Sfidare la modernità Capitalista II: Strade di pensiero colonizzatrici; Suggerimenti per una epistemologia femminista

Intervento di Dr.ssa Muriel Gonzales Athenas alla conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” Amburgo 3-5 Aprile 2015

Sono felice di essere in grado di discutere il tema della colonizzazione del pensiero con gli attivisti del movimento di liberazione curdo e in questo senso, vorrei ancora una volta ringraziarvi di cuore per l’invito.

Perché abbiamo bisogno, come ho sostenuto, di un’epistemologia critica e femminista? Nuovi studi, che includevano le intuizioni del movimento radicale-femminista, hanno indagato sulle funzioni politiche delle scienze (naturali). Questa costruzione sulla consapevolezza dell’interpretazione e della legittimazione delle ingiustizie sociali è stata definita come la differenza naturale nelle scienze. Ma non solo il campo delle relazioni di genere e le loro asimmetrie sono stati messi sotto critica, altre aree delle produzioni di conoscenza sociali dominante, come il nazionalismo, la scienza, il sessismo, la religione, ecc sono stati osservati in modo critico. Così, nei suoi scritti di analisi, molti dei quali non sono ancora stati tradotti, Abdullah Öcalan cita, giustamente, queste categorie e le critica come modelli di pensiero e pratiche sociali che devono essere superate. L’approccio di questo contributo si propone di guardare oltre queste categorie, chiedendo condizioni di produzione della conoscenza, circa schemi di pensiero auto-evidenti, che superino la matrice del pensiero occidentale-europeo.

In linea di principio dobbiamo prima riconoscere che la società oggi viene drenata con meccanismi, risultati, discorsi e strumenti che si riferiscono alla scienza. Il ruolo della scienza ha guadagnato sempre più significato durante l’Illuminismo europeo. È fondamentale guardare questa condizione sociale immutata e incontrastata di scienze o modelli scientifici cognitivi per analizzare il loro collegamento alle strutture sociali asimmetriche. Di seguito, vi spiegherò gli sviluppi storici di alcune epistemologie influenti della scienza, per discutere, dopo, alcuni approcci e modelli di epistemologia femminista.

La costruzione delle scienze.
Come hanno fatto i paradigmi dominanti e le scienze moderne ad emergere? Voglio spiegare questo processo sull’esempio di storia della scienza e la categoria di genere.

Nella seconda metà del 18° secolo, università e circoli colti spesso hanno pensato a come una teoria della storia e della storiografia sarebbe potuta essere costruita su nuovi pilastri concettuali. Vi ricordo che questo avveniva nel bel mezzo di dibattiti sull’emergere di stati-nazione in molti paesi d’Europa, quando l’Europa occidentale aveva, ormai, messo da parte le sue guerre di religione e diviso le regioni laicamente, quando le nuove tecnologie di produzione di massa sono state portate sul mercato.

La scienza teorica ha cambiato il proprio progetto di teorizzazione mettendo in un ordine trasmissibile i fenomeni nel tempo e nello spazio. L’enfasi era posto su un rapporto percepito gerarchicamente dalle parti, dal generale allo specifico. Praticamente questo significava che la re-concettualizzazione della scienza dell’essere umano veniva fondata su due gerarchie conclusive. La metafora educativa culturale comparata pone gli europei dell’Occidente cristiano come educatori di umanità, sopra tutti gli altri esseri umani. Le analogie tra l’istruzione dei bambini e le fasi di sviluppo della storia umana sono innumerevoli. E la seconda gerarchizzazione – attraverso lo sviluppo dell’antropologia specifica della donna – stava nella tendenza a vedere mascolinità nel tratto umano generale e una conseguente costruzione maschile specifica. Ad esempio, la ginecologia, che è stata recentemente sviluppata da esperti medici e biologi, è stata attribuita al sesso femminile, mentre il sesso maschile comprendeva le ambizioni cognitive diverse ed è stato trattato in diverse discipline accademiche.

