modello di autonomia democratica e del suo ruolo nel portare la democrazia nella regione. Secondo Mustafa “i governi autonomi del Rojava sono una scelta per ingannare la morte che il sistema capitalista aveva preparato per il popolo e per iniziare una vita di libertà.”
Mustafa è un membro della tribù Emirati Arabi. E’ nato nel villaggio di Babelüta nel distretto di Cindires e vive ad Afrin da 40 anni. Si è laureato presso il dipartimento di Ingegneria della Produzione del Liceo Tecnico, è sposato ed è padre di cinque figli.
La gente del Rojava ha scelto il modello del cantone come il proprio modello di governo. Perché avete scelto un tale sistema e governo?
Gli arabi, i curdi, gli armeni, gli assiri, i siriaci, i turkmeni, i ceceni e gli altri popoli e minoranze che vivono nella nostra regione e in tutta la Siria stanno affrontando un grande pericolo. Poiché gli egemoni raggiungeranno i loro obiettivi in Siria facendo disputare i popoli, le culture e i gruppi di fede gli uni contro gli altri. Per questo motivo volevano falsare gli sviluppi che hanno avuto inizio nel nome della rivoluzione siriana e portarli a questo punto. Questo è il motivo per cui hanno sostenuto le bande e per questo tutte le persone che vivono nel Rojava e in Siria sono in grande pericolo. La nostra proclamazione dei Cantoni autonomi era quella di porre fine a questo pericolo. Era per dimostrare che è ancora possibile all’interno della Siria per i diversi popoli, le culture e i gruppi di fede, vivere insieme democraticamente nella pace e nella fratellanza. Nonostante il breve periodo trascorso è sempre più evidente ogni giorno che passa che questo è il modo più corretto e necessario. E’ stato provato. Abbiamo la pretesa di proteggere tutti i popoli che vivono nei nostri cantoni e in Siria da questo pericolo. E siamo convinti che ce la faremo.
Con questo modello che tipo di messaggio avete voluto trasmettere ai poteri regionali e internazionali?
Vogliamo mostrare una buona immagine della realtà della Siria. Perché nei nostri cantoni ci sono persone di ogni fede, popolo e cultura. Questa immagine rappresenta la realtà della Siria. Il governo del cantone autonomo che abbiamo proclamato deve difendere una Siria democratica e unificata. Per questo motivo crediamo che questo sistema avrà non solo i suoi confini in Afrin, Kobanê e Cizîrê ma sarà un modello per una soluzione nelle altre regioni della Siria. E stiamo vedendo i segni che indicano che vedremo gli sviluppi in questa direzione in un breve periodo di tempo. Riteniamo che in linea con il nostro successo nel Rojava avremo successo in breve tempo. Perché crediamo che solo questo possa risolvere il problema in Siria. Questo progetto è il progetto di una Siria futura. E’ il progetto di una Siria democratica e libera. Si tratta di un progetto che andrà a sostituire la negazione reciproca di popoli, fedi e culture con il rispetto e la vita insieme.
Solo poco tempo è trascorso da quando avete proclamato i governi cantonali autonomi. Quali reazioni avete incontrato in questo breve periodo di tempo?
Le potenze internazionali sono in uno stato di confusione. Alcuni sono confusi su come questo sia accaduto ed altri guardano con sospetto chiedendosi se una cosa del genere potrebbe funzionare in un paese del Medio Oriente. In realtà con i loro approcci e confusione stanno dimostrando le loro opinioni sulla nostra regione. Secondo loro la nostra regione è molto indietro, non può autogovernarsi e vi è un approccio sprezzante che dice che la gente è ignorante, per cui come hanno potuto compiere una cosa del genere? Ma i popoli della regione mostreranno chi è più progressista e chi è più indietro. Persino il nostro primo passo è stato accolto con grande entusiasmo nella regione. E molti paesi e formazioni analoghe hanno cominciato a prepararsi in questa direzione. Ad esempio, poco prima di noi lo Yemen, un paese della regione, ha annunciato che si sarebbe organizzato in sei cantoni e si sarebbe trasformato in governo cantonale, ritenendo che solo prendendo questa strada potrebbe risolvere i problemi che ha sperimentato per diversi motivi nel corso di molti anni. Stiamo dicendo che certamente lo Yemen ha preso forza dal nostro coraggio nel compiere questo passo in Siria, dove la violenza e il conflitto hanno molti aspetti, e pertanto ha attuato tale decisione. Inoltre questa è la cosa giusta. Se non avessimo compiuto questo passo non credo che lo Yemen avrebbe proclamato una tale forma di governo. Perché in questo tipo di governi le popolazioni hanno un autogoverno. Questo è un governo che affronterà la base dei problemi incontrati nei paesi di questa regione. Questo non rimarrà solo all’interno dei confini di alcuni paesi. Entro un breve periodo questo sarà il modello di tutti i paesi della regione. Poiché all’interno di questo modello c’è libertà, c’è democrazia, c’è fratellanza, e vi è il rispetto per le fedi, culture, etnie e popoli.
