“Ogni volta che strappiamo qualcosa all’Isis, Erdogan si vendica e bombarda”.

Intervista all’attivista curdo, leader del Pyd Gharib Hassou

È stato un atto molto grave che potrebbe cambiare il corso della guerra. L’Isis ha esultato per tutto il giorno, ringraziando l’amico Erdogan” dice Gharib Hassou, il rappresentante per il Kurdistan iracheno del Pyd, il partito democratico curdo che di fatto amministra la Siria Nord-orientale.

L’atto di cui parla Hassou è il bombardamento sul Sinjar, in Iraq, e su Qara Shouk, in Siria, da parte dell’aviazione turca. Alle prime ore di martedì mattina, i jet di Ankara hanno sganciato 26 bombe sul centro di comando delle Ypg di Qara Shouk, uccidendo almeno 20 soldati curdi e distruggendo il media center dell’organizzazione. Le Ypg sono le brigate popolari curde che stanno guidando sul terreno le forze della coalizione internazionale nella liberazione della città di Raqqa, la “capitale siriana” dell’Isis. È la prima volta in sei anni, da quando la rivoluzione e la guerra in Siria sono cominciate, che la Turchia colpisce il cuore militare dei curdi. Gharib Hassou, attivista curdo siriano dal 1985, tre volte arrestato dal regime di Bashar al Assad, è la figura più importante in Medio Oriente fuori dai confini siriani.

Hassou, perché questo attacco in Siria? Ve lo aspettavate?
No, ed è stato un passo molto pericoloso che potrebbe cambiare i rapporti fra la Turchia e la coalizione internazionale. La Turchia ci minaccia da quando abbiamo cominciato la nostra rivoluzione. Ha attaccato più volte le nostre forze al confine e hanno invaso il territorio a Jarablus. Fanno di tutto per mettersi contro di noi, ma a causa di questo atteggiamento la Turchia ha perso importanza agli occhi di tutti, sia in Occidente che in Medio Oriente.

Perché? Perché vi attacca mentre combattete Isis?
C’è un punto importante: ogni volta che strappiamo qualcosa all’Isis, la Turchia si vendica. Abbiamo riconquistato Taqba, a Ovest di Raqqa, e loro hanno mandato gli aerei a bombardare Qara Shouk, che è un centro fondamentale per coordinare sul campo le forze della coalizione nelle operazioni contro l’Isis. Lo stesso è successo sul Sinjar, dove ci hanno bombardato subito dopo averlo liberato.

Sta dicendo che Erdogan aiuta l’Isis?

Diciamo da anni che la Turchia ha un governo terrorista. Erdogan non vuole che Tabqa e Raqqa vengano liberate. Adesso ci hanno attaccato ad Afrin (altra regione siriana a maggioranza curda, ad Ovest di Aleppo, Ndr). La Turchia sta combattendo la nostra ideologia e il nostro credo, non è una novità. La novità è che ci sono 68 Paesi nella coalizione internazionale contro Isis che sanno cosa sta facendo la Turchia, ma nessuno ha detto niente.

In realtà il Pentagono ha ammonito la Turchia di non attaccare gli alleati in Siria e Iraq e concentrarsi solo contro l’Isis.

Sì, ma queste parole non sono sufficienti, anche perché sono state dette dopo. Gli americani avrebbero dovuto avvisarci prima di questi movimenti e adesso dovrebbero prendere provvedimenti contro la Turchia e creare quella no-fly zone sul Rojava che noi proponiamo da tempo.

Sta dicendo che non vi fidate più della coalizione?
No, non è che non ci fidiamo. Lavoriamo insieme da lungo tempo ormai e loro hanno bisogno di noi, come noi abbiamo bisogno di loro. Ma riguardo a quanto successo ieri, quello che hanno detto non basta. Non è solo Raqqa che ha bisogno di essere liberata, ci sono molte altre aeree ancora sotto il controllo dell’Isis. Ma non possiamo andarci finché la Turchia ci colpisce alle spalle. Tutti sanno che la prima forza contro l’Isis sul terreno siamo noi. Non lo facciamo solo per noi, ma anche per l’Europa. Quell’Europa che Erdogan vorrebbe invece in mano all’Isis.

Anche la Russia ha un ruolo importante nella guerra in Siria. Quali sono i vostri rapporti?
Ci sono incontri continui con i russi, così come li abbiamo con gli americani e anche con gli italiani. Noi diciamo che i rapporti sono buoni solo quando veniamo riconosciuti politicamente. Quindi finora posso dire che ci sono stati anche aiuti dalla Russia, ma non abbiamo una buona relazione.

I curdi non sono ammessi ai negoziati di pace, né i loro rappresentanti politici sono legittimati a livello internazionale. Di fatto siete considerati solo come i soldati da usare contro l’Isis. Come vi aspettate che questo cambi?
Sì, le forze straniere ci usano per inviare armi o per le loro strategie. Forse in futuro, quando Assad sarà deposto e qualcuno prenderà il suo posto, potremmo essere riconosciuti come popolo. E magari accadrà lo stesso in Iraq e in Turchia, con altri presidenti. Fino ad allora continueremo quello che abbiamo iniziato anni fa. Abbiamo già realizzato qualcosa di inimmaginabile. Questa è la nostra terra e non permetteremo a qualcuno che viene da fuori di colonizzarla.

di Andrea Milluzzi, Huffington Post