Quindi non è sorprendente che ciò che è stato stabilito come la scienza della storia universitaria negli Stati-nazione del 19° secolo abbia visto la totale assenza della donna, apparsa soltanto marginalmente negli interessi storiografici. Così gli accordi scientifici della storia hanno cementato il presupposto che il sesso femminile appartenga più alla natura immutabile rispetto all’appartenenza della cultura rivolta, invece, verso il cambiamento storico. Questo nuovo concetto di storia generale, con l’attuazione di concetti e metodi della storiografia scientifica vincolante ha quindi bloccato un approccio alla storia delle relazioni di genere e si è concentrato sul suo soggetto principale: l’uomo bianco, dell’Europa occidentale, della classe media cristiana.

Quando le donne hanno ottenuto l’accesso alle scienze e alla politica, i ruoli di genere rigidi stabiliti nel 19° secolo avevano già esercitato le loro funzioni e attribuito alle donne specifici compiti. Questi ruoli non sono stati mantenuti rigidamente, tanto che anche le donne sono state ammesse all’univerisità. Ma ciò ha modificato in minima parte la costruzione del femminile fino ad oggi. Queste costruzioni, anche se non corrispondono alle esperienze storiche e sociali delle donne, costruiscono un sistema di riferimento che serve a garantire la gerarchia dei generi. Così dalla prospettiva critica della scienza femminista, il modello di genere è inteso come termine funzionale, posizionale e relazionale che attraversa altre categorie di strutture sociali come classe ed etnia e traccia un profilo di questi in modo specifico.

La postmodernità non ha portato ad un’ulteriore parità, anche se il discorso pubblico e dominante cerca di darci questa impressione. La politica dei principi universali così come i riferimenti alla globalizzazione hanno rivelato i tratti totalitari, attraverso lo strumento di socializzazione l’idea di uguaglianza è stato trasformato in inversione di allineamento e nell’eliminazione delle differenza che si traduce nella distruzione dell’altro. In questo processo, i seguenti paradigmi o, meglio ancora, le seguenti epistemologie, ovvero sistemi di pensiero, sono stati posti come base delle scienze moderne:
* Dicotomie, Binario di pensiero: specificità e funzionalità delle società moderne, moderne forme di vita, conoscenza moderna sono tutte descritte con dicotomie. In questo processo, la nozione di coppia viene costruita in maniera costruttiva per il nostro pensiero: Stato / famiglia, uomo / donna, adulto / bambino, individuale / collettivo, natura / cultura, uguaglianza / differenza, universalità / particolarità, uso comune / uso privato e, di conseguenza, modernità / postmodernità. Si potrebbe perennemente continuare questa lista. Questa dicotomia di esperienze e concetti, di pratica sociale e della differenza teorica si riduce ad aspetti funzionali e ad un’ unificazione di aspetti della vita. Poiché queste concettualizzazioni non sono ritenute essere prive di gerarchie, esse funzionano anche come motore per la differenziazione dei sottosistemi sociali. Esempio: donne – natura – privacy – famiglia > sistema di riferimento per le donne.

*Pensiero progressista – Positivismo: Lo sviluppo dell’umanità nello spirito del progresso. Scoperte, invenzioni, ma anche guerre e politica nel segno del progresso dell’umanità (gli oratori prima di me hanno già elaborato su questo).

*Posizioni soggettive: L’uniforme, identico soggetto che reagisce consapevolmente e logicamente per sé. Funziona come un sistema solare e richiede sovranità interpretativa universale. L’uomo e il suo incidere come storia generale e modello per qualsiasi matrice.

