Risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 sul rapimento e sul maltrattamento delle donne in Iraq
Il Parlamento europeo ,
– viste le sue precedenti risoluzioni sull’Iraq,
– viste le conclusioni del Consiglio «Affari esteri» sulla crisi dovuta all’ISIL in Siria e in Iraq del 20 ottobre 2014,
– vista la risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani S-22/1, del 1° settembre 2014, sulla situazione dei diritti umani in Iraq alla luce degli abusi commessi dal cosiddetto «Stato Islamico dell’Iraq e del Levante» e dai gruppi a esso associati,
– vista la relazione ONU della commissione d’inchiesta internazionale indipendente sulla Repubblica araba siriana, del 14 novembre 2014, dal titolo «Rule of Terror: Living under ISIS in Syria» (Stato di terrore: vivere nella Siria dell’ISIS),
– visti l’accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell’Iraq, dall’altra, e la sua risoluzione del 17 gennaio 2013 sull’accordo di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e l’Iraq(1) ,
– vista la risoluzione n. 2106 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 24 giugno 2013, sulla violenza sessuale nei conflitti armati e in situazioni postbelliche,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, di cui l’Iraq è parte,
– viste la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), di cui l’Iraq è firmatario, e la risoluzione n. 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
– visti l’articolo 135, paragrafo 5, e l’articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il cosiddetto Stato islamico (IS) ha commesso numerose atrocità che equivalgono a crimini contro l’umanità, tra cui uccisioni di massa, esecuzioni ordinate da tribunali dell’IS autoproclamati, l’imposizione di un’interpretazione rigida della Sharia, violenze sessuali nei confronti di donne e bambini, schiavitù, stupri, matrimoni forzati, tratta di esseri umani, sfollamenti e rapimenti, che hanno causato una crisi umanitaria catastrofica e lo sfollamento di numerose persone dalle zone sotto il suo controllo;
B. considerando che, nell’agosto 2014, combattenti dell’IS sono avanzati nell’Iraq settentrionale, schiacciando le forze dei Peshmerga kurdi che si erano insediate nelle aree abbandonate dall’esercito iracheno; che la città di Sinjar è stata occupata e che la diga di Mosul, di importanza strategica e che fornisce acqua ed elettricità ad ampie parti dell’Iraq, è anch’essa stata presa; che i combattenti dell’IS si sono spinti sino a 40 km da Irbil, la capitale del Kurdistan iracheno; che molte donne curde stanno combattendo a Kobane, tra loro anche militanti e dirigenti delle truppe del PKK;
C. considerando che membri di minoranze etniche e religiose, in particolare cristiani e yazidi, turcomanni, shabak, kakai, sabei e le comunità sciite, nonché molti arabi e musulmani sunniti, sono stati presi di mira dall’IS a Mosul e nelle zone circostanti, comprese Sinjar e Tal Afar;
D. considerando che, secondo le stime di Human Rights Watch, 3 133 yazidi sarebbero stati rapiti e uccisi dall’IS o risulterebbero scomparsi in seguito all’offensiva dell’IS di inizio agosto; che tale elenco comprende 2 305 persone che sarebbero state rapite, tra cui 412 bambini; che l’IS sta indottrinando i bambini yazidi sequestrati;
E. considerando che nell’ottobre 2014 i ricercatori delle Nazioni Unite hanno stimato che tra le 5 000 e le 7 000 donne sarebbero state recluse in centri di detenzione improvvisati, da cui sarebbero state portate via e vendute come schiave o consegnate agli jihadisti come concubine; che si ritiene che solo nella città di Tal Afar siano detenuti in cinque centri circa 3 500 donne e bambini;
F. considerando che l’IS e altri estremisti jihadisti in Iraq e in Siria hanno provocato flussi di profughi che vanno ad affollare i campi in Turchia, in Libano e in Giordania, dove le donne e le ragazze, in particolare, si trovano ad affrontare dure condizioni umanitarie e sono estremamente esposte a molestie, violenze sessuali, matrimoni forzati e altri abusi;
G. considerando che il carattere transnazionale dell’IS e dei gruppi terroristici a esso associati desta preoccupazione in tutto il mondo;
H. considerando che l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) è profondamente preoccupata per la capacità della comunità internazionale di far fronte alle urgenti necessità legate al periodo invernale in Iraq, con particolare riferimento alle persone sfollate a seguito dei recenti eventi;
I. considerando che l’unità, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Iraq sono essenziali ai fini della stabilità e dello sviluppo economico del paese e della regione;
1. condanna con la massima fermezza le violazioni e gli abusi sistematici dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale derivanti dalle azioni dell’IS e dei gruppi terroristici associati, che costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità; condanna con fermezza, in particolare, ogni forma di violenza contro le persone per motivi religiosi o di appartenenza etnica e la violenza perpetrata nei confronti di donne e bambini;
2. condanna con fermezza le numerose atrocità compiute dall’IS e dirette soprattutto contro le donne, che costituiscono crimini contro l’umanità, come ad esempio il rapimento, lo stupro e altre forme di violenza sessuale, la riduzione in schiavitù nonché le conversioni e i matrimoni forzati; sottolinea la necessità che i responsabili di tali violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale siano chiamati a rispondere delle loro azioni;
3. pone l’accento sulla necessità di riunire quanto prima i minori con le loro famiglie, di porre fine ai matrimoni forzati e agli abusi sessuali e di rilasciare immediatamente tutti i detenuti civili, in particolare le donne, imprigionati dall’IS;
4. invita il governo iracheno a ratificare lo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale per consentire a quest’ultima di perseguire i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità perpetrati dall’IS;
