Resoconti della delegazione del Comitato di Sostegno al Popolo Siriano
di Olivia Pastorelli
Come Comitato di sostegno al popolo siriano di Milano abbiamo effettuato tra il 23 dicembre e il 4 gennaio 2013 il primo viaggio in Siria per consegnare gli aiuti umanitari raccolti.
Dei nostri compagni siriani membri del Comitato sono stati in Siria, portando gli aiuti raccolti qua in Italia, tramite versamenti sul conto corrente bancario di Assopace Milano, messo a disposizione del Comitato, e i nostri 4 punti di raccolta (2 a Milano presso Casa Pace e Sinistra Critica, uno a Varese presso la ditta di un nostro compagno, uno a Gallarate presso la CUAC) dove abbiamo raccolto prevalentemente vestiti pesanti, coperte, sacchi a pelo e medicinali.
I nostri compagni sono stati ad Efrin che è in zona curda, amministrato da partiti curdi, non lontano da Aleppo. I vestiti e le coperte raccolte le hanno distribuite a Efrin, dove ogni famiglia ne ospita altre 2 o 3 sfollate da Aleppo. Ed è agli sfollati che sono stati distribuiti vestiti e coperte. C’è una forte solidarietà dal basso: chi ospita non chiede se l’ospitato è sunnita, alawita, cristiano o druso. A Efrin è stato inaugurato un ospedale da campo proprio il 4 gennaio. Il medico responsabile ci ha detto come prima cosa che loro curano tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnico-religiosa, tutti compresi i soldati dell’esercito regolare siriano e i combattenti dell’Esercito Siriano Libero.
Questo per noi è molto importante. C’è stato dato un elenco di medicinali in arabo che stiamo cercando di tradurre, e servono apparecchiature diagnostiche per esami da laboratorio. Le medicine che abbiamo raccolto sono state date in buona parte all’ospedale di Ezaz, sempre nella zona a nord di Aleppo, uno dei due presenti in città (l’altro è stato bombardato proprio mentre i nostri compagni stavano visitando l’altro) e in misura minore in altri villaggi a nord di Aleppo dove ci sono presidi sanitari o medici che assicurano un primo soccorso. Anche lì abbiamo raccolto numerose richieste di medicinali.
I generi alimentari sono stati invece destinati al campo profughi di Jerablos che ospita poco più di 800 persone, ed è in Siria a poca distanza dal confine con la Turchia, non in zona curda.
Abbiamo consegnato 1500 euro con cui si faranno kit alimentari per ogni famiglia con riso, farina e burro. La situazione è terribile: mancano l’elettricità e il gas, ci si riscalda, si cucina, ci si lava accendendo fuochi con la legna, con il rischio di intossicazione per il fumo e di catastrofe ambientale a guerra finita. Poi mancano acqua, cibo e medicinali. Servirebbero anche generatori elettrici. Nel campo profughi le tende non sono isolate dal terreno, per cui quando piove coperte e sacchi a pelo si impregnano d’acqua. I nostri compagni hanno visto dopo la pioggia pani appesi ai fili per stendere il bucato perché anche se bagnato non ci si può permettere di buttare neppure un pezzo di pane. I soldi che raccogliamo serviranno prevalentemente ad acquistare medicinali e cibo.
Attualmente è in corso un secondo viaggio.
Noi abbiamo visto – tramite i nostri compagni – solo un pezzetto di Siria ma le notizie che arrivano da Homs, da Idlib, da Aleppo, dalle regioni curde descrivono scenari molto simili a quelli visti nella zona a nord di Aleppo dai nostri compagni. L’esercito di Assad, ritirandosi, lascia il deserto. e tutte queste zone hanno bisogno urgente d’aiuto: il popolo siriano sta pagando un prezzo altissimo per la sua rivolta contro la dittatura.
Alcune riflessioni: uno dei nostri obiettivi era di individuare in Siria persone e soggetti collettivi che volessero costruire una Siria democratica, rispettosa dei diritti umani, individuali e collettivi dei diritti delle minoranze e di uguaglianza di genere. Quello che ci hanno raccontato i nostri compagni di ritorno dalla Siria ci pare confortante e ci sollecita a continuare a lavorare in questa direzione. Raccogliere generi umanitari – svolto da noi che come pacifisti abbiamo uno specifico diverso dalla Mezza Luna Rossa o dalla Croce Rossa – ha una valenza politica e pacifista che potrà valere tanto più a conflitto finito quando si tratterà di costruire una Siria democratica. Disinnescare il tentativo di numerosi soggetti interni (Assad) ed esterni (Arabia Saudita in primis e anche Turchia) di trasformare il conflitto politico in guerra etnico-religiosa, passa anche da qui, dalle relazioni che si costruiscono portando aiuti. La situazione è sicuramente complessa, con dinamiche di non sempre facile lettura, ma non possiamo non attrezzarci a decifrare i conflitti contemporanei e non tentare di portare il nostro aiuto concreto e non raccogliere – da pacifisti – la sfida che questo conflitto ci pone.
