Tracce da altri mondi
Inevitabilmente la dimensione 2.0, 3.0, 4.0, … (curiosa sequenza di numeri “punto zero”) sta investendo le immagini, la loro produzione e il loro consumo, non solo i miliardi di selfie e di istantanee di uotzapp, ma anche le immagini digitalizzate dei disegni dei bambini.
I disegni della mia nipotina Margherita dovrebbero essere in un cassetto, qui a casa. Recentemente mi ha chiesto di staccarne uno dal frigorifero perché la faceva sentire a disagio. La capisco, è successo anche a me alla sua età di provare imbarazzo di fronte a una infanzia troppo recente.
Certamente alcune immagini digitali dei disegni di Margherita stanno viaggiando per l’universo della rete. Ce ne saranno forse su youtube, su facebook, sui vari servizi di archiviazione offerti dai produttori del telefonino, dai gestori della posta elettronica… li avrò postati io o mia moglie o forse i genitori o qualche altro parente. Sulla rete non avverrà mai che possano stropicciarsi, bagnarsi o rovinarsi… ma perdersi sì. Anzi, in un certo senso sono già perduti, decontestualizzati, probabilmente non riportano altro che un casuale, incomprensibile e terrificante nome di file. Su internet, tra vent’anni, per Margherita non sarà possibile imbattersi nel disegno che mi ha chiesto di togliere dal frigorifero, ricordare di sè e di me.
I disegni di altri bambini capita che si vedano spuntare in un cassonetto della spazzatura, e stringe il cuore vederli. E di certo ci sono anche molti disegni sfatti nelle acque delle rotte dei migranti, e altri inceneriti in case distrutte dalle guerre. Sono parte di una umanità perduta e ci rivelano per contrasto il loro valore.
Una iniziativa di transform! europa ha dato vita a un sito che raccoglie le immagini digitali di disegni fatti da bambini migranti. Una raccolta che ha lo scopo di vedere il mondo attraverso i loro occhi: lo potete trovare qui. Come vedrete, i compagni hanno tenuto presente la necessità di contestualizzarli, di proteggere la privacy dei giovani autori, di consentire diversi percorsi di lettura. Sono disegni che ci parlano anche delle culture di provenienza; ma sono soprattutto rivolti al futuro e a una speranza di libertà che è anche integrazione: grandi metropoli e campi di calcio ritornano spesso in questi disegni. Portieri, terzini, attaccanti… tutti giocatori di una competizione sportiva che si fa metafora del desiderio di trovare un posto e un ruolo. Ma siamo all’inizio: i disegni di questi piccoli migranti hanno bisogno di essere letti nella loro dimensione di storie individuali e collettive e è necessario arricchirli di tante informazioni per saperne di più e per rispettarne le individualità.
Sotto l’impressione dell’invasione di Efrin da poarte della Turchia di Erdogan, mi è successo di cercare conforto e di interrogarmi e commentare alcuni disegni di bambini di Kobane, nella Siria del Nord. Se volete vederlo, questo è il link. Sono disegni molto omogenei e provengono da una piccola società motivata e coesa; ma anche in questo caso nasce il desiderio di saperne di più e l’ignoranza fa provare in chi li osserva un senso di incompletezza. Vi invito a visitare anche www.bimbidikobane.com
I disegni dei bambini assomigliano a tracce sul sentiero: ci dicono e vorremmo saperne di più, sono indizi che occorre colmare. I disegni dei bambini sono tracce; ma anche i nostri sguardi su di essi lo sono. Non ci rifugiamo in essi per sfuggire all’orrore e all’impotenza ma per per articolare speranze a partire da piccole e preziose certezze.
Così, tutto sommato, la rete ci può consentire di conservare, mettere in relazione, entrare in comunicazione con i disegni dei bambini di tutto il mondo. Son cose che abbattono barriere e ricostruiscono una visione comune. In un momento tanto cupo in cui l’Europa delle lotte, degli Ian Palach e dei Peppino Impastato, della caduta del Muro e delle mobilitazioni per la pace, per l’accoglienza e per l’ambiente, aperta alla lotta delle donne, sembra retrocedere in secondo piano davanti al mortifero filo spinato, occuparsi dei disegni dei bambini è vitale e necessario.
di Giancarlo Scotoni, Transform Italia