Turchia, legale italiana parla del processo ad avvocati Ocalan: C’è aria di paura

Istanbul è diventata una città semi deserta, per la prima volta ho visto ristoranti chiusi, meno persone circolare in strada, c’è solo gran traffico per arrivare al posto di lavoro. Il clima è cupo e la paura è evidente in tutti coloro che non sono allineati al governo”.Rossella Santi è avvocato ed è appena rientrata dalla Turchia dove ha assistito, assieme a un’ampia delegazione di colleghi europei, a un’udienza del processo contro gli avvocati di Abdullah Ocalan, storico leader crudo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), ormai da anni rinchiuso dell’isola-prigione di Imrali, unico detenuto, dove sta scontando l’ergastolo.

Essere curdo, o essere vicino ai curdi, in Turchia è un problema. Lo sanno bene gli avvocati imputati nel processo, ben 46, alcuni dei quali detenuti da due anni. Tutti accusati di aver agito da mediatori tra Ocalan e le associazioni che fanno parte del Kck (Unione delle comunità del Kurdistan), organismo politico che riunisce le realtà curde e viene qualificato come soggetto terroristico affiliato al Pkk.

“Doveva essere una delle ultime udienze, nel corso della quale uno degli imputati ha tenuto una lunga relazione denunciando la natura politica del processo. Ma poi – spiega Santi – i difensori hanno avanzato la richiesta di acquisire un nuovo fascicolo, materiale a loro avviso necessario per determinare il giudizio, e la richiesta è stata accolta. Penso che la presenza massiccia di legali di tutta Europa abbia influito positivamente sulla decisione”. L’udienza è stata aggiornata a marzo del prossimo anno, quando già si annuncia una nuova importante presenza di avvocati stranieri. “Bisogna sottolineare il coraggio del collegio giudicante”, aggiunge Santi, visto che “negli ultimi mesi sono stati arrestati moltissimi magistrati e avvocati, che si occupano di diritti umani”. In occasione di quest’ultima udienza, come fa sapere l’associazione Giuristi democratici, il collegio giudicante è stato completamente rinnovato dopo la rimozione dei precedenti giudici nell’ultima ondata di repressione contro gli oppositori del governo.

Il conflitto contro la minoranza curda è esploso negli anni Ottanta. E nelle ultime stagioni, sotto la spinta dell’uomo forte Recep Tayyip Erdogan, prima capo del governo ora presidente, le tensioni non sono diminuite, ma non solo nei confronti della popolazione curda. Prima i fatti di piazza Taksim nel 2013, con le manifestazioni anti-governo e la repressione violenta, poi la vera svolta, con il fallito colpo di Stato del 15 luglio scorso, la cui organizzazione è stata attribuita alla rete del predicatore Fethullah Gulen. Lui è in esilio negli Stati Uniti, mentre chi è accusato di averlo appoggiato o di avere anche flebili simpatie nei suoi confronti è diventato oggetto delle mire del governo. Da quest’estate circa 50mila persone sono state arrestate e oltre 120mila funzionari pubblici sono stati licenziati o sospesi dall’attività, tra militari, avvocati, magistrati, insegnanti. Basti pensare agli arresti nei confronti dei giornalisti della testata Cumhuriyet e dei parlamentari del partito di opposizione filo curdo Hdp.

Quello agli avvocati di Ocalan non è il primo processo a cui la rete di avvocati europei assiste. “Siamo stati a Diyarbakir più volte e in passato anche al processo all’attivista italiano Dino Frisullo”, una presenza costante per dare sostegno ai colleghi presi di mira. Ma ciò che in questi giorni Santi e gli altri membri della delegazione hanno potuto constatare è stato qualcosa di diverso rispetto al passato. “Io ero andata in Turchia in occasione delle penultime elezioni. Già allora il clima era abbastanza teso, ma ora la situazione è peggiorata moltissimo. È stato brutto vedere i luoghi di solito pieni di giovani, come piazza Taksim, completamente vuoti. La gente si è chiusa in casa, fa impressione. Esce solo per andare a lavorare. Istanbul era una città molto vivace, la città cosmopolita per eccellenza. Ora in giro si vedono solo turisti, il clima è molto cupo”. Dopo il golpe, aggiunge, l’ira del governo, si è concentrata contro “tutti coloro che non sono allineati, dagli insegnanti agli scrittori, passando per avvocati e magistrati” e anche chi in passato era “in prima linea per difendere i diritti umani, se ancora libero, oggi ha paura”.

E poi c’è la annosa vicenda legata al Kurdistan. “Molte città – spiega la legale – sono sotto assedio. Le autorità governative distruggono le case e da tempo hanno messo in atto una politica di svuotamento dei centri abitati, una sorta di reinsediamento di cittadini turchi nelle zone curde. Magari a favore di coloro che hanno diritto a una casa popolare: il governo gliela dà ma in una zona curda”. Su tutto questo pendono i colloqui, per ora in stallo, con l’Unione europea per l’annessione di Ankara. Bruxelles non potrà chiudere gli occhi.

di Ilaria Leccardi