A cosa avete voluto porre fine e a cosa avete voluto andare oltre con il vostro modello di governo e di sistema?
La proclamazione dei governi cantonali autonomi è stata una decisione di rottura verso il sistema capitalista, che si fonda sul forzare i popoli della regione in un modello di stato-nazione da parte delle potenze internazionali e il loro sfruttamento da parte delle famiglie sovrane. Si tratta di una scelta atta ad ingannare la morte che il sistema capitalista aveva preparato per il popolo e ad iniziare una vita di libertà. La sovranità oppressiva e negazionista di un popolo, di una fede, di una cultura o di una nazione su un’altra sta finendo. Si tratta di un sistema in cui tutti saranno partner e governeranno se stessi. Per questo motivo questo sistema vincerà. I popoli della regione hanno cominciato a dire di no al secolo di schiavitù che hanno sperimentato. Tutti i popoli, nazioni e culture vivranno con la propria lingua, identità e storie.
Cosa si può dire circa il fatto che il presidente del vostro governo sia una donna?
Nessuno può ormai negare che le donne siano all’avanguardia della rivoluzione in corso nel Rojava. L’effetto che avevano e il loro ruolo attivo ha dimostrato e continuerà a dimostrare a tutti come le donne si stiano muovendo verso la libertà nella regione. Che il presidente del nostro governo cantonale sia una donna ne è anche la prova. E in effetti non si tratta di qualcosa a noi culturalmente o storicamente sconosciuto. Perché abbiamo molti esempi di questo nella nostra storia recente. Zenubya, Belkis e Nefertiti sono degli esempi. C’è l’esempio di Dayfa Hatun, la nipote di Selahattin Eyyübi, il cui governo nel Castello di Aleppo è continuato per anni nella nostra storia recente. Tuttavia nella nostra regione e tra i curdi, in un periodo di capitalismo selvaggio, si tratta di un esempio raro. In realtà questo ha dimostrato che la donna curda è all’avanguardia tra le donne della regione e nel mondo.
Lei è arabo. Come valuta [questo sistema] dal punto di vista della rappresentanza dei popoli?
Sì. Come arabi abbiamo preso un posto in questo governo con la nostra propria lingua, cultura, identità e valori della comunità. Nella zona di Cizîrê ceceni, turkmeni, assiri, siriaci e armeni hanno anche preso un posto con le loro lingue, culture, storie e identità. Questo è anche uno specchio per la nostra realtà in una regione di molti popoli, culture, lingue e nazioni. E dimostra che una vita del genere è entro i limiti del possibile. Per questo motivo chiediamo a tutti coloro che stanno combattendo e sono costretti a combattere tra di loro su questa terra, di ricercare la pace in modo che lo spargimento di sangue non aumenti. Viviamo in un mondo libero e democratico. Cerchiamo di chiudere tutte le porte allo spargimento di sangue. Fondiamo una nuova Siria del futuro insieme, dove ognuno sarà uguale e ci sarà giustizia per tutti. Abbiamo fatto un passo in questa direzione e continueremo ad adottare tali misure non importa quale sia il pericolo. Perché non abbiamo altra strada. Noi lotteremo per questo scopo. Saremo noi a vincere. Perché alle persone nulla viene dal dolore tranne la morte, il sangue e le lacrime. Stiamo cercando di trarre una lezione da questi dolori.
di Seyit Evran