«Siamo sotto assedio, riaprite il confine turco»

Kobane. Intervista al governatore indipendente Anwar Muslim: «Siamo per una Siria dove le minoranze abbiano diritto di cittadinanza. Così non è stato fin qui. Le opposizioni hanno la stessa mentalità di esclusione del regime di al Assad»

Abbiamo incon­trato al secondo piano del Can­tone di Kobane Anwar Muslim, gover­na­tore indi­pen­dente della Muni­ci­pa­lità con­trol­lata dal Par­tito demo­cra­tico unito (Pyd), affi­liato al Par­tito dei lavo­ra­tori kurdi (Pkk). Una dele­ga­zione, gui­data da Muslim, sarà in visita in Ita­lia a fine mese. Sono 32 le for­ma­zioni poli­ti­che, in grande mag­gio­ranza di ispi­ra­zione comu­ni­sta, che sie­dono nel con­si­glio locale.

23mila pro­fu­ghi siriani hanno attra­ver­sato il con­fine siriano ieri diretti in Tur­chia da Tel Abyad. Pensa che dav­vero gli abi­tanti di Kobane rien­tre­ranno a casa dopo il trauma degli attac­chi di Stato isla­mico e i bom­bar­da­menti della coalizione?

Siamo sotto asse­dio da ogni lato. Il governo turco non ci rico­no­sce e ha un’attitudine nega­tiva. I pro­fu­ghi siriani sono stati bloc­cati al con­fine per set­ti­mane, non hanno potuto scap­pare dal con­flitto ma ora stanno tor­nando. Almeno mille sono rien­trati e con­ti­nuano ad arri­vare a cen­ti­naia ogni giorno. Tutti sono obbli­gati ad attra­ver­sare la fron­tiera clan­de­sti­na­mente. Fac­ciamo pres­sione per­ché il con­fine ria­pra anche per per­met­tere la con­se­gna di aiuti uma­ni­tari e mate­riali per la ricostruzione.

La vit­to­ria del par­tito di sini­stra Hdp alle ele­zioni tur­che del 7 giu­gno avrà effetti sulla rico­stru­zione di Kobane?

È un suc­cesso demo­cra­tico che por­terà la pace in tutta la regione. Con la vit­to­ria di Hdp si apre una fase di soli­da­rietà tra kurdi. Il par­tito ci ha dato un soste­gno impor­tante attra­verso le muni­ci­pa­lità che con­trolla in Tur­chia. Ma Erdo­gan (pre­si­dente turco, ndr) deve pren­dere atto del nuovo corso. Non può con­ti­nuare a trat­tarci come ter­ro­ri­sti e accu­sare i Ypg di fare puli­zia etnica quando è il governo turco per primo a lasciar fare all’Is.

Eppure cam­mi­nando per Kobane sem­bra ancora tutto fermo al giorno della libe­ra­zione da Is lo scorso gennaio?

Da due anni siamo senza elet­tri­cità e acqua. Siamo stati cir­con­dati dai jiha­di­sti fino all’apertura di ieri del cor­ri­doio di Tel Abyad gra­zie all’impegno costante dei Ypg. La mag­gior parte delle scuole sono distrutte. Solo tre hanno ria­perto. 33 nell’intero can­tone. Prima della guerra c’erano 445 scuole per 32 mila stu­denti. Malat­tie gravi non pos­sono essere trat­tate per man­canza di equi­pag­gia­mento tec­nico. Abbiamo biso­gno di rico­struire strade e case per il ritorno alla vita nor­male. Ma non ci fer­miamo, nono­stante l’assedio sei mila bam­bini hanno fatto gli esami di fine anno. Sono almeno 300 gli inse­gnanti che con­ti­nuano a lavo­rare in con­di­zioni disastrose.

Quali sono le rela­zioni eco­no­mi­che con il Kur­di­stan ira­cheno di Barzani?

Non abbiamo rela­zioni eco­no­mi­che. Bar­zani ha man­dato qual­che aiuto e durante l’assedio 160 pesh­merga hanno attra­ver­sato il con­fine turco secondo gli accordi inter­na­zio­nali ma dopo due mesi hanno lasciato Kobane.

Come è strut­tu­rata la gestione della sicu­rezza nel cantone?

I Ypg (Unità di pro­te­zione del popolo, ndr) pro­teg­gono i con­fini esterni del can­tone. La poli­zia (asays) si occupa della sicu­rezza interna. I primi dipen­dono dal mini­stero della Difesa, i secondi dall’Interno. La società civile è impe­gnata ognuno nel suo campo di azione con i par­titi poli­tici per affron­tare la ricostruzione.

Che rap­porto avete con Dama­sco e le oppo­si­zioni siriane?

Noi siamo per una Siria dove le mino­ranze abbiano diritto di cit­ta­di­nanza. Così non è stato fin qui. Le oppo­si­zioni hanno la stessa men­ta­lità di esclu­sione del regime di al Assad. Non accet­tano la lotta di kurdi, armeni e delle altre mino­ranze. E sono sem­pre più radi­cali. Non abbiamo rap­porti con loro. Lot­tiamo per l’autonomia della Rojava secondo la nostra ideologia.

Qual è il primo passo per la fine dell’isolamento di Kobane?

Kobane non è mai stata sola. Ma l’Europa deve fare pres­sioni sulla Tur­chia per la ria­per­tura del con­fine. Lo Stato isla­mico ha subito una scon­fitta cocente gra­zie ai com­bat­tenti kurdi. Il 65% di Kobane era nelle mani di Daesh. Lo scorso set­tem­bre i jiha­di­sti erano entrati al primo piano di que­sto palazzo.

IL manifesto