Nubi scure sul Rojava

Il Presidente USA Trump da il via libera alla Turchia per un ingresso in Siria del nord. I curdi si sforzano di trovare un accordo con Mosca e Damasco. In Rojava, la regione di amministrazione autonoma nel nord della Siria, la popolazione cristiana ha festeggiato il natale. Le strade a Qamishli (curdo: Qamislo), Al-Malikija (Derik), Al-Qahtaniyya (Tirbespi) e altre località dove si trovano comunità cristiane, sono ornate di luci e alberi di natale. Proprio queste città sul confine della Turchia finora erano state in larga misura risparmiate dalla guerra.

Ma con l’ordine firmato lunedì dal Presidente USA Donald Trump per il ritiro delle truppe USA, ufficialmente stazionate in Siria per la lotta contro »Stato Islamico« (IS), ora incombe un ingresso dell’esercito turco. Scure nubi si sarebbero addensate sulla regione, ha ammonito il sacerdote della chiesa di S.ta Maria di Tirbespi, Seman Khori, dopo la messa natalizia. »I popoli del nord e dell’est della Siria vivono in un clima di fiducia. Si opporranno insieme alle minacce di attacco dello Stato turco«, ha detto il religioso a colloquio con l’agenzia stampa ANHA, mostrandosi convinto della solidarietà tra curdi, arabi e cristiani siriani.

La decisione di Trump è caduta in un momento in cui ancora infuriava la lotta delle Forze Siriane Democratiche (FSD) contro l’ultima roccaforte di IS a est dell’Eufrate. La decisione è seguita a una telefonata con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan e senza consultazione con i Ministri responsabili. Il Ministro della Difesa USA James Mattis per questo ha dato le dimissioni dal suo incarico. Nel fine settimana anche l’incaricato speciale USA per la coalizione anti-IS, Brett McGurk, ha presentato le sue dimissioni per protesta contro questa decisione »sconsiderata«. Trump ha quindi sostenuto via Twitter di non conoscere affatto il diplomatico incaricato dal suo predecessore Barak Obama nel 2015.

In Turchia McGurk era considerato l’uomo più odiato, dopo che aveva gradito un’onorificenza delle Unità di Difesa del Popolo curdo-siriane YPG. Nella stampa nazionalista turca, McGurk è stato titolato come nuovo »Lawrence d’Arabia«. E probabilmente McGurk si è sentito come l’agente britannico T. E. Lawrence dopo il tradimento del Regno Unito nei confronti dei rivoltosi arabi nella Prima Guerra Mondiale, quando Trump ha lasciato gli alleati curdi in balia della Turchia.

Erdogan lo avrebbe informato che »sterminerà qualsiasi cosa sia ancora rimasta di IS in Siria«, così il Presidente USA domenica notte (ora locale) via Twitter ha dato il via libera a un ingresso della Turchia nel paese confinante. Sembra essere sfuggito al Presidente USA che la Turchia finora si è manifestata piuttosto come sostenitrice di IS. Che non avrebbe lasciato la popolazione siriana alla »tirannia« delle YPG, ha intanto chiarito Erdogan, e che le associazioni curde saranno obiettivo dell’esercito turco.

Nel nordest della città siriana di Manbij, liberata da IS da parte delle FSD nel 2016 dopo combattimenti costati molte vittime, l’esercito turco a metà della settimana ha posizionato carri armati »Leopard II«. Per un attacco contro la città abitata in maggioranza da arabi, inoltre sono pronte migliaia di mercenari jihadisti dell’ »Esercito Nazionale«. »Arriviamo per squartare i curdi miscredenti«, così un appartenente alla milizia »Ahrar Sharkija« appartenente all’ »Esercito Nazionale«, brandendo in modo dimostrativo un coltello, in un video diffuso via Internet non ha fatto mistero delle loro intenzioni.

Il portavoce dell’ »Esercito Nazionale« martedì ha annunciato un prossimo inizio della battaglia per Manbij (curdo: Minbicj), ma la zona continua ancora a essere pattugliata da forze speciali francesi insieme alle truppe USA. Inoltre soldati russi e siriani, in accordo con le FSD, hanno fatto ingresso in una postazione ad Arima (curdo: Erima) a ovest di Manbij. »Siamo impegnati per un accordo con Mosca e Damasco per colmare il vuoto che gli statunitensi lasciano con il loro ritiro«, ha confermato, secondo l’emittente curdo-irachena Rudaw, il comandante in capo delle FSD Mazlum Kobani rispetto a corrispondenti negoziati. Per questo una delegazione dell’alleanza militare si era recata a Mosca durante il periodo natalizio.

di Nick Brauns