Una ferita sanguinante: gli scioperi della fame

La settimana scorsa ho avuto l’occasione di scrivere una lettera agli amici nelle carceri attraverso il mio editoriale. Ho sfruttato un viaggio in treno per finire questa lettera. Perché da un lato non volevo rinviare oltre la scrittura, dato che per via dei rapidi cambiamenti dell’ordine del giorno nel nostro Paese vengo continuamente sommersa da nuovi compiti. Dall’altro, il viaggio in treno è stato un’occasione gradita per formulare accuratamente in una lettera i miei appunti che continuo a iniziare, senza mai completarli.

Mi piace essere in giro e a maggior ragione mi piacciono i viaggi in treno. Il viaggio in treno, contrariamente a quello in aereo, è compatibile con il ritmo della vita. La differenza, che ho sempre saputo apprezzare, sta nel fatto che contrariamente al volo, si vede che il tempo, lo spazio, le città e a volte perfino la vita, passano insieme al tempo.

Scrivere in treno, e in particolare scrivere agli amici, mi è sembrato come inserire una virgola nella vita che scorre veloce.

Mentre cerchiamo di trovare un po‘ di pace dentro di noi, altre vite ci sono passate accanto. Persone giovani sono in sciopero della fame, e sono arrivate a un punto nel quale possono presentarsi seri danni alla salute, perché non vedevano un’altra via per far sentire la loro voce se non quella di usare per questo i loro corpi e le loro vite.

Nelle carceri, in particolare a Sakran, attualmente lo sciopero della fame è arrivato a oltre 50 giorni. Sulla Via Yüksel nel centro di Ankara, persone giovani chiedono di riavere il loro lavoro e con questo il loro futuro e sono a circa 30 giorni di sciopero della fame. Queste persone e la loro ricerca di giustizia hanno il loro posto nei nostri cuori. Mentre per coloro che non sono in carcere possiamo fare un piccolo sospiro di sollievo perché sappiamo che possono prendere la vitamina B1 e con questo per il momento prevengono danni permanenti, da diverse carceri sentiamo che preparati e alimenti come la vitamina B1, acqua, sale e zucchero, che possono essere determinanti nel prevenire danni permanenti in occasione di scioperi della fame, sono del tutto o parzialmente vietati o messi a disposizione solo a determinate condizioni. Questo ci preoccupa molto.

Nei miei primi anni in questo mestiere, negli anni ’80, avevamo sempre informazioni dalle carceri. La pesantezza di quei giorni grava ancora su di me. Ma diventa ancora più pesante se si pensa che questa volta nessuna organizzazione o medico indipendente possono controllare l’avanzamento dello sciopero della fame o fornire cure mediche ai prigionieri.

In un tempo nel quale colloqui tra avvocato e cliente vengono considerati reato penale e proprio la rimozione di queste limitazioni è una parte centrale delle richieste di questo sciopero della fame, è diventato impossibile ottenere informazioni affidabili dalle carceri. Voglio rimandare alle informazioni sulla pagina web dell’ordine dei medici di Istanbul: durante lo sciopero della fame, gli scioperanti dovrebbero avere tanta acqua quanta ne desiderano, ma berne almeno cinque grandi bicchieri al giorno. Due cucchiaini di sale, cinque cucchiaini di zucchero, un cucchiaino di bicarbonato e due compresse di vitamina B, perché sul mercato turco non si trova la vitamina B1 pura.

Il principio di base del nostro mestiere di medici è di proteggere sempre le condizioni di salute delle persone, di seguirle e migliorarle. Certamente di questo fa parte il rispetto nei confronti di decisioni che le persone prendono per loro libera volontà. Non possiamo imporre delle cure mediche a qualcuno che non le vuole. Questo vale anche per i nostri colleghi nelle carceri che devono accompagnare questo difficile processo. Lo sciopero della fame è senza dubbio un processo difficile. Sapendo bene che persone muoiono o possono riportare danni a lungo termine o disabilità, poter prendere solo le misure più strettamente necessarie per rispetto delle decisioni delle persone, lascerà gravi danni anche in noi.

A coloro i quali cercano di essere sempre al passo con le cose e che si sono persi nell’ordine del giorno del Paese posso dire: un po’ meno velocità, in compenso più ascolto per coloro che non hanno altra possibilità che quella di usare il proprio corpo e la propria salute per esprimere le loro richieste. Per non dover provare ancora più dolore e perché i prigionieri possano concludere il loro sciopero, è mio dovere ricordare il valore di ogni singola vita.

di Şebnem Korur Financi (*), Evrensel, 10.04.2017
(*) Şebnem Korur Financi è un’attivista per i diritti umani e Presidente della Fondazione per i Diritti Umani in Turchia. Şebnem Korur Financi è co-fondatrice dell’Ordine dei Medici Forensi e ha svolto un ruolo importante nella stesura del Protocollo di Istanbul (standard delle Nazioni Unite per le indagini e la documentazione di casi di tortura). Il 20 giugno 2016 è stata arrestata insieme con altri attivisti per i diritti umani con l’accusa di propaganda terroristica per aver partecipato a una campagna per la libertà di espressione. È stata rilasciata dopo un breve periodo di carcerazione e attualmente è ancora sotto processo.