Se volete leggere – oltre a un dossier sul conflitto siriano – una cronaca del viaggio di fine dicembre, la trovate sul nostro sito: http://www.comitatosiriamilano.blogspot.it/
Comitato Siria Milano
Ricordo le indicazioni pratiche per aiutarci e ringrazio di cuore chi ha già dato un contributo alla riuscita del primo viaggio e la CUAC di Gallarate, che ha messo a disposizione lo spazio per la raccolta umanitaria e il proprio bar per raccogliere gli aiuti negli orari in cui le persone del Comitato non sono presenti in sede.
Comitato di sostegno al popolo siriano – Milano (338-4477254)
Resoconto di Muhammed,
I nostri compagni siriani hanno effettuato nella settimana di Pasqua un altro viaggio della solidarietà recapitando aiuti nella cittadina curda di Efrin, nel nord della Siria, non lontano da Aleppo, dove erano già stati a Natale. Rispetto a Natale la situazione sanitaria si è ulteriormente degradata. Intanto sono sempre più numerosi gli sfollati da Aleppo. Esiste un flusso continuo di persone che in fuga da Aleppo si riversano su Efrin, tanto che oramai tutte le abitazioni private sono sature di sfollati (ricordate che raccontavamo come ogni famiglia di Efrin ne ospitasse due, tre, quattro in fuga da Aleppo?) ed è stato necessario aprire le scuole per ospitare gli sfollati. Quindi una dopo l’altra le scuole di Efrin hanno cessato l’attività scolastica prima del termine dell’anno scolastico per lasciare posto agli sfollati di Aleppo. Una città di circa 25.000 abitanti ora ne ospita circa 40.000 perché il numero di sfollati è di circa 10.000 – 15.000 persone.
I nostri compagni hanno distribuito in una di queste scuole gli aiuti raccolti in Italia e hanno anche offerto una piccola merenda ai bambini che per un pomeriggio hanno potuto allontanare il pensiero della guerra e hanno fatto dei disegni con i pastelli e la carta che i nostri compagni hanno portato dall’Italia: ci piacerebbe con questi disegni strutturare una mostra sui bambini siriani.
Particolarmente significativo è stato l’incontro con un giovane paralizzato a causa di una pallottola che lo aveva colpito alla spina dorsale e che non aveva più alcuna autonomia di movimento e sedeva tutto il giorno su una sedia di plastica dipendendo dai suoi familiari per ogni piccolo spostamento, anche per andare ai servizi: a lui è andata una carrozzella dono dell’ASL di Varese che gli ha ridato la possibilità di uscire di casa e di vivere una vita il più possibile normale. A quel giovane e ai suoi familiari è tornato per un giorno il sorriso!
Fortunatamente fino a questo momento Efrin non è stata fatta oggetto di bombardamento ma recentemente è stato siglato un accordo tra movimento curdo e Esercito Siriano Libero che pone fine alle precedenti tensioni: questo fatto – di per sé positivo perché riavvicina le componenti dell’opposizione al regime – espone la città di Efrin alla vendetta di Assad e tale pericolo è accentuato dall’addensarsi degli sfollati. Sappiamo che la furia di Assad si scatena a maggior ragione di fronte ad aree non sotto il suo controllo con forti concentrazioni di persone, dove il dolore che può recare è potenzialmente più forte e la vendetta più devastante.
Dicevamo della situazione sanitaria sempre più deteriorata: i medici dell’ospedale da campo di Efrin cui i nostri compagni hanno consegnato i medicinali hanno detto che si stanno diffondendo malattie e disturbi legate alla situazione sanitaria precaria: dai pidocchi alla scabbia alla tubercolosi. Particolarmente preoccupanti le malattie legate all’ingestione di acqua non pulita e un medico ha pure citato il pericolo del colera. A Efrin – come in tutta la Siria – si è verificato infatti il collasso del sistema idrico. Dicevamo nel report sul primo viaggio della mancanza di acqua corrente, elettricità, gas, gasolio e della necessità di usare legna per riscaldarsi, cucinare, far bollire l’acqua: la mancanza di elettricità impedisce alle pompe dell’acquedotto di pompare acqua nelle case di Efrin e gli abitanti per tutte le loro necessità attingono all’acqua piovana che raccolgono in cisterne poste sui tetti delle case. Anche nei villaggi intorno a Efrin, non serviti dall’acquedotto, la situazione è analoga, a causa dell’impossibilità di assicurare la manutenzione dei pozzi e la loro alimentazione dalle fonti del sottosuolo perché anche in questo caso manca l’elettricità che possa far funzionare le pompe. Anche in questo caso l’unica risorsa rimane l’acqua piovana.