5. chiede al governo dell’Iraq di promuovere e tutelare i diritti umani coinvolgendo tutte le componenti della società irachena in uno spirito di unità e riconciliazione nazionale, e di rispettare il diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani nei tentativi di contrastare l’IS; offre sostegno al governo per aiutarlo a costruire una società più equa e inclusiva, che protegga e promuova i diritti delle donne;
6. plaude agli sforzi profusi dalla comunità internazionale, in particolare dagli Stati Uniti, per sostenere le autorità irachene nazionali e locali nella lotta contro l’IS, per fermare l’avanzata di quest’ultimo e per agevolare l’accesso al sostegno umanitario; sostiene la coalizione globale contro l’IS e i suoi sforzi volti a combatterlo, anche con mezzi militari; esorta la comunità internazionale a fornire l’assistenza di primo soccorso necessaria alle persone in Iraq durante l’inverno, anche alle famiglie di yazidi che sono rimaste sul monte Sinjar a difendere i loro templi dalle distruzioni operate dall’IS;
7. invita tutte le parti interessate presenti nella regione ad adoperarsi al massimo per porre fine a tutte le attività di organismi ufficiali o privati volte a diffondere nelle parole e nei fatti le ideologie islamiche estremiste; invita la comunità internazionale, in particolare l’UE, ad agevolare un dialogo regionale sui problemi del Medio Oriente e ad associarvi tutti gli attori più rilevanti, in particolare l’Iran e l’Arabia Saudita;
8. esorta le Nazioni Unite, in particolare il relatore speciale sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, a fare tutto il possibile per rintracciare le vittime, per condurre le indagini e per accertare i fatti e le circostanze relativi a tali abusi e violazioni nei confronti delle ragazze e delle donne perpetrati dall’IS e dai gruppi terroristici associati in Iraq e in Siria, allo scopo di impedire l’impunità e assicurare una piena assunzione di responsabilità; sostiene l’operato del rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i crimini sessuali in situazioni di conflitto, Zainab Hawa Bangura;
9. invita le agenzie umanitarie internazionali attive in Iraq, comprese le agenzie delle Nazioni Unite, ad aumentare i servizi medici e di consulenza per gli sfollati che sono fuggiti dinanzi all’avanzata dell’IS, prestando particolare attenzione alle esigenze delle vittime di violenza sessuale e dei minori;
10. ribadisce il suo invito alla Commissione, al Servizio europeo per l’azione esterna e agli Stati membri ad adottare misure specifiche per affrontare la situazione delle donne in Iraq e garantire la loro libertà e il rispetto dei loro diritti fondamentali, nonché ad adottare misure volte a impedire lo sfruttamento, l’abuso e la violenza contro le donne e i bambini; esprime particolare preoccupazione per l’aumento di tutte le forme di violenza contro le donne yazidi, che vengono detenute, violentate, sottoposte ad abusi sessuali e vendute dai membri dell’IS; invita in particolare gli Stati membri a migliorare le politiche in modo da soddisfare le esigenze dei sopravvissuti e istituire un meccanismo che consenta alle donne traumatizzate provenienti dalla Siria e dall’Iraq, segnatamente le donne yazidi, di ricevere una speciale consulenza post-trauma personalizzata;
11. è convinto che la protezione e l’assistenza umanitaria immediate vadano completate con strategie a lungo termine a sostegno dei diritti socioeconomici e dei mezzi di sussistenza delle donne rimpatriate, sfollate internamente e rifugiate, nonché a favore di una maggiore leadership e partecipazione, al fine di conferire loro la facoltà di scegliere soluzioni durature che ripecchino le loro necessità; ritiene che vi sia la necessità di far fronte ai rischi specifici e alle necessità particolari di diversi gruppi di donne, soggette a molteplici e interdipendenti forme di discriminazione;
12. condanna il fatto che, con l’avanzare dell’IS, gli atti di violenza e gli omicidi perpetrati contro le persone LGBT irachene rimangono completamente impuniti; osserva che, sebbene le persone LGBT irachene non siano il solo gruppo a rischio nell’attuale contesto di crisi e conflitto, esse si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità poiché possono contare su una limitata protezione del governo e su un limitato sostegno da parte della famiglia e della comunità; osserva che le persone LGBT irachene rimangono emarginate e a rischio nelle comunità di rifugiati o in determinate società ospitanti; invita il governo dell’Iraq a fornire protezione alle persone LGBT irachene;
13. si rammarica che, come conseguenza degli anni di dittatura e conflitto, la vita delle donne irachene si sia significativamente deteriorata; invita a promuovere e ad attuare la risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza, al fine di garantire la partecipazione delle donne alla risoluzione dei conflitti e alla costruzione della democrazia; insiste sul fatto che, senza la partecipazione delle donne al processo decisionale, non sarà possibile garantire una reale protezione né una vera sicurezza per le donne in Iraq;
14. invita a compiere uno sforzo concertato a livello internazionale, in stretta collaborazione con le comunità, le organizzazioni e i paesi musulmani, per opporsi all’ideologia radicale salafita/wahhabita che costituisce la base e l’ispirazione per l’azione dell’IS e le organizzazioni terroristiche associate e sta diventando una crescente minaccia alla sicurezza degli Stati membri; invita il SEAE e gli Stati membri, nell’ambito del loro dialogo con i paesi del Golfo, a sollevare le gravi preoccupazioni in merito agli sforzi di indottrinamento all’ideologia salafita/wahhabita in corso in molti paesi a maggioranza musulmana e comunità musulmane in tutto il mondo da parte di soggetti di tali paesi;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al Consiglio dei rappresentanti dell’Iraq, al governo regionale del Kurdistan, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.