Un ponte per il Rojava

Consegnato da Un ponte per… il primo carico di aiuti umanitari nell’area a maggioranza kurda della Siria. Grazie al sostegno dell’Otto per mille della Tavola Valdese è stato possibile in meno di due mesi dalla prima missione organizzare un primo convoglio umanitario. E stiamo lavorando già per il prossimo.

Siamo tornati in Rojava. Durante la nostra prima visita avevamo promesso sostenere questa battaglia per la costruzione di un futuro di pace. Avevamo assicurato ai nostri amici un sostegno nella loro difesa contro la barbarie jihadista di Daesh.

Abbiamo attraversato l’unico tratto del confine tra Iraq e Siria che resta fuori dal controllo di Daesh, un tratto del fiume Tigri controllato dalle autorità curde irachene, per portare un primo carico di medicine in Rojava, grazie al contributo straordinario della Tavola Valdese. Medicinali che ci erano stati richiesti specificatamente dalla Mezzaluna Rossa curda del Rojava e che nelle prossime settimane saranno distribuite negli ospedali di Derik\Al Malikiah e Qamishlo, oltre che nel campo profughi Newroz. I farmaci, introvabili in Rojava, sono specifici per le cure dei malati di tumore e aiuteranno circa 6000 persone che vivono nel Cantone di Cizire.

Il nostro convoglio umanitario aveva come destinazione il nuovo centro della Mezza Luna Rossa Curda, dove gli operatori forniscono prestazioni sanitarie e farmaci gratuitamente alla popolazione di Derik. Nel centro, oltre alla farmacia, c’è una sala pediatrica per donne e bambini e una sala per interventi chirurgici. Gli operatori medici del centro, per lo più volontari, hanno a disposizione una unità mobile con cui riescono a raggiungere le aree remote del Cantone e quelle più esposte agli attacchi di Daesh. Medici che rischiano quotidianamente la vita per fare il proprio lavoro e per cercare di assicurare un servizio essenziale ad una popolazione che si trova stretta tra la morsa di Daesh e l’embargo di fatto imposto dalla Turchia.

Un gesto minimo ma necessario verso le difficoltà che il Rojava è costretto ad affrontare per far sopravvivere i principi democratici alla base dell’autonomia regionale. Bisogni che rimangono enormi per salvaguardare un’autonomia posta davanti alla sfida di dover costruire un’economia stabile, non più dettata dalle politiche di Damasco, e in un contesto di guerra che sta portando via le risorse ed i giovani migliori. In tutto il Cantone di Cizre c’è bisogno di ricostruire le infrastrutture al collasso: strade, scuole, ospedali.

Abbiamo incontrato il nuovo sindaco di Derik/Al Malikiah, eletto lo scorso 14 marzo: è una donna di ventisette anni, ingegnere, eletta come indipendente proprio per la sua competenza in materia di sviluppo delle infrastrutture. La sua elezione è stata per noi una piacevole conferma che gli istituti della democrazia partecipativa qui funzionano sul serio, nonostante l’emergenza della guerra. Ci ha parlato della sua esperienza, di quanto sia stato per lei difficile sotto il regime di Assad soltanto immaginare di poter far politica. E invece ora ci crede ed è convinta che questa rivoluzione stia tirando fuori le energie migliori di tutta la popolazione.

Accompagnati dai medici della Mezzaluna Rossa ci siamo recati in visita nei campi profughi. Il campo Newroz lo avevamo già visitato: ospita ancora oltre 5mila profughi, ma nell’estate scorsa qui erano giunti in oltre 100mila, e i pochi medici volontari si erano trovati di fronte ad una vera e propria emergenza umanitaria con migliaia di visite mediche giornaliere. Nel frattempo è sorto un nuovo campo, per circa 50 famiglie irachene provenienti dalla provincia di Zummar. In questo campo non c’è nulla a parte le tende, manca tutto, dai servizi igienici ad un centro per l’infanzia, e nessuna organizzazione umanitaria internazionale ci è mai entrata.

Abbiamo incontrato la “Casa delle donne”, un’istituzione centrale nella costruzione del progetto di democrazia pluralista. Nel momento in cui siamo arrivati c’erano donne di tutte le età, sia curde che arabe, riunite in assemblea per discutere come affrontare concretamente i casi di donne che hanno bisogno di aiuto. Il centro ha la possibilità di sedere come parte civile in tribunale nei processi per violenze di genere. Le attiviste ci hanno raccontato dei loro sforzi immensi per raggiungere porta a porta ogni donna del Cantone e spiegare quali sono i loro diritti, cercando di coinvolgerle nella vita sociale e politica. Oltre ad ammirare la loro resilienza e cercare di capire in che modo potremo sostenerle, abbiamo da subito cercato di immaginare la possibilità di creare un network con la campagna per i diritti delle donne “Sharazad”, che le attiviste irachene stanno portando avanti, e che da anni stiamo sostenendo.

Il prossimo passo sarà continuare su questa strada, aprendo altri percorsi di solidarietà concreta verso il Rojava. Lo faremo inviando a breve un nuovo carico di medicinali in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri italiano. E, come ci hanno chiesto i nostri amici della Mezza Luna Rossa Curda, organizzeremo alcune formazioni sulla cura dei traumi.

In Rojava abbiamo sentito il desiderio di costruire un futuro di pace per tutti i popoli del Medio Oriente, libero dalle violenze del settarismo religioso. Per poter realizzare questa sfida, dal valore universale, non dobbiamo lasciarli soli, ma continuare a mostrare loro tutto il nostro sostegno.

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