*Storia -lineare: Determinato, continuo, di auto-riproduzione. Deve essere in grado di resistere a qualsiasi critica soggettività

In molti studi femministi e di genere, sono stati elaborati molti approcci per proporre una storia diversa rispetto questi paradigmi:
Isabel V. Hull si è interessata a ciò, focalizzandosi sulla scrittura della storia politica: le condizioni di emergenza e l’impatto della prima età moderna dello statalismo in Germania. Contro i concetti modello degli storici di assolutismo, che collegavano questa emergenza con il concetto di disciplina sociale, lei arriva ad una differenziazione politica di genere degli stati della prima età moderna, che non operano pienamente nel senso di norme maschili-patriarcali. È questa differenziazione di genere che lei dimostra essere la dimensione essenziale della costituzione e legittimazione dello statalismo in età moderna. Ha inoltre elaborato che la politica di genere delle istituzioni illuminate-assolutiste tendevano verso una maggiore uguaglianza rispetto agli stati liberali.
Un altro esempio è la ricerca di Nathalie Zemon Davis. A livello micro-storico, essa prende in esame la vita di tre donne in età moderna, esponendo una storia di possibilità, camere di manovra di persone. Davis descrive le sale creative di manovra delle donne nel 17° secolo, nelle loro posizioni socialmente marginali, all’esterno dei centri del potere politico e religioso.

Soprattutto Ute Frevert elabora un modello in cui la categoria di genere è stata sviluppata seguendo un ordine principale societario del 19° secolo, inserendolo nella sua ricerca sulle relazioni di genere in età moderna. La categoria di genere per la costruzione della differenza – sia a livello di pratica sociale nonché a livello del discorso – si è sviluppata come un elemento strutturale costitutivo della società borghese ed è stato, quindi, ribadito e cementato in essa.
Suggerimenti per un’epistemologia femminista. I primi approcci si concentrano su due questioni: 1. In che modo la difesa contro il soggetto costruisce un’epistemologia soggettiva che perpetua un rapporto gerarchico di genere? 2. Come sono i rapporti patriarcali contemporanei rappresentati nei loro concetti riduzionisti delle scienze (naturali)?

Tre approcci alla scienza femminista possono essere introdotti qui brevemente:
Le teorie femministe della scienza e della società hanno esaminato la logica delle divisioni dicotomiche della scienza e hanno sviluppato un proprio metodo di lettura della modernità e il proprio quadro di riferimento teorico. La differenziazione tra sesso biologico e sociale, cioè tra sesso e genere, nonché l’analisi della divisione di genere del lavoro con ripercussioni socio-psicologiche di lungo termine sono state fondamentali per questo. In questo processo, secondo questa analisi, il corpo femminile funge da matrice di proiezioni di desideri e timori della donna cosiddetta moderna. Il femminile non sta per se stesso, ma soddisfa la funzione di un’immagine culturale, nel mito delle perennemente femminili, le donne possono avere un passato, ma non hanno una storia.

L’obiezione di empirismo femminista a questo è il seguente: si presuppone che il sessismo e l’androcentrismo siano distorsioni sociali che possono essere corretti dalla rigorosa applicazione delle norme metodologiche già esistenti di ricerca scientifica costruite. La sua tesi è che le femministe hanno una prospettiva più inclusiva e critica a causa del loro atteggiamento generalmente più critico e sono pertanto destinati ad abolire i meccanismi di oscuramento che sono alla base della conoscenza e delle osservazioni. Le scienziate femministe sono quindi più propense a percepire distorsioni androcentriche rispetto ad altri scienziati. Inoltre, le condizioni sociali hanno costretto la scienza tradizionale verso l’obiettività. Un esempio sono le rivoluzioni latinoamericane del 19° secolo e le rivoluzioni proletarie alla fine del 20° secolo, gli sviluppi che colpiscono le nozioni di oggettività scientifica in modo determinante. L’empirismo femminista ha criticato inoltre la raccolta selettiva dei risultati esaminati che hanno portato ad una scienza androcentrica.

Tale approccio è molto seducente perché mira solo alla scienza “poco seria”, ma non all’intero approccio scientifico. Ma ignora il fatto che la localizzazione sociale ha numerosi impatti sui metodi e sulle epistemologie e quindi sui risultati di una ricerca.

