Rapporti della delegazione Amed*
La nostra prima giornata in Kurdistan è stata particolarmente intensa; dopo aver incontrato i giovani del MKM Dicle Firat e i cantastorie nella casa dei Deng Bej, che mantengono viva la cultura e le tradizioni Curde, siamo andati al parco Hewwsel, la Gezy Park di AMED.
Un gruppo di studenti presidia una immensa distesa di prati e boschi per impedire la costruzione di condomini, abitazioni e supermercati.
Il presidio dura da 20 giorni col sostegno del BDP e dei movimenti ecologisti Kurdi. La presenza dei militari è concreta, sopra di noi infatti volava un elicottero militare e autoblindo presidia no gli accessi.
Un altro incontro interessante è stato con DOKH, il movimento di liberazione delle donne che si battono per il rispetto dei diritti delle donne e contro la violenza di genere.
È una lotta particolarmente difficile perché devono scontrarsi col maschilismo delle forze dell’ordine, dei giudici, degli imam. Un’altra piaga è il matrimonio combinato: ragazza giovanissime, spesso minorenni, vengono vendute dalle famiglie a uomini ben più vecchi di loro; oppure vengono ufficiali dagli imam matrimoni tra minorenni.
Concludiamo la giornata con la visita della sede del BDP di Baglar, dove condividiamo il clima festoso dei membri del partito che si augurano di vincere le elezioni in tutte e 5 le municipalita.
20 marzo
3 incontri hanno caratterizzato la nostra seconda giornata.
Il primo con Serdar Celebi, vice presidente dell’IHD. Le violazioni dei Diritti Umani nei confronti della popolazione Kurda rimangono continue e pressanti; ci concentriamo sulle condizioni carcerarie: 600 sono i detenuti politici gravemente malati nell’area di Amed, di cui 202 gravissimi per i quali la permanenza in carcere li condannerebbe a morte sicura, ma le autorità preposte non prendono alcuna decisione. A loro sono anche negate le cure necessarie. Ultimamente ci sono state diverse denunce di detenzioni di minori nelle carceri per adulti: nessun provvedimento è stato preso. Da circa 7 mesi i detenuti politici vengono trasferiti in carceri lontanissime dal luogo in cui vivono le famiglie.
Il secondo incontro è stato con le madri della pace: ci accolgono con i loro veli bianchi, ci raccontano le loro storie di dolore con una grande dignità, di chi sa di aver scelto la pace e la giustizia e di averla insegnata ai propri figli.
Condividono gli stessi dolori, le stesse ingiustizie e per questo si sentono più forti ed in grado di continuare a chiedere verità e giustizia per i propri figli e pace per il Kurdistan.
L’ultimo incontro è con Vechi Aydogan e Fatma Esmer di Goc Der. L’argomento sono i villaggi, più di 4000, distrutti scientemente dai militari turchi con l’aiuto dei guardiani di villaggio, negli anni ’90.
Gli sfollati che hanno perso tutto e vivono anche oggi in condizioni di povertà nelle periferie delle città, non hanno mai smesso di chiedere giustizia. Si sono appellati ai tribunali turchi e a quello dell’Aia, invano. Non sperano più in nessuno se non in loro stessi. Chiedono di poter tornare nelle loro case e che le loto terre diano liberate dalle mine antiuomo. Una legge turca, antiterrorismo, colpevolizza addirittura gli abitanti stessi dei villaggi distrutti in quanto conniventi, secondo il governo, con i partigiani del PKK.
21 marzo
Azadì Ocalan, Azadì Kurdistan: questo è il messaggio del Newroz più numeroso e festoso del Kurdistan. Certamente più di un milione di persone scandivano slogan, cantavano, ballavano, sventolavano bandiere di Apo e Rojava. Erano presenti delegazioni dal Kurdistan Iracheno, Iraniano e dalla regione autonoma del Kurdistan siriano, dall’Europa e dalla Bolivia.
Il messaggio di Ocalan si può sintetizzare così: “sappiamo che la Turchia non ha fatto nulla per il processo di pace, certamente il cammino verso la pace è lungo e difficoltoso, forse occorre dare più tempo per attendere una risposta, comunque condividerò tutto ciò che i Kurdi, le Kurde e il PKK decideranno”.
Il testo integrale in italiano : Öcalan: il periodo di prova è finito, è tempo per un negoziato
Ieri, con una legge emessa in poche ore, il governo turco ha chiuso Twitter violando il diritto di libertà di espressione e accesso all’informazione di tutta una nazione.
Gruppo Amed