Non sarà un’estate facile in Siria quella che sta per iniziare! Rinnoviamo l’appello a uno sforzo di solidarietà: in particolare adesso servirebbero vestiti estivi, più leggeri, soprattutto vestiti e scarpe per bambini, ci piacerebbe portare giocattoli che li possano far sorridere in questo momento di disperazione: palloni, bambole, peluches. Stiamo cercando di precisare meglio un intervento realistico, commisurato alle nostre forze di comitato dal basso autorganizzato, ma anche efficace e rispondente alle esigenze della gente di Efrin e per questo avremmo bisogno anche di contributi in denaro. Ci rifaremo vivi non appena saremo riusciti a mettere a punto un progetto di intervento con queste caratteristiche. Intanto ringraziamo chi ci ha generosamente aiutato finora e ricordiamo dove è possibile contattarci (previo contatto telefonico dato l’approssimarsi dell’estate).
Nel frattempo i nostri compagni sono stati in Siria ancora alla metà di giugno: hanno visitato due campi profughi non ufficiali sul confine con la Turchia, rispettivamente ad Atmeh, che ospita 1949 sfollati, e a Bab El Hawa, che ne ospita invece un centinaio, in gran parte famiglie sfollate da Homs. Per campi non ufficiali intendiamo campi improvvisati che non ricevono alcun aiuto o assistenza dal governo turco o dalle organizzazioni umanitarie internazionali e che ospitano sfollati in “eccedenza” rispetto alla capienza dei campi profughi ufficiali che in qualche modo beneficiano della solidarietà internazionale e degli aiuti umanitari ufficiali. In questi campi “non ufficiali” manca tutto: medicinali, cibo, acqua, zanzariere o insetticidi contro gli insetti, ancora una volta scarpe per i bimbi. Manca ovviamente la corrente elettrica, a tratti i cellulari provvisti di una sim turca riescono a intercettare la copertura delle linee turche e allora si riesce a comunicare con il mondo esterno. Mancano i servizi igienici e questo crea un disagio e un’insicurezza molto forte in particolare alle donne che per ogni necessità devono organizzarsi in un gruppetto e allontanarsi insieme dal campo profughi per appartarsi in una zona isolata e organizzarsi alla meglio.
I nostri compagni sono stati a Ezaz dove sono stati distribuiti – tra l’ospedale e il campo profughi -300 kg di medicinali, in buona parte raccolti dall’associazione Comitato di solidarietà famigliare di Bologna. Non è una mancata una tappa veloce ad Efrin: purtroppo Efrin – che ricordiamo è in zona curda ed è amministrata dai partiti curdi – è in questo momento posta sotto assedio ad opera dell’Esercito Siriano Libero. Speravamo che l’accordo tra Esercito Siriano Libero e partiti curdi di cui i nostri compagni ci avevano portato notizia dopo il viaggio di Pasqua tenesse: purtroppo così non è stato e anzi ci sono stati scontri armati tra milizie curde e Esercito Siriano Libero proprio nei giorni in cui i nostri compagni erano nel Nord della Siria, nella zona di Efrin, e questo ha ostacolato i loro spostamenti. Spostamenti resi più difficili anche dal moltiplicarsi dei posti di blocco. Purtroppo sono comparsi per la prima volta anche posti di blocco salafiti, in particolare di salafiti tunisini (cioè in altri termini il famoso Fronte del Nusra). Questo crea molte preoccupazioni nei nostri compagni siriani che ovviamente fanno notare come – ammesso e non concesso che i salafiti capiscano di Islam – di sicuro conoscono e comprendono poco la ricchezza straordinaria del mosaico interreligioso e interconfessionale che compone la cultura siriana. Speriamo che il popolo siriano trovi dentro di sé gli antidoti per combattere l’integralismo che viene dall’esterno e riesca a trovare la sua strada per una democrazia rispettosa di tutte le componenti della sua società!
http://www.comitatosiriamilano.blogspot.it/)