Terni Donne, l’orrore della guerra a Kobane / La resistenza delle donne ai tagliagole dell’Isis

Grozny e Sara Montinaro mettono a nudo le crudeltà della battaglia “Guerriglieri assumono viagra per poter stuprare più donne possibile”

Si è tenuto sabato scorso alle 17.00, alla Casa delle Donne di Terni, l’incontro con l’attivista della Campagna Rojava Calling, Sara Montinaro e il giornalista freelance Ivan “Grozny” Compasso. “Kobane la resistenza e le donne” questo il titolo dell’evento durante il quale i due ospiti, attingendo alle esperienze fatte in prima persona sul campo, hanno proposto al pubblico una contro-narrazione di quella che è la realtà di Kobane e della resistenza contro l’Isis, molto più complessa e particolarizzata rispetto a quella offerta dai media nazionali mainstream, ponendo sotto la lente alcuni aspetti per lo più sconosciuti al grande pubblico.

Sara Montinaro, è membro di “Ya Basta!” Bologna, organizzazione no profit che ha aderito al progetto della Campagna Rojava Calling a sostegno del Rojava, regione a nord­est della Siria che si è proclamata autonoma e di cui fa parte Kobane. “Alla base di Rojava c’è stata una vera e propria rivoluzione nella quale le donne hanno avuto un ruolo fondamentale, hanno scelto di partire dalla ridefinizione del concetto di donna e di onore per dare vita ad una nuova forma di governo alternativa al modello dello stato nazione” – ha detto Sara Montinaro.

Il Rojava si basa su quattro pilastri fondamentali: 1. il confederalismo democratico, in base al quale tutte le etnie convivono pacificamente in un sistema piramidale in cui la massima autorità è costituita da due governatori (un uomo e una donna) che esercitano il potere tenendo conto delle esigenze e delle problematiche delle Comuni (micro­entità di circa 50 abitazioni), 2. l’autodifesa (di qui la costituzione delle guerriglie Ypg, costituite da uomini e donne e Ypj, in cui combattono solo donne, per difendersi dall’avanzata degli uomini in nero), 3. un modello di economia distributiva antitetico a quello capitalistico e la 4. ridefinizione del ruolo della donna. “Le donne hanno avviato in queste zone una vera e propria rivoluzione a 360 gradi dal punto di vista sociale, culturale e politico, mediante la quale sono riuscite a sdoganarsi dal ruolo di succubi dell’uomo e ad inserirsi in tutti i contesti della vita quotidiana e non solo. C’è un detto curdo che recita ‘non importa se un leone è uomo o donna, un leone è sempre un leone’ e questo penso valga più di molte parole”, ha spiegato Sara Montinaro. Prima di concludere il suo intervento, l’attivista non ha risparmiato un affondo contro i media occidentali, colpevoli, a suo dire, di affrontare ben poco alcuni aspetti rilevanti dell’avanzata dell’Isis e della resistenza curda, uno fra tutti il ruolo della Turchia. “La verità è che purtroppo la Turchia sta aiutando in vari modi l’avanzata dell’Isis, attraverso il controllo militarizzato del confine, acquistando il petrolio dai tagliagole del califfato, senza contare che gli uomini di al­Baghdadi spesso, se feriti, vanno a farsi curare in Turchia. Già nel 2013 poi, il confine turco attraverso cui passavano i jihadisti occidentali per unirsi alle file dell’Isis era scarsamente controllato. Ora la Turchia fornisce a Francia e Germania i nominativi dei jihadisti occidentali, ma sembra farlo più che altro per ‘contentino’”.

“Non sono un eroe, ho fatto solo il mio lavoro come ritengo giusto che vada fatto” così ha iniziato il suo racconto Ivan “Grozny” Compasso, uno dei pochi giornalisti ad aver passato la frontiera raggiungendo così Kobane, dove è rimasto dal 6 al 12 dicembre. Per arrivare alla città simbolo della resistenza curda, il giornalista si è affidato ad un trafficante di uomini che l’ha condotto in auto insieme ad altri reporter ed è giunto nella parte ovest della città, dove si trovano ancora seimila civili adulti e mille bambini che sono rimasti per scelta o per necessità, “non tutti vogliono finire in un campo profughi curdo senza contare che per lasciare Kobane bisogna affidarsi ai contrabbandieri che chiedono circa 400 dollari a persona, molte famiglie non possono permetterselo”. Durante la settimana di permanenza nella città siriana, Ivan “Grozny” Compasso ha avuto l’opportunità di vivere a stretto contatto con le milizie curde dell’Ypg e dell’Ypj, impegnate in una estenuante ed eroica resistenza contro l’Isis. In questa battaglia un ruolo fondamentale è ricoperto dalle donne che hanno scelto di impugnare le armi per difendere in prima persone se stesse e la propria terra. A Kobane, come spiega il giornalista “c’è una cooperazione reale, ognuno fa la sua parte, uomini e donne vanno a combattere, mentre i più giovani (sotto i 21 anni) e gli anziani si occupano di tenere pulite le strade e di portare viveri e sigarette ai guerriglieri”.

Oltre ad essere numericamente inferiori, i combattenti curdi dispongono di armi piuttosto obsolete, fatta eccezione per quelle che riescono a sottrarre dai miliziani dell’Isis uccisi in battaglia. Dopo uno scontro, infatti, i guerriglieri curdi recuperano i corpi degli avversari. Questa pratica è giustificata da varie motivazioni, quella sanitaria prima di tutto, ma anche per una questione di rispetto, i cadaveri dei miliziani, infatti vengono disposti dai curdi in fosse comuni, uno accanto all’altro, in modo da poter essere restituiti ai familiari nel caso venissero a reclamarli. Recuperare i corpi dei nemici, inoltre, ha permesso ai guerriglieri di acquisire molte informazioni sui militanti dell’Isis. Si è scoperto ad esempio che questi fanno uso di droghe prima di commettere le atrocità per cui sono tristemente noti e che assumono Viagra in modo da poter violentare il maggior numero di donne possibile. E questo purtroppo non è tutto, come ha raccontato Ivan “Grozny” la guerra dell’Isis è una guerra che punta molto sulla componente mediatica, per questo durante la loro avanzata, i miliziani seguono una sorta di orrorifica procedura “standard”, raggiungono un villaggio e sterminano nei modi più atroci l’intera popolazione fatta eccezione per un anziano e un bambino ai quali viene poi consegnato il filmato contenente tutte le esecuzioni in modo che i superstiti possano mostrarlo agli abitanti dei villaggi vicini contribuendo così a seminare il terrore.

Circa 377 villaggi sono già stati massacrati. Nonostante la strategia dell’orrore messa in atto dall’Isis a colpi di atrocità, esecuzioni sommarie e violenze sessuali, i guerriglieri dell’Ypg e dell’

Ypj non si sono arresi e la scorsa settimana sono riusciti a liberare la loro Kobane dai Dais (“quelli là”, come i curdi chiamano gli uomini dell’Isis). Terminato, non senza un forte coinvolgimento emotivo, il suo racconto, il giornalista ha passato di nuovo la parola a Sara Montinaro che ha illustrato alcuni dei progetti che la Campagna Rojava Calling intende mettere in atto, come la costituzione di uno spazio educativo e ricreativo per i bambini e gli adolescenti sfollati presso il campo profughi di Suruc (Turchia).

di Giulia Argenti, Tuttooggi Info