Il punto di vista femminile della teoria. Questo approccio è emerso dalla dialettica di Hegel e Herr Knecht nello sviluppo di questa tematica attraverso Marx, Engels e Lukacs. L’ipotesi principale è che l’identità sociale dell’osservatore sia una variabile importante per la possibile obiettività dei risultati della ricerca. Così, i punti di vista femminista che derivano dall’esperienza femminile e possiedono caratteristiche universali, sono maggiormente in grado di spiegare i fenomeni sociali. Inoltre, dopo le nuove scoperte dello strutturalismo sociale, cioè la intersezionalità di categorie, posizioni femministe possono essere molto diverse. A seconda di etnia, razza, classe, cultura, ecc portano con sé varie prospettive dell’analisi, rendendola più oggettiva.

Credo che una particolarità merita di essere menzionata: il concetto di conoscenza situata. Uno dei suoi difensori, Donna Harraway, presume che le teorie epistemologiche devono assumere una particolarità e la fisicità di tutte le visioni. Tutti i punti di vista occupano così uno spazio, una posizione che deve essere riconosciuta in riflessione metodica. Ogni scienziato deve contestualizzare il loro radicamento nella società, il loro background e il loro comportamento. I punti di vista ai margini della società sono, come abbiamo elaborato, i più adatti per farlo. Postmodernismo femminista: questo approccio mette fondamentalmente in discussione i due approcci precedentemente menzionati.

Ad esso sono collegati tutti i pilastri della scienza con i vari metodi. Gli effetti di questi studi sono stati naturalizzazione delle differenze attraverso un punto di vista costruttivista radicale. La categoria di genere, pertanto, non si basa su un terreno fisico e naturale, ma piuttosto maschera un sé frammentato.
Ma anche questi tre approcci non sempre mettono i in discussione i paradigmi scientifici, quali obiettività e universalità.

Domande per una scienza/epistemologia femminista.
Per essere in grado di articolare analisi e cambiamenti efficienti, essa deve essere progettata in modo aperto metodologicamente, concettualmente e con dei solidi contenuti. Solo così si possono offrire campi di ricerca e di discussione controversi. La Desideratum teorica deve essere disponibile a lavorare con i concetti soggettivi, in cui il soggetto è in grado di compiere un’azione, ed esegue non solo regole e norme. D’altra parte l’origine del ricorso non deve essere localizzato all’interno del soggetto (mente, volontà, ecc), che è libero da tutte le influenze sociali e culturali. Il soggetto non deve essere concepito come un essere autonomo che agisce razionalmente perseguendo i propri interessi. I timori, gli obblighi, le sofferenze sono anche le basi motivazionali concepibili. La domanda è: come possono essere concettualizzati o se possono essere ricostruiti. Il genere deve essere pensato come una categoria, sulla base di una produzione interattiva di una categoria. Uno non deve avere un genere, ma fa un genere. Il significato di genere è (condizioni cioè di pensiero auto-evidente e percezione o la responsabilizzazione anche) una disposizione di azione-guida di orientamento per le persone. La categoria di genere deve essere rispecchiarsi come la manifestazione di un ordine sociale e norming bipolare, cioè come principio organizzativo di potenza. Solo una tale ricerca sostenuta in collaborazione con i movimenti sociali può muovere la società nel nostro senso.

Così le relazioni di genere di oggi non sono vecchie di diecimila anni, ma sono la causa degli sviluppi dell’era moderna europea dal tardo Medioevo.
Vorrei anche aggiungere che sembra fondamentale per me il fatto che non si abbia bisogno di fare affidamento sulla “nostra” storia, di esigere che tutte le persone siano trattate con rispetto, dignità e solidarietà. C’è di più: non abbiamo bisogno di un genere particolare, nessuna classe, non lingue corrispondenti per chiedere una vita in pace. Anche se l’essere umano è sempre stato in guerra, anche se la società matriarcale pacifica non è quasi mai esistita, abbiamo il diritto di esigere una vita di uguaglianza e di solidarietà. Semplicemente perché lo facciamo!

Grazie mille per la vostra attenzione!